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Se salta fora la locandiera. (3 e ultima parte)

Secondo il testo della commedia, la locandiera appare durante il primo atto, alla scena quinta. Prima del suo ingresso si assiste ad un lungo dialogo tra i protagonisti maschili, tutti ospiti della locanda, i quali si intrattengono tra loro, scambiando opinioni in merito al mondo femminile, argomento certamente trattato con molta disinvoltura nel '700. Goldoni , insomma, ci fa capire con quale qualità di uomini (e con quali pregiudizi) Mirandolina avesse a che fare; e ciò pur essendo lei " donna pericolosa" - secondo la definizione che ne diede lo stesso Carlo - in quanto faceva innamorare di sé i più " orsi " e poi li faceva soffrire come " cani".

Da dietro le quinte assistevo attenta ai dialoghi del Cavaliere , del Marchese e del Conte.
Nel mentre mi preparavo all'ingresso, sentii bisbigliare l'assistente del regista, la quale si doleva che in platea non c'era il pienone tanto atteso. Purtroppo il pubblico, deluso dall'assenza della prima attrice, aveva in parte defezionato. Questa circostanza non mi fece affatto demordere. Sentii dentro di me Mirandolina prepararsi al debutto. Scalpitavo dentro alle mie piccole pianelle.
All'inizio della scena quinta entrai con il garbo richiesto dal commediografo e la mia prima battuta, rivolta ai gentiluomini, fu :
" M'inchino a questi cavalieri. Chi mi domanda di lor signori? "
Mirandolina si trovò immediatamente a proprio agio . Io e lei ( che fosse , a questo punto non capivo più nulla) recitammo all'unisono. La grande stanza della locanda non pareva un artifizio di quinte teatrali , ma l'ambiente caldo ed accogliente di una autentica antica locanda. Mi sembrò persino di annusare odore di buon cibo messo a cuocere.
Mentre si scambiavano le battute tra gli attori, avvertivo che l'italiano goldoniano che mi usciva dalle labbra, per spirito della locandiera, era di timbro e di pronunzia assai diversi non solo dall'italiano contemporaneo, ma soprattutto da quello che recitavano gli altri attori.
Costoro si dovevano impegnare per parlare in quella maniera antiquata, ma per me era cosa naturalissima.
Ed in breve essi se ne accorsero e cominciarono a prendermi seriamente in considerazione. Li vedevo seguirmi stupiti, come si dice a Venezia, " imagài" ; ossia presi dalla magia, immagati dal mio parlare.
Il pubblico non fiatava. Ma fu dopo il monologo, lo stesso passo che avevo recitato durante la prova di quello stesso pomeriggio, che il pubblico presente reagì con un applauso scrosciante.
Alla fine delle mia parte, mentre guardavo dal palco, avvertii un momento di sospensione nell'aria, una sorta di attesa che si stava aprendo come un fiore ed improvvisamente mi venne incontro un batter di mani esaltante. Mirandolina, da sfacciata qual era, fece una rapida riverenza e riprese a farmi recitare.

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4 commenti     3 recensioni    

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3 recensioni:

