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Sogni e libri rossi
"Fin da bambino mi riempivo la testa di domande che non potevano avere una risposta. Era diventato quasi un gioco per me, ma quella sera, finalmente per la prima volta, trovai la strada per uscire dal labirinto della mia mente. Il colore del buio è il colore delle nostre paure, delle nostre incertezze e fragilità. Siamo noi stessi il buio che ci appartiene e siamo sempre noi a possedere la luce per liberarcene. All'improvviso la mia oscurità lasciò spazio alla luce del mattino!".
<< Allora, che te ne pare? >>
<<Beh... non è per niente male Chris. È scorrevole, interessante, profondo ma... l'hai fatto ancora!>> <<Dici?!>>
<<Dico proprio di si! La devi smettere di scrivere in questo modo! Quanti anni sono che ci provi oramai, ancora non l'hai capito?! Per vendere, per essere pubblicato o solo per essere preso in considerazione dagli editori devi essere facilmente "piazzabile" sul mercato. Dovresti cercare di raccontare cose che la gente vuole sentire. Devi diventare di massa... ecco, l'ho detto, di M-A-S-S-A!>>
<<Lo sai che ci ho provato ma proprio non ci riesco. Amori adolescenziali, scene del crimine, codici segreti e vampiri non fanno proprio per me. Quando inizio a scrivere cose del genere ottengo solo due effetti: blocco dello scrittore ed emicrania!>>
<< Chris, alle volte, nella vita bisogna scendere a compromessi. È tutto un dare e avere. Inizi scrivendo qualche cavolata da ombrellone e poi, una volta che ti sei fatto un nome, magari, potresti riuscire a pubblicare qualcosa a cui tieni per davvero. Purtroppo anche la cultura è diventata una questione di marketing. Se non fai così rischi di riempire questo maledetto posto di tuoi manoscritti!>>
In effetti, l'angolo degli inediti del "Club Letterario" che Chris frequentava da anni era, per la maggior parte, stipato di suoi lavori, tutti scritti con lo stesso impegno e con lo stesso amore e tutti malinconicamente intonsi. Tra raccolte di poesie dialettali, romanzetti d'amore e biografie di soldati della seconda guerra mondiale i sogni di Chris stagnavano su quegli scaffali. Spesso aveva dato un'occhiata ai volumi, compagni di quel limbo e gli era bastato un attimo per capire. Ammassati su quelle mensole impolverate sgomitavano storie di una vita difficile, di dolore, di frustrazione. "Mio padre abusò di me nel giorno del mio compleanno"; "Mio marito ogni sera tornava a casa al solo scopo di mandarmi più vicino alla morte a suon di pugni e calci!" La determinazione e la dura lotta per vincere il cancro alla prostata o per smettere la dipendenza dall'eroina per poi diventare membri laboriosi della società; il duro viaggio per la catarsi e la felicità. C'era puzza d'introspezione in quelle pagine. La maggior parte di quei lavori erano romanzi di tutta una vita; esperienze, errori e aneddoti, ricercati, vissuti e aggiunti capitolo dopo capitolo sognando, magari, di guadagnarne qualche milioncino, perché no, vendendone i diritti a una qualche casa cinematografica. Mettere in vendita la propria esistenza per accorgersi che non interessa a nessuno. Mentre Chris si perdeva tra questi pensieri la sua attenzione fu catturata da un volumetto seminascosto sul fondo della libreria. Era un manoscritto di qualche centinaio di pagine tenute insieme da una spirale di plastica nera. Quello che lo colpì fu il colore della copertina... rosso! La prima pagina poi... completamente folle! Recitava: "TU un racconto di normalità e sogni" scritto da "te stesso".
<< David, chi l'ha portato questo?>> chiese Chris mostrando il codice.
<< Non lo so. Sai come funziona qui dentro. Vieni, lasci quello che ti pare e te ne vai. Se t'interessa puoi prenderlo, non c'è problema.>> rispose David senza nemmeno guardare. Chris s'infilò il libriccino in tasca, salutò David indaffarato a far nulla tra una pagina web e l'altra e uscito in strada si avviò verso casa.
Christopher viveva in un piccolo appartamento in periferia insieme alla madre. A quanto aveva potuto costatare, una laurea in Letteratura e filologia medievale e moderna, due masters e una decina di pubblicazioni non erano sufficienti per pagare le bollette. Attraversato l'uscio, Chris, si diresse verso la cucina e notò un bigliettino attaccato alla porta del frigo. "La cena è in forno. Farò un po' più tardi stasera. Ricorda di chiamare il dott. Newman, dovrebbero essere arrivati i risultati degli esami che hai fatto. Baci Mamma."
