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Andrea

L'ultimo anno delle Medie al Collegio salesiano comportava la possibilità di concorrere a una borsa di studio, finalizzata però all'iscrizione a un liceo classico. Le borse di studio le vincevo sempre e vinsi anche quella.
Mi ritrovai così iscritto alla quarta ginnasio del liceo più severo di Torino, il Cavour (non per scelta, era quello di zona).
"Il liceo di Livio Berruti!" - ci teneva a precisare il prof di Educazione Fisica.
Una buona scuola, che ha formato delle persone in gamba: quello che era il mio compagno di banco, in quinta ginnasio, oggi scrive sui giornali e viene intervistato in televisione, tanto per dire.
Io però non arrivavo da un'ottima scuola media, come invece molti dei miei compagni, ma dalle Medie dei salesiani del collegio, e - pur studiando come una bestia - (mia madre la sera tardi spegneva la luce quando mi addormentavo sui libri, nel disperato tentativo di prepararmi per le interrogazioni del giorno seguente), arrancavo, arrancavo.

I professori dell'epoca, (siamo nel 1965-67) salvo alcune lodevoli eccezioni, scambiavano la scuola per una caserma. Il concetto era: devono passare solo i migliori; se qualcuno si è iscritto qui per sbaglio, deve essere tartassato finché non si scoraggia. Se per caso non si lascerà scoraggiare, vorrà dire che è proprio bravo e merita di andare avanti nonostante tutto (dove il "nonostante tutto" significava in buona sostanza "nonostante non sia di buona famiglia": una questione di censo, o di classe, come preferite).
In quarta eravamo in tanti, ma una buona metà abbandonarono o vennero respinti.
Io ero riuscito a raggiungere la sufficienza in tutte le materie, tranne latino e greco.
La prof di Lettere, che non era neanche la peggiore - come carogna - mi rimandò a settembre con quattro in entrambe le materie. Passai l'estate spendendo soldi per ripetizioni, senza nulla aggiungere alle mie conoscenze delle due materie, e a settembre mi promosse con due bei sette.
L'anno successivo la cosa si ripeté tale e quale. Sostenni l'esame di riparazione e di nuovo l'esito fu lo stesso.

Allora decisi che non ne potevo più. Piantai lì tutto. Mi feci fare il libretto e andai a lavorare come apprendista per pochi spiccioli. Purtroppo genitori e parenti, invece di prendermi a schiaffi per farmi rinsavire, commentarono: "Che bravo ragazzo, vuole contribuire alle finanze famigliari!" (che in effetti non erano per niente floride).
Un anno di lavoro e poi mi prese l'ansia per il mancato diploma e decisi di riprendere gli studi. Purtroppo fui male consigliato e mi iscrissi a una scuola privata, cercando di recuperare l'anno perso. Era una truffa, naturalmente.
Al mattino frequentavo la terza dell'istituto tecnico, parificata, alla sera la quarta. Non riuscii a recuperare l'anno perso, ma il successivo potei iscrivermi al quarto anno in un istituto pubblico.

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l'autore PIERO ha riportato queste note sull'opera

Questa storia - indipendente nel suo svolgimento - si riallaccia all'ultima parte del mio racconto "Mala Educaciòn", sebbene il tono, rispetto a quello, sia sostanzialmente diverso.


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1 recensioni:

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  • Rocco Michele LETTINI il 09/05/2012 07:19
    Un racconto autobiografico... mirabile nel corredo... che fa riecheggiare in ognuno... il proprio percorso scolastico...
    Complimenti per averlo fatto... è stato piacevole scorrerlo con interesse...
    BRAVO ANDREA... CIAOOO!!!

