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La Leggenda del Cavaliere Nero - Parte II

"Vi era una caverna poco distante dal villaggio, una grotta molto poco frequentata. Fu deciso che la compagnia si sarebbe riunita ogni giorno al crepuscolo in quell'antro, che da allora prese il nome di Caverna del Crepuscolo. Io non ebbi mai modo di partecipare a nessuna delle sedute, poiché queste avvenivano in segreto e all'oscuro di tutti. In seguito dissero che ogni incontro veniva sempre aperto da Edheldur. La caverna era buia e il figlio di Anfindur accendeva una candela, attorno alla quale si riunivano tutti gli amici. Era un ben misera luce, a male pena in grado di rischiarare i volti dei presenti. Molte volte in seguito fu discusso su cosa avesse potuto spingere un gruppo così variegato di giovani a ritrovarsi in quel buio antro umido. La cosa sorprendente è che erano ben poche le cose che accomunavano la Compagnia del Crepuscolo. Dal principio in realtà non fu nemmeno ben chiaro quali erano i loro scopi. Gran parte di loro desiderava uno spazio - che non riuscivano a trovare all'interno della società degli Elfi Silvani - [...] Ben poco si sa di come veniva gestita la compagnia nei suoi primissimi tempi. Si suppone che le decisioni venissero prese per votazione. Ben presto tuttavia si rese necessaria la figura di un leader che prendesse in mano la situazione qualora non vi fosse il tempo per votare. Ciò che tutti sanno è che Edheldur emerse come leader ideale, ma ciò che non tutti sanno è che in realtà la votazione aveva dichiarato vincitrice la sorella Lorelin. Ma quando le fu chiesto di giurare il segreto perfino al cospetto del sovrano, la giovane Arhathel rifiutò. Una divergenza ideologica che costò cara a Lorelin, poiché dovette abbandonare la Compagnia. Forse se Lorelin fosse rimasta nel gruppo molto di ciò che avvenne in seguito sarebbe potuto essere evitato. Lorelin era una delle poche a cui Edhel prestava orecchio ma, cosa ben più importante, la giovane Arhathel era dotata di buon senso. Per molti giorni a venire la bella figlia di Anfindur pianse con lacrime amare la separazione dal fratello. Sapeva che qualsiasi cosa lui avesse fatto nel nome della compagnia, lei non ne sarebbe mai venuta a conoscenza [...] Erano solo ragazzi, lo sapevano. La loro forza non era rilevante né paragonabile a quella dei veterani, sapevano anche questo. Ma uno degli appartenenti del gruppo - non riuscii mai a capire chi - fece una interessante proposta all'intera compagnia. Un viaggio nei ruderi degli Elfi Oscuri. Nonostante discendessero da antenati comuni, gli elfi oscuri erano ben diversi dai cugini silvani. Si diceva di loro che erano feroci e crudeli oltre ogni dire e supremi conoscitori di ogni magia oscura e proibita. In quei giorni ritenevamo che tal popolo fosse scomparso molti decenni addietro. Qualcuno fra i membri della compagnia nutriva la speranza di riuscire a cavare qualcosa di utile dalle rovine della civiltà scomparsa, come armi o armature antiche e incantate. Fu stabilito il giorno e l'ora della partenza, allo scoccare della quale Edheldur si recò in visita da Re Mildur. Il giovane elfo sapeva di non poter rivelare il vero motivo della loro missione, almeno quanto sapeva che necessitavano del permesso del Re per varcare i confini del villaggio. [...] Non sospettando nessun inganno da parte di Edheldur - in fondo era il figlio di Anfindur, avrebbe mai potuto mentire? - Mildur concesse il permesso. Aveva mentito anche a Lorelin - quella stessa sorella che amava di un amore sconfinato - sul motivo della vera partenza, per tal ragione il suo viaggio iniziò col cuore pesante. Edheldur sapeva tutto ciò che sapeva il padre, per cui non fu difficile agli audaci giovani farsi strada fra i boschi in direzione delle rovine degli Elfi Oscuri. Viaggiarono per tre giorni e tre notti durante i quali stettero ben attenti dal tenersi alla larga da qualsiasi città umana che incontrarono sul loro cammino. Il quarto giorno il paesaggio iniziò a mutare. Gli alberi divennero sempre più radi e spogli, il terreno soffice e coperto di foglie lasciò spazio ad una pietra nuda e scura. Avvolta fra le nebbie di cupi colli, un oscuro ingresso nella roccia conduceva all'antica città degli Elfi Oscuri. Nessun membro - o quasi - della Compagnia del Crepuscolo si aspettava di vedere ciò che trovarono. Lungi dall'essere scomparsa, la civiltà degli Elfi Oscuri era rifiorita a nuova vita. La nuova città era retta da una dama di nome Freja. In molti fra gli Elfi Silvani si sarebbero ricordata di lei poiché era nata e vissuta per lungo tempo al villaggio. Pochi invece l'avrebbero riconosciuta a causa della mutazione subita dalla magia oscura. Del suo corpo poco era cambiato, poiché aveva lunghi capelli biondi come il grano sin dai tempi in cui era ancora un Elfa Silvana. Indossava un vestito nero succinto, tale da lasciar immaginare con pochi sforzi le bellezze del suo corpo. Freja si presentò in forma di serpe verde poiché, a differenza degli altri elfi, gli Oscuri hanno la facoltà di trasformarsi in un animale guida. Nonostante portassero ancora il nome di Elfi Oscuri, Freja si prodigò per