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L'Uomo Nero

Finalmente a casa. Stanca, di pessimo umore, parcheggio e ripongo le chiavi nello zainetto. Soprappensiero, mi dirigo verso il portone. Riordino le idee che si affacciano caotiche cercando di dipanarsi nell'oscuro labirinto che dimora in me. Quasi senza rendermene conto mi ritrovo nel mio nido, un appartamento al pian terreno nel quartiere Santo Stefano. È la casa della mia infanzia, il mio rifugio, la mia Itaca, la mia trincea. Accogliente e confortevole, si apre su un ampio ingresso per poi proseguire in un lungo corridoio ai lati del quale si trovano due stanze da letto, una graziosa saletta, una cucina comunicante con la sala da pranzo, un bagno. E un piccolo sgabuzzino. Mi ha sempre inquietato quella stanzetta buia, stipata di inutili pezzi di un vissuto da cancellare. Il ricordo dell'Uomo Nero riaffiora e con lui riemergono la paura e il desiderio perverso di incontrarlo, al buio, in quel ripostiglio, sua segreta e infernale dimora. Un incubo che mi ha accompagnato per tutta la fanciullezza e che tutt'ora mi perseguita. Lui era sempre là, ad aspettarmi, una costante e sinistra minaccia. Avvertivo la sua presenza, nascosto nelle tenebre della stanza buia, ammantato di nero, gli occhi ancor più neri del male che spuntavano minacciosi da sotto la larga tesa del cappello e labbra sottili, ripugnanti e malvagie che si schiudevano oblique in un ghigno beffardo e spietato. Il cellulare squilla e mi riporta alla realtà. -Pronto- rispondo con voce assente.
-Sono Massimo. Stasera Greta cenerà con me, poi la riaccompagno a casa, d'accordo?- dice scaraventandomi addosso la sua voce. -Se a lei fa piacere..- replico neutra. Sarei rimasta sola e mi dispiaceva. Greta è una bambina dolce e il nostro è un legame speciale, una sorta di simbiosi, di dipendenza reciproca.
Mi svesto e mi trascino in bagno. Indosso maglietta e calzoncini e mi siedo svogliatamente a tavola. Un generoso bicchiere di Burson è l'unico amico di una cena solitaria.
A un tratto scorgo un'ombra fuori dalla finestra. Mi giro di scatto ma vedo solo il buio della sera. Eppure qualcuno mi guardava. Mi alzo. Un rumore proviene dall'altra stanza e ora distinguo una sagoma scura dietro i vetri. Assalita dal panico corro ad abbassare le tapparelle e ogni volta lui è lì, ombra nera e imponente che anticipa le mie mosse. Il terrore mi paralizza quando vedo la finestra del bagno socchiusa. Tutto è dilatato. Pur correndo mi ritrovo sempre allo stesso punto, la distanza aumenta. Devo farcela, devo essere più svelta di lui. Il cuore batte all'impazzata, se non lo anticipo entrerà in casa.
Afferro la maniglia e spingo ma una forza mi contrasta. Mi appoggio con tutto il peso. Ce l'ho fatta. E mentre mi assicuro di aver chiuso bene scorgo il suo sguardo maligno, il suo ghigno orrendo e sento la sua voce, roca e cupa: -Sono venuto per te.-
Mi trovo in mezzo alla casa, tutto mi ruota attorno, non riesco a organizzare i pensieri. Cosa faccio adesso? Ricontrollo finestre e tapparelle. Tutto è serrato. Ora che sono al sicuro posso pensare. Telefonerò a qualcuno per chiedere aiuto. Ma a chi? E per cosa? Mi prenderebbero per una pazza in preda a crisi di nervi. Al diavolo per cosa mi prendono. Dove ho messo il cellulare? Mi precipito in cucina. Sul tavolo non c'è e non è nemmeno sulla credenza. Ma dove l'ho cacciato? Ma certo, nello zainetto! Rovisto frenetica ma non lo trovo. Rovescio tutto. Nulla. Sarà nella tasca laterale. Apro la zip. Non è nemmeno lì. Devo pensare. Devo ricordare. Pensare e ricordare... Calma. La tasca della giacca, ecco dov'è! Lo trovo subito. Non riesco a coordinare i movimenti... ma quanto sono piccoli i tasti! Cerco di dominare il tremito alle mani quando sento un rumore alla porta d'ingresso. Lascio cadere il telefono, non ho chiuso a chiave, devo farlo subito. Le chiavi erano nello zainetto, saranno sul pavimento insieme al resto. Eccole. Le mani tremano ancora, non obbediscono a nessun comando. Devo prendere la grande, quella lunga e stretta. Provo a infilarla nella toppa ma la mano non è ferma e la chiave non entra. Le dita tremano. Perché diamine non ci entra? Oddio, c'è già qualcosa infilato dall’altra parte!

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7 commenti:

  • marina il 14/07/2014 18:51
    Un bel racconto, piacevole da leggere e soprattutto senza tempi morti, un racoonto che non si svela subito e riesce a far vivere la storia al lettore.
  • Lampidibuio il 06/11/2008 08:20
    grazie per il passaggio...
  • carlo degli andreasi il 05/11/2008 18:59
    ottimo ritmo...
  • francesco gallina il 19/06/2007 22:02
    Si, lo spunto non è originalissimo, ma poi il racconto si dipana con una certa personalità.
  • Mauro Bianco il 09/04/2007 10:13
    Vertigine! Molto bella la tensione sapientemente pilotata in crescendo. Un argomento forse non tanto originale ma quanto costruito bene! Bravissima.
    P. S. spero che l'uomo nero sia solo un’invenzione narrativa.
  • Antonello Gualano il 16/03/2007 12:20
    ritengo uno scrittore eccellente chi, partendo da un argomento 'horror' non troppo originale, riesce comunque a creare un'atmosfera di angoscia e suspence. Complimenti sinceri kuki, hai fatto centro. Molto bene, in particolare, l'uso di frasi brevi e concise quando necessarie.
  • antonio sammaritano il 11/01/2007 15:26
    chi è l'uomo delle tue paure? la meccanicità della vita umana, abilmente descritta dalla Jelinek, o te stessa come consapevole "ingranaggio" che non spezzi per qualche ragione?

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