20 commenti:

  • PIERO il 19/09/2012 06:56
    Grazie, Anna. Dei racconti che ho pubblicato solo "Cuore di ghiaccio" e "La meta agognata" possono definirsi opere di fantasia, sebbene il primo tragga spunto da una nota barzelletta e il secondo da una vignetta in quattro quadri di Quino, l'autore di "Mafalda". Sto provando a scrivere un racconto di fantascienza, questo sì tutto farina del mio sacco.
  • Anonimo il 17/09/2012 17:56
    Sei sempre molto bravo a narrare vicende di vita, le corredi con tante descrizioni. riesci a scrivere anche cose completamente di fantasia? ciao!
  • Anonimo il 21/06/2012 20:37
    Ha straragione l'Amorina, il mio lato femminile... la pensa così Colosio Giacomo versione maschio e versione femmina( raramente sono in accordo)... ovviamente anche Virgi ha ragione, una ragazza intelligente e di valore...
  • Virgi Garcia Mundòz il 21/06/2012 19:56
    Guerra e pace è già stato scritto, io non copio i lavori degli altri. Ho fantasia. Io
  • mariateresa morry il 21/06/2012 19:44
    Evvai Virgi, sei arrivata a fare la seconda comparsa?. arriva una, entra l'altra... e la chiudo qua, aspetto che scrivi Guerra e Pace.
  • Virgi Garcia Mundòz il 21/06/2012 18:43
    Ma senti un po' chi parla di emotività e di punti di svolta non colti!!! Ahahahah che cosa divertente a me lo scritto della signorina Rojo è piaciuto tanto; lo posso definire in tutti i modi meno che noioso... a differenza invece dei racconti di qualcun altro...
  • PIERO il 18/06/2012 22:54
    - Sì, avete ragione tutti: il racconto si conclude in maniera un po' troppo affrettata, rispetto all'insieme. Anche se ne ho già spiegato il perché, in una risposta precedente, è pur vero che quando uno scrive (se scrive per essere letto) deve tener conto più delle esigenze dei lettori che delle proprie. L'ultima cosa che vorrei è provocare delusione in chi mi legge.
    Il problema è che ho voluto legare le vicende della morte di Andrea con il mio percorso scolastico, cadendo, come dice la Rojo, nell'errore della telecronaca, mentre avrei dovuto concentrarmi di più, come vorrebbe la Morry, sulla "comunicazione emotiva".
    Quando avrò anch'io migliaia di punti, magari proverò a ripubblicarlo.
    - Amorina: se vai a leggere le mie cose non autobiografiche, forse il giudizio sul "blocco di fondo" potrebbe cambiare.
    Per quanto riguarda il tuo "Il padre della mia amica", lo ricordavo, mi era piaciuto ma non l'avevo commentato (potrebbe essere una risposta inconsapevole alla tua domanda se avevo sentito un "trasporto"?). Avevo invece commentato (anzi, no, era addirittura una recensione!) l'altro tuo racconto "Voi uomini".
    - Alla gentile lettrice che compare come Anonimo (e mi piacerebbe sapere chi è dico che sono abbastanza d'accordo con le cose che scrive, soprattutto sulla meraviglia della materia che continuamente si rigenera. Quello che non mi convince è che dietro a tutto questo ci debbano essere per forza degli dei.
  • mariateresa morry il 18/06/2012 13:51
    Il suo link, cara Rojo, è di una noia mortale... nemmeno lei sa cosa sia il pathos, forse un pesce?
  • Amorina Rojo il 18/06/2012 13:34
