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Barbagia

Jeanne si chiedeva se si potesse trovare in natura la dimensione della solitudine. Non indagava più in merito a che cosa l'avesse provocata. Aveva bisogno di un criterio di misura. La qual cosa non coincide con il silenzio. Per la persona sola il vero silenzio non esiste mai; essa ode e ascolta moltissimo, perché cerca un suono di richiamo, non un suono qualsiasi. Jeanne s'era posta davanti al mare, ma scoprì che il movimento non collima con la solitudine. La solitudine è immobile. Già l'imponenza di una montagna, con le sue rupi, i suoi ghiacciai, il sibilare dei venti, è vicina alla impenetrabilità della solitudine. Così Jeanne, a quasi sessant'anni, partì per un viaggio ed iniziò la sua ricerca. Un luogo nel mondo che potesse darle il " senso" visivo della solitudine interiore. Cercò molto e lo trovò. Il cuore della Barbagia è un luogo di solitudine assoluta, laddove segni fugaci di vita umana si scorgono, ma non c'è traccia apparente di uomini in movimento. Perché la solitudine è questo: un vasto luogo in cui l'uomo " è stato" , ha messo una radice, un suo segno e poi ha lasciato un abbandono. La solitudine è tale solo se preceduta da un lontano abbandono. Nessuno nasce solo, in origine. Lo sguardo di Jeanne scorreva su strade che si perdono contro costoni, greggi che vagano lenti, accompagnati dai cani; muretti a secco che serpeggiano come nervi della mano abbronzata di un vecchio e poche, pochissime case, lontane, simili a punti senza ragione. Boscaglie estese a macchia ruggine, avide anche del terreno vizzo che attende la pioggia da mesi. Le creste calcaree dei monti , con fessure percorse da licheni e muschi secchi. Nessuna voce, se non il lemme pendolìo dei campanacci che le pecore muovono all'unisono, come assieme chinano la testa a strappare erbe. E poi il vento, un forte maestrale che scorazza e dilata ogni pertugio, pronto a portare voci dal mare, magari quello stesso mormorio che si tramuta in pioggia e che nel petto umano è il suono del ricordo di persone amate. E cieli stellati, di notte, come non è possibile vederne altrove. Stelle, alcune, vibranti ed intermittenti che bucano la volta oscura. Jeanne rimase molte sere ad ammirare quel punto estremo del tramonto, in cui un nastro di luce si incendia dietro ai monti, prima del calare delle tenebre. Perché in Barbagia la notte non è solo tale, ma è autentica tenebra.

 

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6 commenti     2 recensioni    

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2 recensioni:

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  • Raffaele Arena il 07/09/2012 22:25
    Una descrizione precisa ed emotivamente coinvolgente. Un testo di livello, di rilievo. Quanto un luogo può rappresntare uno stato d'animo interiore. Piaciuta, tra le tue più belle.
  • Antonio Garganese il 07/09/2012 13:30
    La solitudine quando è sistema di vita si ama. Si pensa solo a scoprire i posti che ci assomigliano. Le campagne e i greggi del nuorese son giusti per queste riflessioni così abilmente disegnate. Dillo a Jeanne che un'interiorità così ricca si può anche condividere con gli altri per una reciproca crescita.

6 commenti:

  • Anonimo il 29/12/2012 06:47
    bellissimo testo, non ho parole, i miei più vivi complimenti
  • Sergio Manconi il 12/12/2012 21:35
    Complimenti, mi è piaciuto molto. Io sono sardo e, proprio come Jeanne, un grande amante delle sterminate solitudini che la mia terra offre...
  • mauri huis il 17/09/2012 08:55
    Non t'arrabbiare ma questo è il tuo racconto che mi è piaciuto di più. Perchè mi è sembrato di passeggiare insieme a te e di sentirti parlare.
  • Anonimo il 07/09/2012 18:44
    Si può anche non essere in grado di fare commenti profondi ma io ho riletto più volte questo racconto solo perché mi PIACE e mi ha emozionata. Non ho mai letto niente di più bello sulla solitudine.
  • Ellebi il 07/09/2012 14:53
    Condivido pienamente questa tua riflessione sulla solitudine e credo che tu sia riuscita perfettamente a spiegarla con questo magnifico brano. Un saluto
  • Anonimo il 07/09/2012 11:00
    Piango da quanto è bello questo tuo scritto, Lady M., magico. Un abbraccio forte forte!

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