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Il primo e l'altro

C'era una volta un ragazzo. Anzi no, due ragazzi. Sì, erano due. Uno dei due amava leggere, scrivere, insomma tutte quelle cose che fa quel tipo di ragazzi lì. L'altro non si sa bene cosa amasse, ma amava far qualcosa. Potevi leggerglielo negli occhi. C'era una volta, o forse c'erano una volta, due ragazzi. Che si amavano. Si amavano ma senza saperlo. O forse uno dei due lo sapeva ma non aveva così voglia di andare fino in fondo a questa cosa. Lo sapeva. Non voleva scoprire altro. Non gli interessava nulla. Se non guardarlo ogni giorno. Sapere che fosse lì, senza dire nient'altro. E l'altro invece rideva. Rideva sempre. E amava qualcosa. Sì, amava qualcosa. Ma non si sa bene cosa. Tutti amano qualcosa. Dunque anche l'altro amava. Il primo un giorno faceva finta di leggere, era sotto un albero e allora l'altro si avvicinò e gli chiese cosa stesse leggendo. Ed il primo non disse nulla. Lo guardò, alzandosi, e andò via. C'era una volta un ragazzo che avrebbe voluto saper dire la cosa giusta nel momento giusto. E invece fuggì. L'altro rimase qualche secondo a fissare l'erba. Poi lo seguì. Chiese spiegazioni e avrebbe voluto dirgli che amava qualcosa ma non sapeva bene cosa e che forse tutto ciò che finora aveva amato non lo aveva amato davvero e correvano. Camminavano anzi. Camminavano spediti, senza una meta. Il primo avrebbe voluto sparire. Ma la voce dell'altro lo incollava a questa dimensione. Arrivarono fino all'ingresso della scuola. Il primo disse che non aveva nulla, che voleva stare un po' solo. L'altro disse che non gli credeva ma che se solo avesse voluto, sarebbe andato via. All'istante. Allora il primo fece un respiro lungo e gli donò un quadrifoglio. Lo aveva trovato nell'erba e aveva sorriso. Anche l'altro sorrise e quel sorriso voleva dire grazie. Allora il primo chiuse quel quadrifoglio nelle mani dell'altro e lo guardò. In quel momento il tempo si fermò. Quello sguardo sembrò durare per ore. L'altro si avvicinò, avrebbe voluto fare qualcosa. Qualunque cosa. C'era una volta un ragazzo che avrebbe voluto amare. Amava qualcosa, doveva solo capire cosa o chi fosse quel qualcosa. Allora il primo fu destato dal chiasso improvviso delle auto e decise di fuggire di nuovo. L'altro lo inseguì, lo inseguì per molto tempo. Ma il primo sparì nel nulla. Allora l'altro capì che forse il qualcosa che amava era proprio lui, il primo, e non aveva senso restare lì ad aspettare. Era felice, lo aveva finalmente capito. Sorrideva. Avrebbe voluto trovarlo per raccontarglielo, per dire che lo amava, che avrebbe fatto qualunque cosa perchè questo amore fosse ricambiato. E tutto questo senza sapere bene il significato di amore. Non sapeva cosa significava amare. Ma avrebbe voluto capirlo. Amava il primo e lui era l'altro. C'erano una volta il primo e l'altro che si amavano. Si amavano senza saperlo. O forse uno lo sapeva ma non voleva andare fino in fondo a questa cosa. L'altro non sapeva bene cosa amasse, ma amava qualcosa e aveva capito che quel qualcosa era il primo. Finalmente l'altro riuscì a trovare il primo e a dirgli che lo amava. Insegnami ad amare gli disse. Io ti amo. Il primo sorrise. Avrebbe voluto dire la cosa giusta e invece preferì rimanere in silenzio. Allora l'altro ricambiò il sorriso e, sgualcito, posò il quadrifoglio nella mano del primo. Le loro mani si toccavano. Erano colme di fortuna. Il primo e l'altro si amavano. Ora lo sapevano. Ora forse il primo sarebbe andato fino in fondo a questa cosa. Per ora sapevano soltanto di amarsi e questo gli bastava. Il primo e l'altro, senza nome. Con addosso soltanto la meravigliosa ingenuità di essere due ragazzi, che c'erano una volta.

 

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2 commenti:

  • loretta margherita citarei il 05/04/2012 19:48
    molto bello buona pasqua
  • Anonimo il 05/04/2012 16:54
    È uno dei racconti brevi più belli che abbia mai letto. Lo dico col cuore...
    È semplice. Una storia normale come molte altre. Due ragazzi che si amano e che vogliono imparare ad amare...
    Un mega applauso, davvero.
    Solo un piccolo appunto: "quaulunque"... Una sciocchezzuola.

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