    Ecco... quello che dice dei tuoi racconti la Morry è verissimo... il problema è che vale anche per i suoi. Si denota in questo modo di raccontare un blocco di fondo che impedisce di comunicare nel vero senso della parole. Narrare non è fare telecronaca, ci vuole un certo pathos, anche se distaccato, un'emozione che coinvolga, pur senza cadere nel retorico o nello sdolcinato.
    Andrò a leggere qualcosa della signora Morry ma per quel che ricordo il discorso vale pure per lei... ahahah... siete due gocce d'acqua... andate invece a leggere il mio racconto "pseudolesbico" con titolo " Il padre della mia amica Anna " con link... http://www. poesieracconti. it/racconti/opera-8421
    e fatemi sapere se avete sentito o meno un trasporto, di qualsiasi natura. bacino.
  • mariateresa morry il 16/06/2012 15:30
    Ho letto questo Andrea, ben scritto pulito, nulla da dire, ma emotivamente Piero resta su righe piane. La tua è una cronaca di una amicizia, ma non è - scusami se mi permetto di dirlo - la vera storia di un'amicizia. Come in altri scritti tu sei pervaso da una forte riservatezza dei sentimenti e questo nella narrativa ha il suo peso per quello che si comunica. C'è un momento del racconto che potevi veramente decollare ed è come hai saputo della morte di Andrea, da lì poteva partire una svolta. Invece l'encefalogramma delracconto resta sempre piano ( appena un sussulto ogni tanto). Ad esempio ; narri che hai scritto dopo la morte dell'amico una lettera per chiedere " delucidazioni".. ma questo nn mi sembra il termine corretto per una circostanza del genere, eppure per te sarà andato benissimo. Dico questo perchè, pur riconoscendoti una certa gradevole esposizione, a mio modesto parere, sotto il profilo della comunicazione emotiva non ci siamo. Anche la tua sosta al cimitero fa emergere questo " limite", c'è un modo sbrigativo da parte tua di trattare le parti " forti" , le chiavi di volta dell'esposizione che, molto verosimilmente , sono un fatto caratteriale e non di capacità o non capacità a scrivere.
    Ciò detto, continuo a leggerti. A presto, ciao! Mteresa
  • Anonimo il 15/06/2012 13:55
    La mia convinzione che la vita nostra non finisca con la morte corporale, ma continui a navigare verso il suo vero compimento, non è "consolatoria", caro Piero, non foss'altro perchè le facili consolazioni non mi hanno mai... consolata. La mia convinzione è unicamente razionale: una vita finalizzata alla morte è un non senso. Che non può esistere in quanto la vita, in tutto ciò che di positivo ha, è qualcosa di talmente grande, buono e bello che a tutto può condurre tranne al non senso. Lo spirito nostro, infine, non è materia ed è solo la materia a poter morire. Ma -meraviglioso!- nella vita che ci è stata data, perfino la materia mai muore del tutto: continuamente si trasforma e nuova vita genera... Tutto troppo filosofico, Piero? Ma per me non è solo ragionamento: è deciso, convinto atto di volontà. Perchè io mi rifiuto di accettare che qualcosa di straordinario come la vita possa non avere senso e a quel senso pieno continuamente tendo, fin d'ora, in tutto ciò che penso, faccio, amo. CIAO.


