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Rosso Fuoco

Anno corrente : 2015
Località : New York

Era una notte scura, piena di pensieri per Eben. Era stata sveglia tutta notte. A pensare e a guardare fuori dalla finestra. Il paesaggio che le si prospettava era futuristico, ma spettrale, i palazzi si reggevano in piedi per miracolo e il celo era rosso, come il sangue dei caduti, nelle vie. Orrori senza precedenti erano i ricordi del sua infanzia. I ricordi più vividi che lo spettacolo al di fuori della finestra riportavano alla mente di Eben.
Morte, desolazione, inquietudine erano i tre soli aggettivi che potevano descrivere l'infanzia, l'adolescenza e il presente di Eben. Quella notte era particolarmente inquieta , ne aveva passate tante a pensare al passato. Quindi quella non era sicuramente la prima notte insonne, ma quella, quella vista, che aveva dal grattacielo di New York.
Eben si chino per prendere dalla sua ventiquattrore di pelle marrone, molto rovinata, una cartelletta di col giallo sbiadito. Che conteneva dei ritagli di giornale. Nella sua stanza d'hotel il colore rosse del cielo si faceva spazio nelle ombre della notte rendendo la stanza di un colore rosso intenso. I ritagli di giornali erano di quasi vent'anni prima. Mostravano quel hotel nel massimo del suo splendore, quando i vip erano i soli con permesso di entrare senza invito. I colori delle immagini, i sorrisi penso Eben di non averne mai visti di cosi caldi e speranzosi.
Nel ritaglio che teneva in mano c'era un ragazzo sulla trentina, il suo sorriso andava da un orecchio e finiva nel'altro penso Eben. Indossava la divisa da lavoro, era di colore bordo con le rifiniture in oro e nero, lui era uno dei facchini del hotel.
Era a lui che Eben aveva rubato il nome. Molti anni prima. Aveva trovato quel ritaglio tra le macerie, e l'aveva colpita il sorriso del ragazzo. Il nome era stato riportato sotto la foto in dei caratteri squadrati e neri. Si era sempre chiesta se quel ragazzo fosse ancora vivo o se non lo fosse, gli avrebbe fatto piacere incontrarlo penso Eben mettendo via il ritaglio, e chiudendo accuratamente la ventiquattrore.
Ma quella notte non era a quel ragazzo che i suoi pensieri inquieti si rivolgevano. Scese dalla poltrona su cui era rannicchiata, in pigiama. E si avvicino alla vetrata. Si inchino e accarezzo il suo unico amico, compagno, partner : non aveva un nome che lei sapesse, lo chiamava sempre facendo schioccare la lingua. Era un coniglio nano, bianco e nero, con un bello morbidissimo. Era stato in suo compagno, da qualche ano ormai, lo aveva incontrato a Tokio, stava camminando per le vie quando si rende conto di essere seguita da questa pala di pelo. Che la segue come sicuro di conoscerla. Cosi Eben aveva deciso di portarlo con se.
Dopo aver accarezzato il coniglietto, Eben si alza e guarda fuori dalla finestra dritto di fronte a se. Guarda l'insieme del paesaggio, ma nella sua mente non con i suoi occhi. Poi i rumori della città la riportano alla realtà , al idea che il mondo non ancora finito e che la maggior parte della feccia della società è sopravissuta al apocalisse.
Una musica, quassi esotica suona in quella che una volte era l'atrio del hotel. Ora addebita a sala da pranzo, o meglio a lurida taverna.

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