username: password: dati dimenticati?   |   crea nuovo account

Il nemico

Enrico Carini

Il nemico
Di ritorno da scuola posò i libri sul piano del secrétaire e indugiò qualche istante con lo sguardo sul Canestro di frutta del Caravaggio raffigurato nella copertina del libro di storia dell’arte. Provava una sorta di nodo alla gola da quando ieri suo padre gli aveva dato la “bella notizia”: sarebbe stato assunto in banca, nella banca in cui lui aveva prestato ventidue anni di onorato e stimato servizio! E a giorni avrebbe dovuto iniziare il corso di preparazione previsto. All’obiezione che mancavano pochi mesi alla maturità gli aveva risposto evasivamente che si sarebbe diplomato più in là, … e poi c’erano sempre le scuole serali. Il colpo era stato durissimo: tante aspirazioni, tanti sogni s’erano d’un tratto infranti. Neanche fare quegli anni di liceo era stato facile con la modesta pensione di suo padre (poco più del minimo!)e i risicanti proventi del lavora da sarta della madre; aveva dovuto arrangiarsi dando lezioni private ad alunni poco volenterosi delle classi inferiori e, durante l’estate, portare la cassetta dei ferri ad un cugino idraulico; oltre ai libri di testo usati riusciva così a comprasi qualche volumetto della BUR, ma trovare i soldi per il cinema o per le sigarette era un problema, e quando i compagni gli proponevano una gita o una giornata sulla neve doveva accampare mille pretesti per declinare l’invito, tanto che ormai da tempo non l’invitavano più; ma la vaga attesa di un futuro nel quale avrebbe potuto dedicarsi a quelle cose che aveva imparato a scoprire sui libri di scuola lo compensavano di tanto, se non di tutto. Ora era finita. Bisognava fare i conti con la realtà. Forse a suo tempo avrebbe fatto bene a seguire i consigli del padre, che avrebbe voluto si iscrivesse a ragioneria piuttosto che al liceo. Era il figlio maggiore e non poteva sottrarsi alle sue responsabilità
Durante il pranzo il padre, particolarmente euforico, pregustava il futuro benessere, ricordava la presenza chiassosa dei giovani impiegati alle feste aziendali o in occasione della “Befana” per i figli dei dipendenti: - Hai visto come sono contenti? Si sono sistemati: in banca si sta come in un ventre di vacca! Ormai hanno tutti la macchina, e hai visto come sono eleganti? ?" Poi aggiungeva: - Bisogna che ti compri un vestito nuovo: al corso non puoi fare brutta figura, …poi sapranno tutti che sei mio figlio, ed io, a differenza di tanti altri, ero sempre impeccabile! ?" Lui abbozzò un sorriso, ma non rispose; anche la madre e la sorella erano state contagiate dall’entusiasmo paterno, ed era comprensibile. Non c’era nulla da obiettare, ma lui euforico di certo non si sentiva. Avrebbe preso la maturità in seguito, d’accordo, ma ce l’avrebbe fatta? Oppure, una volta avuto un lavoro e raggiunta una sia pur relativa agiatezza economica, si sarebbe lasciato andare, come aveva visto fare a tanti?
Dopo pranzo aprì i libri per studiare, come al solito, … ma aveva ormai senso? Non riusciva a concentrarsi: leggeva più volte la stessa frase e non ne coglieva il senso. Pensava a suo padre, che con quella affettuosa bonomia gli appariva profondamente ostile; ricordava gli scontri per andare alle medie invece che alle commerciali una volta presa la licenza elementare, la sua opposizione a che prendesse il liceo artistico (- Con i pennelli si muore di fame! -), il compromesso del liceo classico, sempre con sul capo la spada di Damocle di trovare un lavoro quanto prima: ora sembrava proprio che il filo fosse stato reciso e velocemente quella spada gli stesse precipitando sul capo. Ma forse era meglio così, forse non sarebbe stato capace di produrre veramente qualcosa di buono nel campo dell’arte o della letteratura, forse non sarebbe mai stato in grado di fare quello che per lui avevano fatto certi suoi insegnanti, pochi in verità, ma eccezionali. Sì, forse l’impiego in banca era la soluzione migliore, che sgombrava il campo da tante ubbie: “una fine da agognarsi devotamente”! e la citazione shakespeariana lo fece sogghignare. Poi tornò col pensiero a suo padre, la cui mentalità borghese era profondamente differente dalla sua: l’avvertiva come ostile, inconciliabile. Eppure neanche per lui la vita era stata facile: due conflitti mondiali, un fratello morto in seguito alle ferite di guerra, il lungo periodo della dittatura fascista, l’incertezza nel lavoro fino alla tardiva sistemazione in banca, una famiglia creata quando ormai era avanti negli anni e dalla quale si sentiva incompreso. Si sentì preso da un misto di rabbia e di tenerezza. Era diverso tempo che non lo faceva ma, istintivamente, prese un foglio di carta e iniziò a scrivere. Dopo un primo momento di esitazione le frasi cominciarono a snodarli l’una dopo l’altra, i versi a susseguirsi rapidi, con pochissime correzioni:

123

0
3 commenti     0 recensioni    

un altro testo di questo autore   un'altro testo casuale

0 recensioni:

  • Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
    Effettua il login o registrati

3 commenti:

  • Claudio Amicucci il 08/07/2007 17:08
    Scorre bene! Se è autobiografico ti dico che tante volte anche mo padre mi ha stupito quando meno me l'aspettavo! Ciao Claudio
  • Adriano Di Carlo il 01/02/2007 18:42
    molto carino questo testo. c'è sempre uno scrivere molto leggero. dove il lettore non riesce a entrare nel racconto, ma lascia che sia lui delicato a parlare. solo nel finale sembra di essere lì e vedere la scena. quanto c'è di autobiografico?
    ciao
    adriano