Tasche bucate. I pensieri ci passano attraverso e tu credi di averli persi, credi che siano scivolati via, precipati in qualche fiume e, giunti al mare, credi si siano attaccati alla schiena di qualche ignaro bagnante. Quello che non sai, o cerchi di ignorare, è che non si perdono affatto. Finiscono per incastrarsi nelle intercapedini, sotto i mobili, nelle crepe dei muri o tra le pagine di qualche vecchio libro che non apri da secoli. Di notte forse cuociono marshmallows e raccontano storie alle ombre che si affollano intorno ai loro bidoni in fiamme, mantenendo ovviamente una certa distanza, in religioso silenzio e ondeggiando al ritmo dei capricci del fuoco.
Forse a volte si annoiano, o forse sono stanchi di farsi corrodere i denti dallo zucchero dei marshmallows. Fatto sta che sfondano le piastrelle, riemergono dagli abissi in cui li avevi rinchiusi e vanno a piantarsi nel tuo petto [probabilmente tra l'aorta e l'intenzione, sebbene sui testi di anatomia non se faccia menzione]. Così è. Piccoli bastardi dai denti taglienti come lame alla mora, sono estranei a qualsiasi tipo di pietà o comprensione, insensibili a veleni o insetticidi. Tornano ai loro nascondigli solo dopo aver spillato il sangue fino all'ultima goccia. Ciò che resta, a sera, è un sottile stato di pelle che si china, traslucida, a mostrare un corpo ormai composto dal niente.