Qualche settimana prima, Christopher, era stato costretto a sottoporsi all'ennesimo test medico. In pochi anni aveva collezionato una cartella medica spessa quanto il volume di un'enciclopedia. Rx cranico, Tac, Elettroencefalogramma, Risonanza magnetica nucleare, controllo dell'attività elettro-funzionale, Angio Tc e non ricordava più cos'altro per cercare di scoprire la fonte delle lancinanti cefalee che lo tormentavano. L'ultimo ingresso nella hit era stato la Rachicentesi. Con un piccolo ago inserito tra due vertebre lombari viene fatto un prelievo di liquor cefalo-spinale che circonda e protegge il cervello per poi sottoporlo ad analisi alla ricerca di infiammazioni, emorragie o cellule tumorali. La sensazione è di essere delle enormi bottiglie di vino, arriva un sommelier con il camice bianco e stappa...
Quella sera, Chris, non aveva nessuna voglia di sprecare tempo sentendosi ripetere le solite cose :
<< ... dai risultati non emerge nulla di concreto, deve trattarsi di sintomi psicosomatici e stress...!>> e decise così di lasciare stare per il momento la chiacchierata con il dottore. Mangiò in fretta metà del pollo che c'era da parte e si avviò verso la camera. Chiuse la porta con attenzione e si distese sul letto. Infilò la mano sinistra sotto il materasso e ne estrasse una piccola scatola di legno; quando l'aprì il profumo dell'erba riempì la stanza e con certosina cura iniziò a prepararsi uno spinello. Chris non era vizioso e tanto meno un drogato, quella era soltanto l'unico palliativo utile che negli anni aveva trovato per attenuare il costante dolore. Diede una prima boccata poi una seconda, chiuse gli occhi aspettando di sentire l'effetto di quella panacea. Mentre osservava le evoluzioni delle sottili lingue di fumo si ricordò del libro nella tasca interna del giubbotto, lo sfilò, lo aprì per bene facendo scricchiolare la rilegatura di plastica ed iniziò a leggere. Il titolo dell'opera non era di certo ingannevole. La storia di una vita normalissima; i primi anni di vita del protagonista tra, natali, giorni di scuola e spensierate scampagnate estive. Una famiglia felice che si barcamena tra bollette e affitto per arrivare alla fine del mese; la gioia di ricevere un cucciolo in regalo nel giorno del proprio compleanno. Un sorriso spuntò sul viso di Chris, anche a lui era stato regalato un cagnolino al suo decimo compleanno. <<Conduco proprio una vita scontata a quanto pare...>> si trovò a pensare, ma il sorriso si trasformò in sconcerto quando, continuando a leggere arrivò alla gita al lago. Chris sbiancò, si alzò di scatto e corse verso l'armadio, aprì l'ultimo cassetto in basso e cominciò a rovistare tra gli album di famiglia. Finalmente trovò quello che stava cercando! Una fotografia di quando aveva quindici anni. Una giornata al lago, poco distante da casa, per combattere l'afa estiva. Tutta la famiglia riunita in una delle abituali fughe dalla città. Chris era sbigottito. Tutto combaciava. L'età del protagonista, il posto, il cane, tutto uguale, anche la descrizione dell'incidente. Il padre del protagonista che si tuffa in acqua per andare a riprendere il cane che si era spinto troppo al largo, la fatica per trascinarlo verso la riva stringendolo per il collare giallo, la moto d'acqua e quella spuma rossa... Era la descrizione perfetta della morte del padre di Chris. Quel giorno dei ragazzi continuavano a passare a tutta velocità a pochi metri dalla riva su degli scooter acquatici, il cane spaventato dal rumore non riusciva più a tornare sul bagnasciuga. L'uomo si tuffò per recuperare la bestiola e mentre era alle prese con le ultime bracciate, una moto senza controllo lo colpì in pieno petto, senza lasciargli nemmeno il tempo di accorgersi di quello che stava succedendo. Chris assisté a tutta la scena dalla spiaggia. Seduto ai piedi dell'armadio con gli occhi sbarrati, continuava a non credere a quello che aveva davanti. Quella giornata era indelebilmente impressa nella sua memoria, come si era potuto sbagliare!? Ricordava tutto! Il collare era blu! Il libro si sbagliava, era una casualità straordinaria ma quell'inesattezza era la prova che per quanto fuori dal comune, si trattava sempre di una stupida coincidenza e per confutare tutto ciò, la ricerca delle foto di quel giorno e... il collare era giallo. <<Non è possibile!