Nel pieno dei miei 35 anni, sigaro alla bocca, mi ritrovai ad osservare quel dannato schizzo, portando alla mente vicende che non avrei mai dimenticato.
Lei mi aveva sempre fatto girare la testa.
Di un’intelligenza fuori dal comune, che a volte sfociava in manifestazioni esagerate di esuberanza artistica, per me non era nulla meno di un angelo.
Dopo averla osservata per lungo tempo distante, la conobbi e condivisi con lei le sfumature più vive del mio essere.
Ci frequentammo. Era un amore nascosto il nostro, o almeno mi piaceva credere che ci fosse qualcosa tra di noi, qualcosa di velato.
Una nebbia fitta faceva trasparire solo un soffice vapore di questo sentimento, quasi volesse tenerci distanti per sempre.
E arrivò , inatteso, il momento in cui questa distanza raggiunse anche un livello materiale.
Lei me lo tenne nascosto. Non me lo volle dire che partiva, lo fece per non farmi star male.
Lo scoprii per caso, un giorno prima dell’addio e il mio cuore fece le valigie per seguirla.
Al cuore non si comanda, è vero, ma non mi era concesso di affiancarla nel suo viaggio.
Rimasi da solo a pensare alla mia vita senza di lei.
Fu un tuono a farmi capire.
La corsa,
la pioggia,
il fiume,
il vicolo buio,
il campanello,
la porta,
lei.
“Posa per me, un’ultima volta…”