dimostrare quanto diversa fosse la loro filosofia di vita da quella degli antichi e feroci elfi delle leggende. Freja - la cui lingua giocava con le parole come un gatto fa col topo - tesseva le lodi del proprio villaggio, fondato sulla estrema libertà di ogni suo appartenente. [...] Affinché potessero verificare con i propri occhi la verità delle sue parole, Freja chiamò il figlio affinché guidasse Edheldur e i suoi compagni in un giro nella città. Al suo cenno si fece avanti un giovine elfo, rosso di capelli, il cui nome era Orion. Vestiva un lungo cappotto rosso come i suoi capelli, e portava come armi una lancia e uno scudo col simbolo del toro - il proprio animale guida - . Orion accolse con parole gentili e con cortesia gli ospiti, poiché il suo animo era tanto mite con gli amici quanto feroce con i nemici. [...] Fu in quell'occasione che Edheldur scoprì una dura verità su Ariel. Molto si sorprese il figlio di Anfindur quando Orion, il Toro Rosso avvicinatosi ad Ariel le diede un lungo bacio sulle labbra. La sorella di Sariel era infatti la ragazza di Orion e in realtà - pur non essendo un'elfa oscura - era stata inviata al villaggio degli Elfi Silvani allo scopo di tenere d'occhio le attività di Re Mildur. [...] Gli Elfi Oscuri avevano uno strano senso della famiglia, poiché era tollerato il congiungimento carnale con persone diverse dal proprio partner. Orion mostrò alla Compagnia del Crepuscolo case costruite allo scopo di permettere tali unioni. La città era molto grande ed era stata costruita attraverso il duro lavoro di schiavi umani catturati nelle terre vicine. Quando il giro per la città terminò il principe portò gli ospiti di nuovo al cospetto della madre. Freja volle dare sfoggio di grande generosità offrendo ad Edheldur un dono prezioso e pericoloso : divenire un elfo oscuro. Furono tante le decisioni difficili che il figlio di Anfindur dovette prendere nella sua vita, ma a suo dire questa fu una delle più difficili. I compagni di Edheldur si divisero fra chi pensava che il loro leader non dovesse rifiutare e chi invece gli ricordava la sua natura di elfo silvano. Mi dissero che era seduto su una ricca e decorata sedia col viso serio e pensoso. Con una mano giocava coi lunghi capelli neri mentre rifletteva su una decisione così importante. Pensava alla compagnia e al motivo per cui erano venuti lì, ma pensava anche alla sorella che pur essendo lontano da sé, non lo era dal suo cuore. Sapeva bene ciò che Lorelin gli avrebbe detto di fare, anzi di NON fare. Gli tornavano in mente tutte le parole degli abitanti del suo villaggio. Figlio di Anfindur. Erede di un nobile lignaggio. Nuova speranza degli elfi silvani. No! Lui non voleva essere ciò che loro dicevano. Voleva divenire solo Edheldur. Era stanco di essere chiamato figlio di Anfindur. Così dopo aver a lungo riflettuto accettò l'offerta a l'unica condizione che fosse libero di andare via insieme ai propri compagni. Fu portato il calice del dio Khaine. Venne riempito di sangue e, sotto gli occhi attoniti e attenti dei compagni, Edheldur lo portò alle labbra. [...] Più volte chiesi in seguito al Cavaliere Nero di narrarmi cosa provò all'atto della trasformazione. Ma ogni suo tentativo di farmi realmente capire cosa avvenne fu vano. Parlò di un posto avvolto nella nebbia. Parlò di un posto in cui sentiva versi di mille e un animale. Parlò di un posto buio in cui Freja lo invitò a scegliere il proprio animale guida. Che fosse stato il frutto della magia o semplicemente un'allucinazione del suo spirito non è possibile dirlo. Poteva scegliere come animale guida un'aquila per poter volare via nel cielo o divenire un orso per spazzare via i propri nemici, ma fra tutti gli animali Edheldur scelse come proprio animale guida un gatto nero [...] Il leone incute timore perché puoi vedere la sua forza, mi disse in seguito. Ma la paura è ancor più grande quando hai davanti l'ignoto. Per tal motivo la superstizione ci fa temere i gatti neri. Sembrano avere sempre qualcosa in serbo per te, ma spesso è solo una paura irrazionale. E poi il gatto è dolce, carino ed elegante, non trovi? Risposte simili erano tipiche di Edheldur. In seguito alla trasformazione, Freja mantenne la parola data. La compagnia del Crepuscolo lasciò il villaggio degli Elfi Oscuri e nessuno seppe - né sospettò - ciò che era avvenuto. Edheldur non era cambiato nell'aspetto e l'unica differenza rispetto a prima - come tutti gli elfi oscuri - era che i suoi occhi divenivano come quelli di un gatto se si trovava al buio. Fu così che la prima spedizione della Compagnia del Crepuscolo ebbe termine. Edheldur aveva preso una decisione drastica. Aveva scelto di non essere più un elfo silvano, aveva fatto il primo passo per divenire il Cavaliere Nero. All'epoca in cui tutto questo avvenne, nessuno poteva sapere che tutte le speranze che avevamo posto nel figlio di Anfindur erano state tradite. Dove noi vedevamo il figlio di un eroe, in realtà la Compagnia vedeva la possibilità di poter cambiare le cose. E le cose cambiarono. Presto. Molto più presto di quanto ognuno di loro avrebbe potuto prevedere."

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