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  • Ugo Mastrogiovanni il 05/10/2012 18:09
    Questo racconto occupa 11 pagine scritte in Arial 12; mi chiederete perché, se è pubblicato in questo sito: perché lavori del genere, per giunta di Mariateresa Morry, vanno copiati, stampati e poi letti, anzi, gustati.
    La prima impressione è di trovarsi di fronte alla vanità di una bella donna che fin da ragazza si pavoneggiava "davanti al lungo specchio dell'ingresso" per recitare a voce alta le commedie di Carlo Goldoni e che parla di diademi per il suo capo. Impressione sbagliata: era solo un gioco, lo si capisce subito, era solamente una passione, il sogno di poter interpretare in un teatro la parte di un personaggio nel quale si identificava da tempo: la bella e scaltra Mrandolina. La descrizione che segue è quasi commovente. Il sogno di Mariateresa sembra realizzarsi e si concretizza nelle modalità di un sogno: non è fantasia l'invito è vero, è chiamata a presentarsi davanti al regista del teatro Goldoni di Rialto. L'esposizione, sempre minuziosa e realistica, continua mista a felicità ed emozione, ma non senza espressioni della superiorità che caratterizzano l'indole femminile. Il buon regista è quasi sopraffatto dalla spigliatezza di quest'attrice improvvisata e sconosciuta. Il suo carattere ribelle si scontra, ma con successo e ricambio di simpatia, perfino col primo attore. La Morry continua il suo racconto non senza la presunzione di evidenziare la sua capacità e bravura, ma lasciamoglielo fare, sono i suoi meriti. Appena sul palco, avanza con naturalezza e incedere lento, sicura di se e conscia di poter interpretare saggiamente la sua parte. La brava Mariateresa fa buon uso della sua innata passione; dimentica all'istante di essere se stessa e si cala così bene nelle vesti del personaggio che, da veneziana verace, ci resterebbe per sempre. L'esposizione è così dettagliata e incisiva che l'attrice svanisce; sulla scena, tra le quinte, nella mente del registra, degli attori tutti e persino nel pubblico c'è solamente Mirandolina in carne e ossa; e lo confermeranno le rose e i complimenti del sindaco, il sindaco di Venezia beninteso, non di Cinto, Cona o di Gruaro. È un trionfo, e la provvisorietà di questa giovane attrice porrebbe tramutarsi in professione, continuando con tournée in tutta l'Italia e forse all'estero, ma il dovere e le esigenze della vita prevalgono sulla fiction. La gloria di un giorno, tanto agognata e fatalmente ottenuta, vede calare Il sipario. Le luci della ribalta si spengono e si riaccendono sullo sportello delle Poste - per pacchi e raccomandate; con un po' di rammarico e forse con la consolazione di una lacrimuccia nascosta, ma questo il narratore non lo fa scorgere.
    Pregevoli i dialoghi in vernacolo veneziano garbatamente tradotti, sempre appropriati a vivacizzare il racconto. Da rivelare il richiamo storico del Longhi, che personalmente non identificherei in Giuseppe bensì nel veneziano Pietro detto Falca, specialista in quadri di genere e di costume con scene di vita veneziana, ma posso sbagliarmi.
    Finisco con ribadire che la Morry è un'artista di "multiforme ingegno" perché fa tutto con grande passione e autenticità. La sua diretta e compiuta esperienza le permettono di cimentarsi in ogni settore letterario; mentre predilige l'autobiografico, passa dal colto al convenzionale, dal satirico al romantico e dal realistico all'immaginario.
    È stato un piacere leggerti Mariateresa, grazie per avermi invitato.
  • franco buniotto il 04/10/2012 07:52
    Introspettiva magica e misteriosa l'ultima parte. Una scrittura fluida, semplice e intrigante. Sei bravissima Mirandolina. ***** Franco
  • Antonio Garganese il 02/10/2012 20:12
    Come condensare in poche parole il tuo scritto? È il racconto di una donna che per passione interpreta magistralmente un ruolo che sente dentro ma non dimentica chi è nella vita reale senza farsi portar via dalle luci della ribalta.
    Somiglia alla connessione che c'è fra l'autrice e la sua poesia. Ciao.

4 commenti:

  • Anonimo il 05/10/2012 08:27
    Ho letto tutto Morry. Bello e interessante. Brava Mirandolina.
  • Anonimo il 04/10/2012 21:30
    In fondo la recitazione è il primo passo per uscire dall'anonimato della spontaneità e per proiettarsi verso una carriera di prima donna reale.
    Bello e godibile tutto il racconto, anche se ho apprezzato di più le puntate precedenti, a mio avviso più spontanee.
  • roberto caterina il 04/10/2012 06:56
    Bello e delicato il finale con il suo sapore di fiaba.. e il futuro è già lì nel corso di recitazione..
  • mariateresa morry il 02/10/2012 20:19
    Grazie Antonio della tua lettura, comunque per non sbagliare sto davvero frequentando un corso di recitazione teatrale! Ciao

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