>> si disse Chris, lanciando il libro dall'altra parte della stanza. <<Allucinazioni... certo è così! Mi sto immaginando tutto per colpa di quella maledetta canna!>> si ripeteva cercando di convincersene. Aveva il cuore che gli batteva all'impazzata, le mani tremanti e il respiro affannoso. Rimase immobile, seduto a terra, finche le gambe non tornarono a ubbidirgli. Andando su e giù per la camera, Chris cercava di trovare una qualche spiegazione razionale a quello che era accaduto senza riuscire a staccare gli occhi dal libro che giaceva scomposto e semi-aperto nell'angolo opposto. Dopo qualche minuto di riflessione, Christopher si avventò ancora sul tomo lo aprì nel punto in cui si era fermato e continuò a leggere. Doveva capire, doveva avere la certezza che tutto fosse solo una sua stupida fantasia, un caso, un gioco del destino. Pagina dopo pagina il suo viso si faceva sempre più pallido e il respiro più affannoso. Gocce di sudore gelido gli imperlavano la fronte. C'era tutto, ogni cosa! Il periodo difficile dopo la morte di suo padre, le sedute settimanali dallo psicologo e poi più in là negli anni i primi amori, la morte del suo cane, la vita universitaria... c'era qualsiasi evento della sua piccola esistenza, non importava quanto importante o insignificante, era tutto li, perfettamente riportato come in un diario di navigazione. C'era addirittura più di quello che lui stesso conosceva della propria vita. Tutto quello che era orbitato intorno a lui, le persone con cui era entrato in contatto... erano tutte li, come quella volta che alla lavanderia del dormitorio aveva messo tra i capi bianchi una sciarpa rossa ottenendo così, per magia l'armadio di Barbie. Quello che non seppe mai e che ora leggeva nel libro era che la sciarpa non fu un errore ma uno scherzo del suo compagno di stanza dell'epoca. Vi era scritto anche dell'invidia folle che nutriva nei suoi confronti e finalmente, Chris, riuscì a scoprire da che fonte venivano tutte quelle dicerie e pettegolezzi che gli avevano reso la vita universitaria un martirio. Le informazioni sul suo ex coinquilino continuavano fino al presente; un divorzio alle spalle e una forte dipendenza da antidolorifici... E come con lui così per centinaia di persone, che avevano, anche se per poco, incrociato le loro vite con la sua. Amori mai confessati, piccoli furti, peccati di invidia e di lussuria. Aveva addirittura scoperto che un'assunzione gli era stata rifiutata perché si era dovuto favorire un ragazzo che aveva un'amicizia molto particolare con il figlio del presidente dell'azienda. Christopher si fermò a riflettere per qualche attimo. Se era tutto vero e non stava sognando, quello che stringeva tra le mani era un tesoro inestimabile. Conosceva i piccoli e grandi peccatucci di tutte le persone che giravano nel suo privato universo. Si riimmerse nella lettura. Saltava anni, correva a festività e cene di famiglia per scoprire i pensieri più intimi di amici e parenti ma più leggeva e più la rabbia montava in lui. Era un continuo gioco di ipocrisia e falsità, finti sorrisi e spietate calunnie. Era disgustato da quello che ora, con occhi nuovi "vedeva" intorno a se. Il suo viso contorto in una smorfia di rabbia si trasformò in stupore quando si accorse che in quell'omogeneo coro di bugie c'era una nota stonata. Hope, la sua vicina di pianerottolo era una mosca bianca. I due si conoscevano sin dall'infanzia, e la loro frequentazione era durata fino ai tempi dell'università. Era una ragazza di un'intelligenza vivace, dai modi delicati e schietti ma col tempo si erano un po' allontanati, Chris avrebbe voluto riallacciare i rapporti ma lei era sempre sfuggente in quei rari incontri casuali. Christopher, con il libro rosso tra le mani, ora si rendeva conto del profondo affetto che lei provava nei suoi confronti. Per tutto il periodo in cui si trovava fuori città per studiare, non l'aveva mai dimenticato e l'aveva sempre difeso a spada tratta ogni volta che ce n'era stato il bisogno. Perché quel comportamento gelido ora? Non riusciva a spiegarsi questa incoerenza. Continuando freneticamente a sfogliare le pagine Chris ebbe le risposte che