  • PIERO il 14/06/2012 22:42
    A Mauri. No, non me la prendo, anzi: i tuoi commenti sono sempre interessanti e argomentati. Capisco che la conclusione possa sembrare affrettata o troppo secca: è che, elaborarla ulteriormente, sarebbe - ancora oggi - aggiungere dolore, quindi avevo bisogno di uscirne alla svelta. Ma ci rifletterò: se, nel corso del tempo, mi verrà l'idea giusta, farò qualche variazione.
  • mauri huis il 14/06/2012 17:34
    Buon racconto, questo tuo, come al solito ben scritto e per niente banale. Però la chiusa non piace neanche a me che pure la penso come te. Forse è troppo affrettata, forse troppo secca. Si sente invece molto bene l'amaro che ti è rimasto in gola per l'allontanamento di questo tuo amico, sia quand'eri a scuola che dopo, quando vi siete ritrovati vent'anni dopo. Ed è una cosa che è successa anche a me e disturba più di quel che si possa pensare. Comunque complimenti perchè leggerti è sempre un paicere e spero che tu non te la prenda per il mio appunto. A presto Piero.
  • Anonimo il 27/05/2012 14:31
    La scuola dovrebbe sempre arricchire, soprattutto chi accede ad essa in condizioni disagiate. Purtroppo non sempre è così e questo racconto ha il merito di documentarlo. Speriamo lo leggano molti insegnanti! A te però invio il vecchio e sempre attuale "Non è mai troppo tardi". Del resto, già l'essere qui -e attivamente- attesta che hai saputo realizzare molto anche con le tue sole forze. BRAVO!
  • PIERO il 09/05/2012 21:54
    Mi spiace che l'ultima frase del mio racconto sia stata interpretata come un atto di arroganza.
    Voleva semplicemente essere una ammissione di debolezza, ma probabilmente non mi sono espresso bene.
    Massimo, tu scrivi dei bei racconti, sai benissimo che magari, a volte, mentre ti stai lavando i denti, ti viene proprio l'idea che ti mancava per proseguire il racconto che stavi scrivendo. Non per questo teorizzi che le idee vengono lavandosi i denti...
    Per me è stato un po' così. Ho voluto andare dove c'era il corpo di Andrea, un po' per rendergli omaggio, per dargli un ultimo ideale abbraccio, perché se lo meritava. E poi, davvero, speravo che lì, in quella situazione, si creasse una suggestione tale per cui magari riuscivo - da solo - a capire il perché del suo gesto disperato. Scrivere che mi aspettavo l'"imbeccata" da lui è forse un po' esagerato, ma non mi sembra irrispettoso verso chi crede.
  • Massimo Bianco il 09/05/2012 10:05
    La storia autobiografica è ben svolta e positivamente scritta e l'ho letta con interesse, ma quel finale mi lascia davvero perplesso. Mi auguro che sia una invenzione narrativa e non un fatto realmente avvenuto. Davvero pensi che basta andare su una tomba e voler parlare con un morto perchè questo risponda? O meglio, davvero pensi che un credente creda sul serio a una sciocchezza simile? O che il Papa dica, pregate sulla tomba dei vostri cari e li sentirere rispondere? O ci stai dicendo che il tuo agnosticismo si basa solo sul fatto che quando cerchi di parlare ai defunti, loro non ti rispondono?
  • PIERO il 09/05/2012 01:13
    A Ellebi. Precisiamo: il fatto che ho studiato dai salesiani non significa che mi sono bevuto le favole che mi hanno raccontato. Detto questo, io sono il primo a essere deluso per la conclusione pessimistica del mio racconto, non volevo dimostrare alcunché, sono sempre pronto a ricredermi, ma finora, salesiani o no, mi tengo stretto il mio raziocinio, per quanto poco "consolatorio"...
  • PIERO il 09/05/2012 01:06
    A Franco: grazie per la lettura e il commento. Avevo già letto e commentato qualcosa di tuo, ma ora sono andato a leggermi il resto e trovo tutti i tuoi lavori molto più profondi di quanto appaiano a prima vista. In particolare ho trovato geniali "Matrioska", "Universo" e "Convenienze". Ho quindi deciso di chiederti l'amicizia per non perdermi i prossimi.
  • Ellebi il 09/05/2012 00:43
    Quando si muore si muore e basta, e se si va da un'altra parte non la sa nessuno, perché nessuno che è morto è tornato indietro a raccontarcelo (salvo uno, ma era Dio stesso, come tu ben sai avendo studiato dai salesiani). Si tratta di una scommessa con se stessi, e se poi qualcosa ci fosse? Del resto il protagonista del tuo racconto sembra proprio crederlo e aspetta un segno che non arriva. L'autore adopera questo stratagemma come dimostrazione "del nulla dopo la morte" ma questo truchetto non dimostra alcunché (come chi ha studiato dai salesiani sa bene). L'autore di questo racconto ha dimostrato solo di saper scrivere un'ottima prosa, quindi ti faccio i miei complimenti e ti saluto.
  • Anonimo il 09/05/2012 00:25
    Un vissuto interessante. Scrivi molto bene e per me ascoltarti è stato un vero piacere. ***** Grazie. Franco

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