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Miniracconto neo razzista

Venti minuti fa, in una delle piazzette vicine a casa mia, nel quartiere Golosine, vicino alla fiera e a Verona Sud, per intenderci.
Quartiere popolare da sempre, adiacente alla zona industriale, un tempo officina di laboriosissima gente quasi esclusivamente autoctona, ora miscellanea di genti, razze e culture non sempre autorizzate, non sempre integrate. Alcuni palazzi, i più vecchi e decadenti sono abitati al 100% da neri e slavi extracomunitari. Oppure ormai neanche più extra. Comunitari e basta.
Di ritorno dall'ora d'aria, farmacia, giornalaio, alimentari, scorgo in lontananza un gruppetto di persone accucciate o sedute su e giù da un marciapiede, al bordo di un parcheggio quasi vuoto. Davanti a loro una miriade di vetri rotti di diversi colori, resti evidenti di bottiglie appena scolate e poi infrante. Penso che una gliela infrangerei volentieri su per il culo e faccio per cambiare strada. Ma poi cambio idea e tiro dritto per passare appena davanti a loro e ai loro vetri rotti.
Stanno tranquillamente pasteggiando con panini e altre bischerate, bevendo e cazzeggiando tra loro, come nulla fosse. E spargendo cartacce e rifiuti come neanche un ippopotamo coi propri escrementi.
Ad un tratto, quando sono quasi davanti a loro, fingendo indifferenza ma in realtà squadrandoli bene da dietro gli occhiali fotocromatici, ne sento uno, anzi una, che, ad alta voce, dice agli altri: "ma 'ndo éla l'Antonela, stamattina, la sarà mia sul serio dentro el casoneto?" Gli altri e le altre rispondono a tono nella stessa inconfondibile e grezza cadenza dialettale. La mia.
Tiro dritto e cinquanta metri dopo sono davanti al supermercato, sempre nella stessa piazzetta. Il nero che sta vicino alla fila dei carrelli mi saluta affabilmente e io gli rispondo altrettanto gentilmente a mezza voce. Altri cinquanta metri e un'auto si ferma per lasciarmi attraversare la strada: dentro un altro nero, che abita nella scala vicino alla mia e mi guarda e mi fa un cenno al quale rispondo ringraziando. È pulito, sorridente e gentile. Li sento dei miei.
Quasi quasi chiamo il 113 e faccio sloggiare la plebaglia indolente, sporca e maleducata che imbratta marciapiede e parcheggio. Quella veronese. Poi non lo faccio, ma solo per pigrizia.

 

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6 commenti     1 recensioni    

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1 recensioni:

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  • Anonimo il 06/04/2012 15:15
    mi piace perchè ci leggo molto ironia e poco (neo) nazismo...

6 commenti:

  • Anonimo il 20/04/2012 17:55
    Il razzismo è uno dei concetti più stupidi espressi dall'uomo. E anche uno dei più pericolosi. Mi piace come ne parli tu, senza banalità e con molta ironia. Ciao
  • gina il 06/04/2012 08:05
    Un bel racconto per riflettere...
  • Anonimo il 03/04/2012 20:24
    Esatto... non è il colore della pelle a creare rispetto. Narrare conciso, scenario verosimile ormai in ogni angolo del nostro paese. Sapessi a Roma Mauri'!
  • Anonimo il 03/04/2012 12:51
    Bel racconto. I diversi sono solo gli arroganti, i violenti ed i maleducati; il colore della pelle, la nazionalità e la religione non c'entrano. ciao
  • Anna Rossi il 02/04/2012 17:51
    siamo tutti così uguali... eppure tutti così diversi. delizioso racconto. breve, ma efficace!
  • Teresa Tripodi il 02/04/2012 11:47
    Mio fratello che guardi il mondo... ecco cosa mi viene in mente leggendo le tue riflessioni... un titolo che è messo li come sfida contro quello che è apparenza Maurì...

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