cercava. Poco prima che tornasse a vivere in città, la giovane conobbe quello che sarebbe diventato il suo fidanzato. I primi mesi furono fantastici, si sentiva trattata come una principessa, sommersa di attenzioni e regali ma ben presto le cose cambiarono. Quello che all'inizio era un ragazzo timido, gentile ed educato si trasformò in un incubo. Era ossessionato dal controllo. La costringeva chiusa in casa per paura di un suo tradimento, iniziò ad essere irascibile e violento. Dopo numerosi maltrattamenti e soprusi, la ragazza trovò il coraggio per lasciarlo e denunciarlo alla polizia. Pensava di essere arrivata alla fine di un calvario ma quello si dimostrò solo l'inizio dei suoi tormenti. Dopo la diffida del tribunale l'amore malato e morboso del suo ex compagno si trasformò in una vera ossessione. Telefonate a tutte le ore del giorno e della notte, pedinamenti e appostamenti sotto casa. Ogni volta che si trovava a stare vicino a qualche altro uomo per più di una volta; che fosse il suo insegnante di yoga o un collega di lavoro, fioccavano minacce di morte verso di lei e il presunto amante. Ben presto Hope fu costretta ad allontanarsi da tutti, a smettere ogni forma di attività e divenne una vera e propria prigioniera. Christopher era scioccato. Tutto questo accadeva a due passi da casa sua e lui non ne aveva la più pallida idea. Rimase qualche istante immobile a pensare e poi decise che avrebbe aiutato la sua amica di infanzia a tutti i costi. Ora che conosceva la sua situazione non poteva fare finta di nulla. Posò il libro sulla scrivania e si diresse verso l'appartamento della ragazza. In piedi davanti alla porta, inspirò profondamente per darsi coraggio e bussò.
<< Ehi, Hope sono io. È tanto che non ci vediamo. Ti volevo invitare da me a mangiare qualcosa.>> disse Christopher quando sentì rumore di passi dietro la porta chiusa.
<< Ciao Chris... ehm, veramente ho già mangiato, grazie lo stesso per il pensiero, magari sarà per la prossima volta.>> bisbigliò una vocina dall'interno dell'appartamento.
<< Hope, so tutto! So del bastardo del tuo ex e della paura che hai di uscire, sono qui per aiutarti, fidati di me!>>
Lentamente la porta si apri e Chris non credette ai suoi occhi. Quella che si stagliava davanti a lui era una figura pallida, minuta, emaciata, che non aveva niente a che fare con la ragazza energica e vitale che conosceva. Hope, seppur con qualche remora, fece accomodare Chris sul divano. Parlarono per ore e ore, fino a tarda notte, rivangando i ricordi d'infanzia e momenti più recenti. Risero e piansero insieme e per la prima volta Chris si sentì per davvero vicino a qualcuno. Stavano per salutarsi quando la loro tranquillità fu mandata in frantumi dal suono dei pugni contro la porta. L'ex fidanzato era all'ingresso e cercava di entrare.
<< Apri! Lo sapevo che mi tradivi!>> gridava l'uomo dal pianerottolo.
<< Devo parlargli. Deve smetterla di torturarti in questo modo.>> disse Christofer dirigendosi verso l'ingresso.
<< No! Non puoi farlo, se ti trova qui potrebbe anche ammazzarti!>> diceva la ragazza bloccandolo in cucina.
Mentre i due parlavano per pensare a cosa fare, il rumore della porta che cedeva fu il segnale che ormai le parole erano completamente inutili. L'uomo, accecato dalla gelosia, si scagliò su Christopher che non ebbe nemmeno il tempo di accorgersi di quello che gli stava succedendo. Si trovò spalle a terra mentre l'uomo cavalcioni su di lui lo colpiva ripetutamente sul viso. Chris si sentiva spacciato. Era inerme sotto i colpi di quell'energumeno. All'improvviso un urlo echeggiò per l'intero palazzo. L'uomo, ora, era a terra e si stringeva le mani sul viso completamente ustionato mentre Hope, accanto a lui, stringeva tra le mani il bollitore dell'acqua ormai vuoto. Chris si alzò con uno sforzo che gli fece girare la testa. Alla fine non era riuscito a difendere la sua amica ma forse glia aveva fatto trovare il coraggio per aiutarsi da sola. Chris si controllò le ferite mentre l'uomo con una bestemmia si rimise in piedi e caricò il povero ragazzo. Il frastuono dei vetri in frantumi fu assordante. Un po' alla volta tutto il quartiere si affacciò in strada e si raccolse intorno ai due corpi che giacevano al suolo senza vita.
