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Oasi

Erano mesi che non sentiva più la vita scorrere nelle vene, da quando aveva preso la decisione di troncare quel rapporto che da anni lo dilaniava nel profondo.
Stava seduto, le sue mani toccavano la tazza del caffé, il tavolo col piano di vetro, lasciava vedere le sue scarpe, si ricordò di quando dallo stesso punto di osservazione vedeva le gambe di lei, sotto a una gonna blu, una di quelle gonne che aveva tanto ammirato, indossate da altre donne, ma mai visto indosso a lei; arrivava alle ginocchia, le pieghe a fisarmonica, stando seduta le sue gambe, avvolte da calze scure, disegnavano le forme calde, che in lui stimolavano la voglia di tenerezza, di abbracciare quelle gambe, di posarci la testa.
Era successo, molto tempo prima, si ricordò le sue carezze, e le parole dette sottovoce:
"Riposa la testa. Non preoccuparti, hai degli amici, ai me. Tutto andrà bene."
Non capitò quel giorno, aveva quella gonna ma non l'indossò per lui. Era in città per commissioni, un colloquio dallo psicologo e gli telefonò.
"Ti disturbo se vengo da te?"
Disse con freddezza. Lui capì subito che era arrivato il momento di darle delle spiegazioni, ma tentò di rinviare.
"Devo andare a lavorare alle due."
Disse come se avesse dovuto affrontare un drago.
"Ci vorrà poco, il tempo di un caffé. Un quarto d'ora e sono lì."
Chiuse la telefonata; lui per non gelare del tutto cominciò a fare il caffé.
Passarono i minuti, scanditi dai pensieri più profondi, dai ricordi di lei, di quello che aveva fatto per averla, di quello che non era riuscito a dirle, pensava alle parole che aveva detto e che ora si perdevano nel vento e ai suoi pensieri che viaggiavano lontano nel tempo, nello spazio e nella memoria del suo vano amore per lei. Si sentiva perduto, come chi nonostante gli sforzi la dedizione non riesce a trovare una via che lo porti vivere serenamente i suoi sentimenti. Umiliato come chi non vede riconosciuta la sua sensibilità, proprio dalla persona che ama. Si sentiva come un uomo aggrappato a una corda, ma da quella situazione non riusciva più ad uscire, e non poteva più fare niente se non aspettare di cadere.
Lui stava ancora pensando e il campanello suonò, era già passata un'ora, come al solito lo aveva fatto aspettare, ma non ci fece caso, tanto era una vita che aspettava. Apri il cancello e riprese a fare un altro caffé.
Lei era li seduta di fronte a lui, sotto a quelle gonne, le sue gambe diventarono il centro di tutta la sua esistenza, più in su i suoi occhi erano la montagna da scalare per rivedere per un po' il sole. Lei lo guardava un po' nervosa:
"Allora mi dai questo caffé?"
Non rispose, pensando sorrise, gli porse la tazza che lei neanche guardò, con lo sguardo
lui sfiorò le sue dita che accarezzavano la tazza.

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4 commenti     1 recensioni    

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1 recensioni:

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  • Raffaele De Masi il 21/03/2012 12:02
    Una storia d'amore molto turbata. Non ne scorgo felicità, ma piuttosto rassegnazione... è per questo che è piena di un certo realismo. I lieti fini sono per le favole. Mi piace, è ben scritta ed incanta il lettore.

4 commenti:

  • Raffaele De Masi il 21/03/2012 23:31
    Grazie a te per aver regalato un racconto affascinante.
  • Paolo Venturi il 21/03/2012 23:20
    Ciao Raffaele, rassegnazione è la parola non scritta che tu hai trovato fra le righe, era una delle opzioni per il titolo, è vero non c'è felicità. Grazie per il tuo commento.
  • Paolo Venturi il 21/02/2012 22:33
    Grazie Francesca per il tuo commento, potrei aggiungere, se posso, che lui sente un peso troppo grande da portare da solo ed è la creatività dell'amore che sta per esplodere, ma non trova spazio attorno a sé. Ciao
  • Francesca La Torre il 21/02/2012 17:40
    Complimenti:hai descritto molto bene un amore passionale come solo puo' essere quello tra due persone che non vivono insieme e che quindi non possono sapere se potrebbe durare, ma da cio' che hai scritto tu direi che dalla parte maschile non ci sono dubbi e questo e' gia' raro perche' in genere e' il contrario. Piaciuto molto.

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