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Un fastidioso moscone estivo

Atene, anno 399 prima di Cristo.
Nell'agorà dell'Acropoli si teneva il mercato, che occupava metà del grande spazio assolato, circondato dai Templi.
Sotto il portico dei Giganti, artigiani, guerrieri, politici e mercanti tessevano le trame dei loro intrighi quotidiani.
Quand'ecco levarsi uno schiamazzo in mezzo ai banchi del mercato.
- È arrivato Socrate, il filosofo - disse Meleto, un poeta mediocre in cerca di fama, a Licone, uno sconosciuto oratore politico in cerca di raccomandazioni presso gli aristocratici che passeggiano per l'Agorà.
- Ah, sì, quell'arrogante che passeggia sempre scalzo per la città, circondato da una sciame di ragazzini adoranti, che si autodefinisce il tafano, il fastidioso moscone estivo che stimola il cavallo Atene, se no diventerebbe troppo pigro e stupido...
- Diciamola tutta - intervenne Anito, esponente di punta del partito dei democratici, a cui i primi due si stavano rivolgendo per vari favori -quello è un frullapalle e basta!
Vedrete che adesso farà uno dei suoi soliti teatrini, per dimostrare con la sua nota ironia che tutti noi siamo solo una banda d'imbecilli...
Ignoratelo o vi stordirà con le sue vuote chiacchiere!

Nel frattempo un uomo a prima vista anziano ma molto agile di gambe, con la testa rotonda e calva, il naso rincagnato e l'attaccatura delle orecchie più alta del normale, passava in rassegna le bancherelle del mercato e le merci sopra esposte, proferendo ogni tanto qualche battuta di spirito:
- Guarda, guarda gli Ateniesi di quante cose inutili hanno bisogno.
Solo con la metà di questi alimentari, di cui gran parte verrà buttata via questa sera, potremmo sfamare tutta l'Ellade per un mese!
Socrate era seguito da tre ragazzi e tre ragazze, che ad ogni battuta del piccolo uomo ridevano come matti.
A un certo punto un ambulante lo aggredì, e cominciò a prenderlo a calci:
- Vattene via, tafanaccio, con le tue ciarle non ci fai vendere niente!
Gli aitanti giovani che seguivano Socrate volevano intervenire per difenderlo, pronti anche a snudare i coltelli, ma lui fece cenno di lasciar perdere, e si portò in mezzo all'agorà assolata.
Atene era splendente in piena estate e Socrate si sedette nella polvere della piazza, incrociò le gambe e si coprì il capo con una tela bianca.
- Socrate, ti ha fatto male quell'idiota? Come hai potuto sopportare i calci e l'umiliazione da parte di quel bottegaio da poco?
- Alcibiade, non importa: se mi avesse preso a calci un asino, l'avrei forse condotto in giudizio?
E ora lasciatemi in pace, andate a rinfrescarvi all'ombra, sotto il Portico dei Giganti.
Ho bisogno di parlare col mio Daimon.

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1 recensioni:

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  • Raffaele Arena il 25/06/2012 00:40
    Bellissima descrizione, metafora dell'attualità. Piaciuta tantissimo.

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