Dopo il funerale, la madre di Chris volle tornare da sola in casa per guardare in faccia il suo dolore. Come prima cosa andò in camera del figlio cercando di respirare gli ultimi istanti di vita che gli erano appartenuti. Meccanicamente iniziò a rassettare la stanza. Prima il letto, poi i vestiti sparsi sul pavimento e poi la scrivania sommersa di libri e quaderni e su tutti, una copertina rossa. Una telefonata interruppe quel lavoro. Il dott. Newman dall'altro capo del filo porgeva le sue condoglianze alla donna.
<< Carla, anche se ora non ha più importanza volevo dirti che sono arrivati i risultati degli esami di Chris. Anche se so che non ti sarà di nessun conforto voglio dirti che, purtroppo, quest'orribile momento sarebbe comunque arrivato presto.>> << Che significa? >> Chiese la donna. << Mi spiace ma non siamo riusciti ad accorgercene prima. Le sue forti cefalee erano causate da un cancro in stadio avanzato al lobo occipitale. È molto raro ma colpisce per la maggior parte giovani uomini. Se avesse mostrato anche qualche altro sintomo forse saremmo potuti intervenire prima. Tipicamente la patologia si presenta con forti cefalee, allucinazioni e stati confusionali di forte portata ma dato che gli altri due sintomi principali non si sono manifestati non siamo riusciti a capirlo in tempo, inoltre, la massa tumorale era troppo in profondità e troppo piccola per poterla rilevare con gli esami fatti fin'ora.>> Il silenzio avvolse la stanza. Le ginocchia di Carla cedettero sotto il peso di tutte quelle emozioni. D'istinto allungo una mano afferrando il bordo della scrivania per non cadere. La scrivania s'inclinò leggermente facendo crollare la pila di libri. << Tutto bene Carla, rispondimi?!>> Chiese il dr. Newman dall'altro capo del telefono. Una voce lontana come invecchiata di cento anni le rispose: << Sì, certo, non preoccuparti sto bene ma ora ho bisogno di riposare.>> La donna riagganciò il ricevitore senza dire una parola in più. Come in trance si chino sui libri che ora erano accalcati alla rinfusa sulla moquette. Sotto una copertina scura, Carla notò un foglio rosso. Sposto con la mano i tomi che lo seppellivano. Dalla frana di carta emerse un quadernino con la copertina rossa e la rilegatura nera. Carla, aprì il libro che aveva tra le mani, ne sfoglio con delicatezza le pagine e l'abbracciò come fosse il suo adorato Chris. Quello che stringeva al petto doveva essere uno degli ultimi quaderni che suo figlio aveva comprato per le bozze dei suoi racconti, chissà, forse, l'aveva comprato il giorno stesso in cui era morto, pensò Carla, dato che tutte le pagine erano ancora bianche. La donna si alzò piano e posò il quaderno con cura sulla scrivania ingombra. Quella stanza sarebbe rimasta esattamente così, il disordine della genialità e un quaderno bianco per le sue storie! Pensò la donna! Piano spense la luce e chiuse la porta del nuovo, piccolo reliquiario che aveva scoperto.
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0 recensioni:
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- Non so se sia intenzionale l'omaggio a Zafon, o forse è serendipità, il "gioco di un Angelo"...^^
cmq complimenti e in bocca al lupo per le tue "Grandi Speranze"
spero di leggere presto altro!
- Innanzitutto volevo ringraziarti Massimo, per aver speso un po' del tuo tempo per leggere questo mio racconto; ne sono sinceramente lusingato. Approfitto di questo piccolo spazio dedicato ai commenti per cercare di spiegare quello che ho cercato di dire in questo breve racconto. È vero, l'origine del "libro" non è spiegata è può sembrare che ci sia una incongruenza tra allucinazione e realtà nello scritto ma nella fattispecie quello che, magari, in modo un po' impacciato ho cercato di rendere è il legame profondo che c'è in ognuno di noi, tra conscio ed inconscio, tra normale e "paranormale". È il protagonista che soffre di allucinazioni o è tutto il resto della società (rappresentata dalla figura della madre e del medico) che è incapace di vedere, di leggere, di sentire tutto quello che è oltre la razio e la logica imposta? Questo è l'interrogativo che mi sono posto mentre scrivevo... ti ringrazio comunque molto per le tue impressioni e le tue critiche. Ciao
- Mah, potrei senz'altro dire che il racconto mi è piaciuto se non fosse che la faceenda del libro rosso non è spiegata e la cosa non mi va. Un allucinazione causata dal cancro? Ma i guai della sua vicina di casa non erano un'allucinazione. E allora? Questa incomprensione finale mi delude.
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