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Dea

I rapporti umani sono troppo spesso contraddittori, conosci una ragazza e tutto quello che riesci a fare è dare il meglio di te stesso, per essere ciò che nella vita di tutti i giorni non sarai mai, bastano pochi anni, pochi mesi per essere smascherati. È una lunga parabola discendente o almeno per me è stato sempre così, convivo da sei lunghissimi maledettissimi anni con Brigitta, faceva la ballerina diceva, la ballerina continuava a ripetermi, una sera andai a bermi una birra con i pochi amici rimasti, e mi parlarono di questo pezzo di figa che lavorava giù a Downtown, faceva gli spogliarelli, così andammo a finire lì la nostra nottata.
Del locale non mi ricordo ormai molto, prendemmo posto in un angolo buio, lontano da occhi indiscreti, sorseggiando le nostre birre fredde, aspettammo con ansia quella che poi seppi chiamarsi Angel, e a dire il vero, il nome era abbastanza azzeccato.
La prima birra finì rapidamente, mentre Alissa si dimenava mezza nuda sul palco, al ritmo di una canzone country molto orecchiabile, a dire il vero mi concentrai più sulla canzone che sul suo spettacolo, mi accorsi che non c'era più quando entrò Luisa vestita da infermiera con un'insopportabile sottofondo elettronico.
La notte prosegui lenta nemmeno troppo divertente tra alcool e donne nude, fino all'annuncio che Angel sarebbe stata la prossima.
Decine di persone che fino a quel momento non avevo notato si fecero strada sotto la sua postazione, in preda all'agitazione quasi come scappassero da un incendio, ma quando finalmente entrò lei, tutti si fermarono come in adorazione.
Era un angelo per davvero, corrotto, ma comunque un angelo, le persone iniziarono ad accalcarsi sotto il palco, come un branco di cani affamati, la materia prima era la sua stessa carne, carne fresca da assaporare, da leccare, forse qualcuno l'avrebbe voluta conservare dentro un barattolo di formaldeide, per tirarla fuori ogni tanto e goderne alla vista, qualche pazzo schizzato se la sarebbe mangiata per gustarne il sapore, masticandola piano per non perderne nemmeno un grammo di essenza. Vidi anche diverse donne fra la calca, i loro sentimenti misti tra invidia e avidità come se amassero quell'ammasso di carne bellissima, ma allo stesso tempo volessero scuoiarla viva e ricoprirsi della sua pelle ancora calda e sanguinante.
Poche cose potevano distogliermi da quella visione criminale, ma in mezzo a quella massa di teste, di mani, di lingue bramose vidi Brigitta, la ballerina diceva di fare, mi diceva che il mercoledì e il venerdì notte aveva le prove e per anni non misi in dubbio le sue parole, diceva che avrebbe presto sfondato nello spettacolo, tutte balle.
Quella notte la mia vita prese una linea del tutto inaspettata, rimasi fermo in quell'angolo a fissare Brigitta mentre si faceva spazio tra la calca per poggiare la sua faccia sugli stivali neri di quell'angelo corruttore, non la persi di vista nemmeno un secondo, vidi tutto, vidi le sue mani che si infilavano dentro i suoi pantaloni, le dita facevano movimenti circolari e ritmati, la vidi che si sfregava la lingua sulle labbra, la vidi avviluppata tra cento mani e cento bocche, e infine la vidi sfinita sdraiata su una sedia.

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2 commenti     1 recensioni    

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1 recensioni:

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  • tylith il 18/02/2012 00:03
    Un racconto ben scritto, molto scorrevole, che si lascia mangiare con la stessa avidità con cui gli spettatori mangiavano la Dea durante la sua esibizione. La lettura parte lenta per poi diventare sempre più veloce quando vi è l'attesa che escano le due donne protagoniste, il lettore le assapora veramente e si sente parte della calca e se allungasse una mano potrebbe davvero toccarle. Mi è piaciuta la dicotomia tra follia e normalità persa. I protagonisti non hanno mezze misure soprattutto l'uomo, lui o appartiene alla categoria dei "normali" o appartine alla categoria degli "spregiudicati", penso che in fondo l'aver cambiato categoria all'inizio non gli sia dispiaciuto, poi però il racconto finisce con un'amara constatazione che, quando si esce dai normali canoni della società, si vive in un limbo e non si appartiene più nè ad essa, nè alla vita, si è oltre e questo andare oltre è molto pericoloso. Quando si scopre di avere oltrepassato il limite però forse è già troppo tardi per ritornare indietro.

2 commenti:

  • Alessandro il 18/02/2012 22:40
    Nelle mie intenzioni non c'era la prospettiva del pentimento, però per come la vedo io, la scrittura è solo un mezzo, è soggettiva, sarà il lettore a decidere come interpretare le emozioni che suscita. Grazie per gli apprezzamenti, sicuramente presto leggerò ciò che scrivete. grazie ancora.
  • Virgi Garcia Mundòz il 18/02/2012 19:05
    Molto bello, si può dire che l'ho letteralmente divorato. Coinvolge, cattura e, come ha detto tylith, è facile immedesimarsi nei luoghi in cui si svolge la vicenda. Le descrizioni sono molto accurate, ma non annoiano. Il finale sinceramente non me l'aspettavo; mi ha davvero stupito. Immedesimarsi nella mente dei "criminali", se mi concedi il termine, non deve essere affatto semplice... ma penso proprio che tu ci sia riuscito. Tuttavia mi sembra di riscontrare una certa amarezza nelle parole finali; come se il "qualcos'altro" che il protagonista ha preferito alla vita non fosse poi un'alternativa così "allettante", ci vedo una sorta di pentimento nell'aver preferito questo tipo di brividi piuttosto alla vita abitudinaria da padre di famiglia che, perché no, da le sue soddisfazioni... mi sbaglio? Il racconto mi è piaciuto davvero, passa da me se ti va

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