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Rosa purpurea

"Squadrone.. alt!"
Al perentorio comando i cinquantadue soldati componenti il reparto delle nuove reclute provenienti dal CAR si fermarono all'unisono e restando sull'attenti. Poco dopo, un secondo ordine ordinava loro di mettersi in posizione di riposo. Sulla ghiaia che rappresentava il piano di calpestio dello spazio antistante gli uffici del distaccamento di artiglieria contraerea il rumore degli scarponi veniva maggiormente amplificato e più di qualche birba, come già venivano scherniti dal loro sbarco dai camion, non abituata a quel particolare piano stradale sembrò comicamente sbandare provocando ancor più ilarità tra la dozzina di "veci" che bigollonavano nei dintorni pronti a inquadrare le future prede degli scherzi da bullismo a cui saranno sottoposti nell'immediato futuro.
Lo spazio in cui lo squadrone si era fermato era quello delimitato dai vari uffici del distaccamento, Fureria, Amministrazione, Sala riunione, Comando distaccamento, Comando di batteria, Magazzino, Dispensa, Cucina, ed infine OATIO, il secondo per ampiezza dopo quello delle riunioni. Era, quest'ultimo, l'anima dell'intero distaccamento, qui veniva ospitato il centro pianificatore di tutte le attività militari, esercitazioni varie, vi aveva sede il centro degli avvistatori PAO (pattuglie di avvistamento ottico) nelle varie esercitazioni, il centro NTBS (l'apparato radar di primo avvistamento aereo) ed infine quello delle trasmissioni radio.
A gestire tutte le attività dell'OATIO era un maresciallo capo, ma essendo sempre introvabile (dicasi grande imboscato) il tutto era sotto il ferreo controllo del sergente maggiore Loddu Enrico, per tutti "capo" e solo per pochi intimi Rico. Alto un metro e ottanta e con oltre novanta chili di peso, quasi tutti muscoli eccessivamente malriposti, incuteva più che rispetto un vero e proprio timore fisico convalidato da una maschera impressionante che rappresentava il volto, zigomi sporgenti e naso distorto e schiacciato erano solo alcuni dei tratti più caratteristici. A ciò si aggiungeva una voce rauca, quasi cavernosa e uno sguardo penetrante e quasi sempre minaccioso.
A troncare le sghignazzate dei "nonni" fu proprio l'apparizione di Loddu che, fermatosi sul vano della baracca, a gambe larghe e mani sui fianchi, dopo aver squadrato con la solita autoritarietà le pallide reclute, con la voce più rauca del solito gridò:
"Chi di voi, bestie, è capace di disegnare?" e mentre i "nonni" restavano in perplesso silenzio chiedendosi quale diavoleria stava escogitando il sergente l'intero reparto delle reclute, temendo anche loro trattarsi del solito trucco per appioppare agli sprovveduti qualche lavoro pesante o poco gratificante, non fu da meno, rimanendo nel più rigoroso silenzio.
"Allora siete sordi? Ho chiesto chi voi sa tenere in mano una matita, se anche sapete cosa sia una matita. Non costringetemi a spulciare l'elenco con i vostri dati personali" precisò con un ghigno feroce Loddu sventolando un fascio di fogli, ovvero l'elenco che aveva citato. Passarono alcuni secondi e infine dal fondo del gruppo una timida voce si fece a malapena sentire.

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11 commenti:

  • Marcello Insinna il 25/11/2011 22:16
    ah ah ah, sì hai ragione... tutto può succedere. A presto!
  • Michele Rotunno il 25/11/2011 17:51
    Grazie Marcello, anche io non avrei mai immaginato che un energumeno del mio paese si facesse operare per diventare donna, però l'ha fatto.
    Ciao
  • Marcello Insinna il 25/11/2011 13:57
    Ben scritto... però i personaggi non riesco a considerarli credibili.
  • Anonimo il 19/11/2011 17:54
    La seconda parte sorprende ma non per questo è avulsa dalla prima... Spesso la realtà non è quella che si vede e bisogna andare più in profondità! L'amore non ha sesso e tu lo hai detto con delicatezza e rispetto. Commovente. Grazie Michele!
  • Michele Rotunno il 18/11/2011 16:58
    Stefano, purtroppo in passato sono stato criticato per la lunghezza di certi miei racconti percio...
    I punti che ho voluto jmettere in evidenza, ed in parte colti da fran, sono quelli caratteriali, non sempre chi appare come più forte lo sia poi effettivamente nella realtà,
    Grazie per il commento.
  • Michele Rotunno il 18/11/2011 16:55
    Grazie Fran, hai colto nel segno. Ciao
  • Stefano Saccinto il 18/11/2011 16:18
    Non riesco a capire il perché di questo finale così tragico. Il racconto non è male. Diciamo che il pezzo che lascia dubbi è il passaggio che si avverte, troppo veloce, dall'amicizia all'amore, nel dialogo. Se ci fossero stati degli accenni precedenti, la cosa avrebbe delle sue sfumature. Invece così c'è un taglio netto che fa avere l'impressione di aver letto una storia fino a quel punto e di starne leggendo un'altra appena varcata quella soglia. Si fa leggere, ha una buona ambientazione.
  • Anonimo il 18/11/2011 15:53
    Io purtroppo o perfortuna essendo nato nell'87 mi sono risparmiato la naia, però il tuo racconto mia ha ricordato delle letture che ho fatto di Tondelli e per la rievocazione l'ho apprezzato molto(), e inoltre mi ha commosso davvero, perchè il tuo racconto parla il linguaggio universale dell'amore, che non ha sesso, ma soprattutto non ha orientamenti sessuali! Baciotto!
  • Michele Rotunno il 14/11/2011 18:44
    Grazie "birbe", parole di "nonno" (70/71)
  • Anonimo il 14/11/2011 07:24
    Un bel racconto, veramente. I dialoghi poi sono magistrali... lo stesso periodo nel quale ho fatto il militare io. Ero in Sardegna... pensa che sto scrivendo un intero romanzo che contiene tutti gli episodi della mia naia, suddivisi in racconti indipendenti. Sono arrivato a tredici... il tuo racconto mi ha pure commosso. Bello e delicato, veramente coinvolgente. Bruno era proprio di Brescia... eh... ciaociao, bel rientro, alla grande.
  • Nunzio Campanelli il 14/11/2011 06:24
    Hai ambientato il tuo racconto nel 1975, quindi credo all'epoca del tuo servizio militare. I miei ricordi risalgono al 1982, abbastanza vicino per poter affermare che l'aria che si respirava era simile. Ho avuto alle mie dipendenze un sergente maggiore molto simile a quello che hai descritto tu, e mi ricordo che mi faceva pensare ad una pianta del deserto, piena di spine fuori ma capace di produrre fiori di straordinaria bellezza. Forse lo stereotipo del sottufficiale rude e ignorante va rivisto. Anche il tuo racconto assomiglia ad un cactus: inizia con le spine, ma poi...
    Bello e delicato.

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