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La storia dell'occhio di vetro

Per noi bambini era molto naturale che la nonna avesse un occhio di vetro. Se si abituano i bambini a convivere con un fatto un poco strano o con una persona un po' particolare, essi, con il tempo, riterranno il fatto e la persona davvero normali, e non ci faranno più caso.
Questo è il presupposto della storia che ora narro e che riguarda quest'occhio di vetro.
In giovane età, la mia nonna materna - la stessa per intenderci delle creme, di cui ho scritto in un mio precedente racconto- era stata sottoposta ad un intervento chirurgico, per il quale era stato necessario e ineluttabile estrarle il bulbo oculare sinistro.
Il fatto risaliva agli anni '40. Con il tempo, la povera donna s'era abituata a collocare nell'orbita vuota un occhio in vetro sottilissimo, uguale in tutto e per tutto al fratello gemello. La protesi aveva un'iride e una pupilla del tutto identiche a quelle dell'occhio sano e, tranne che per una evidente fissità dello sguardo, un osservatore attento non avrebbe potuto dedurre altro.
Poiché la nonna era alquanto maldestra e " malanòsa" , ossia propensa a fare malanni e a rompere oggetti per disattenzione ( così come entrare con i piedi nella crema...) , di questi occhi finti ella ne aveva rotti diversi, soprattutto la sera quando, prima di andare a letto, sfilava l'occhio di vetro per riporlo in un bicchiere d'acqua sterilizzata che teneva sul comò.
La nonna dormiva senza quell'occhio, ma al mattino lo doveva rimettere al proprio posto.
Era proprio durante questa operazione di collocazione oculare, che l'occhio le scivolava di mano e si riduceva in mille schegge, frantumandosi al suolo.
La cosa era seccante perché l'occhio finto era molto costoso e non se ne trovava facilmente in commercio proprio di quello stesso preciso colore; bisognava ordinarlo presso un ottico, e nel frattempo alla nonna toccava mettere degli occhiali neri alla Ray Charles che a noi bambini impressionavano molto, credendo che ella fosse diventata del tutto cieca.

La rottura dell'occhio era sempre commentata con malumore dal mio nonno pastaio : " Maria no ti sta 'tenta! Ti gà roto l'ocio 'n'altra volta..."
Purtroppo a volte capitava che la nonna, acquistando il nuovo occhio , non azzeccasse esattamente il colore, magari ne sceglieva uno più chiaro, mentre lei aveva gli occhi proprio scuri.
Allora il nonno, fissandola bene in viso, le diceva bonariamente : " Maria, ma ti gà sbaglià el color de l'ocio! Sto qua el xè maronsìn..".
In ogni caso, per noi nipoti di 5-6 anni, era normale vedere l'occhio della nonna stare depositato nel fondo del bicchiere, come un fantasioso pesce immobile. In cuor nostro eravamo convinti che lei fosse nata così, con un occhio solo fisso e l'altro mobile.
Infatti io non ricordo, in quegli anni, di aver fatto una sola domanda in merito al perché la nonna tenesse un occhio nel bicchiere.
Qualche volta la poverina, anche per far riposare la delicata pelle dell'orbita malata, stava una mezza mattina senza l'occhio, cosicchè la palpebra superiore ricadeva del tutto e lei ci guardava con un occhio solo. Allora noi nipoti subito le dicevamo : " Nòna, ma ti resti sensa ocio? "

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1 recensioni:

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  • alta marea il 06/02/2012 12:17
    Nella sua drammaticità, mi riferisco alla nonna che aveva perso l'occhio, leggere questa storia mi ha fatto ridere e sorridere, ridere perchè vedo la scena della nonna in bottega con l'occhio non messo bene, sorridere perchè l'innocenza dei bambini fa tenerezza.

18 commenti:

  • Massimo Bianco il 09/02/2012 18:40
    Gustosissimo raccontino autobiografico. Certo che, pensando anche al racocnto delle creme, che avevo letto, era proprio un danno ambulante tua nonna!
  • mariateresa morry il 07/02/2012 19:58
    Caro Piazza, i miei nonni sono morti da tempo. Erano il cuore di una grande famiglia artigiana molto conosciuta in venezia. Con loro e con il loro mondo oggi irripetibile, ho avuto una infanzia carica di apprendimento e di emozioni. Devi poi contare che una città come venezia tinteggia tutto e tutti con il suo ambiente particolarissimo. Grazie del tuo commento!!
  • Fernando Piazza il 07/02/2012 19:44
    Mi hai incuriosito e sono andato a sbirciare tra le tue precedenti opere. Ho trovato questo racconto gustosissimo e me lo sono letteralmente bevuto. Hai un modo di raccontare davvero coinvolgente e sai come attrarre l'attenzione del lettore, suscitando il suo interesse. Immagino che la nonna sia la moglie del Bepi, o no? Tra tutti e due non so dire chi sia più spassoso. Sei davvero fortunata ad avere dei nonni così. Non che non ce ne siano in giro così, ma non sono molte le persone che ne parlano e quindi quando capita di leggere delle storie tanto belle, tratte dall'album di famiglia, occorre approfittarne per gustarne tutto il piacere. Ancora complimenti.
  • denny red. il 07/02/2012 01:09
    Inutile dire che..
    Io trovavo la nonna inquitante:
    il film L'esorcista era di li
    a venire.
    Questo per me è il passaggio più bello di questa tua Nonna Uski,
    Bene! Brava! Mary, Ben Scritto!
  • mariateresa morry il 06/02/2012 20:00
    Ragazzi, che gusto c'è a raccontare le cose dell'infanzia, se nn si riesce a far ridere delle situazioni comiche!! Grazie tante ancora!!
  • Anonimo il 06/02/2012 19:57
    Simpaticissimo racconto... devo dirti Morry ho riso tutto il tempo, con tutto il rispetto per la tua cara nonna... dovizia di particolari molto molto brava...
  • Bianca Moretti il 06/02/2012 19:14
    E dajè cogli erroriiiiii. Sto "mica" si è ficcato in mezzo...
  • Bianca Moretti il 06/02/2012 19:12
    Io volevo dire un'altra "prova" non "brava" ma il computer si diverte a modificare come gli pare e piace.
    P. S. Sarà come dici per la prima espressione, non discuto, ci credo ma è bruttarella però
    Chiedo venia, non mi mica citerai in giudizio, avvocà?
  • mariateresa morry il 06/02/2012 19:03
    To Bianca: grazie del commento, in merito alle tue osservazioni. La prima, è corretto come ho scritto," di cui ad un mio racconto" è una forma sintentica per dire " di cui a quanto scritto in un mio racconto". Forma usata negli atti giudiziari. La seconda ossevazione hai ragione tu, e quindi correggo.
  • Bianca Moretti il 06/02/2012 18:53
    Morry, un'altra brava della tua bravura. Anch'io adoro l'autobiografismo e questi momenti di vita vera e vissuta mi mandano in sollucchero, in brodo di giuggiole
    Impagabili e incredibili i tuoi nonni (per quanto ognuno di noi, potendolo e sapendolo fare, ne racconterebbe delle belle) davvero simpaticissimi:ora capisco perchè tua nonna aveva messo il piede nel catino della crema (va beh, mi dirai che non è così ma un po' può essere stato anche per questo motivo). Ha colpito pure me il passaggio sottolineato da Giacomo, a dimostrazione del fatto che quando si vuol bene a qualcuno non conta l'aspetto esteriore ma quanto ha dentro, come noi percepiamo la presenza e l'affetto di chi ci vive accanto quotidianamente... Una bella pagina, condita da quelle frasi in dialetto veneto (comprensibilissime anche per me che non lo conosco) che sono dei veri bijoux! Complimenti.
    P. S. Ci sono un paio di espressioni da sistemare, una non molto chiara ( tra il 7° e l'8° rigo nella prima pagina "la stessa per intenderci delle creme, di cui ad un mio altro racconto-" forse manca qualcosa... l'altra imprecisa ( "Il fatto risaliva agli anni 1940." O dici "agli anni '40" o "al 1940". Va beh, sarò pedante ma per completezza te li ho voluti segnalare.
  • Anonimo il 06/02/2012 17:04
    Ecco uno dei racconti autobiografici che mi fanno pisciare in collo( come ben sa alta marea si dice in toscana) ma non solo per il velato umorismo, no, anzi per la quasi drammaticità di una donna costretta a vivere con questo problema. Bella la versione di come era vista dai nipoti... piaciuta particolarmente la filosofia di fondo del racconto che viene svalata dalla frase finale, azzeccatissima: " dopo tutto lei era una delle rare creature venute al mondo con un occhio da tenere in acqua, dentro ad un bicchiere, sopra il comò della sua camera." C'è poco da fare, io con questi racconti mi sciolgo( versione nostrana del mi piscio in collo toscano) ed ho capito perchè mi piace scrivere l'autobiografico: perchè mi piace leggerlo. Aspettiamo altre chicche come questa. ciaociao
  • mauri huis il 06/02/2012 13:39
    Ah, dimenticavo: quell'atteggiamento, comune ai bambini molto piccoli, nei confronti degli handicap fisici, è quello giusto da tenere per tutto il resto della vita: non indifferenza, ma abitudine, normalità. Ancora complimenti. A te e alla nonna!
  • mauri huis il 06/02/2012 13:37
    Grande, nell'esposizione se non nell'idea, visto che è autobiografico, ma semplicemente geniale nella chiusa. La nonna husky! Questa non l'avevo ancora sentita. Bravissima, come al solito.
  • Ellebi il 06/02/2012 13:34
    Molto ben raccontato. Saluti
  • Luca il 06/02/2012 13:27
    è semplicemente straordinaria... applaudo te e l'emozione che sai trasmettere... complimenti
  • Anonimo il 06/02/2012 13:11
    Non potrai mai immaginare il piacere che provo a leggerti!! Quel mettere ogni tanto frasi del tuo dialetto rende tutto più vero non solo per te. Oggi un grazie immenso per il sorriso dell'innocenza regalato!
  • senzamaninbicicletta il 06/02/2012 13:01
    questi tuoi racconti di vita familiare con due nonni cosi mi fanno scompisciare dalle risate, immaginare le scene, le facce dei clienti e persino l'occhio stesso nel bicchiere. A proposito: ma glielo faceva la murrina? Belli i tuoi racconti sempre interessanti. complimenti
  • gina il 06/02/2012 12:21
    Bel racconto, i bambini vivono certe cose con più naturalezza degli adulti..

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