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L'equilibrio tra scrivere e leggere

"Lettera 84.
Perché facciano bene allo studio, te lo spiegherò: non ho abbandonato le mie letture. Ritengo che le letture siano necessarie, primo perché io non sia pago dei miei soli pensieri, poi perché, conoscendo le ricerche altrui, ne giudichi i risultati e rifletta su quanto resta ancora da scoprire.
La lettura alimenta l'ingegno e, quando è affaticato dallo studio, lo ristora, pur richiedendo una certa applicazione. Non dobbiamo soltanto scrivere o soltanto leggere: la prima attività, quella dello scrivere, offuscherà ed esaurirà le forze, l'altra le infiacchirà e le disperderà. Bisogna passare alternativamente dall'una all'altra e combinarle in giusta misura, in modo che la scrittura creativa riduca a un insieme organico quello che si è raccolto attraverso la lettura."
SENECA, Lettere

Come sappiamo bene, tutti amano scrivere o perlomeno esprimersi con messaggini informatici e quasi nessuno desidera leggere quello che gli altri scrivono o comunicano. Dopo vent'anni di rivoluzione, il Web ha sancito questo fenomeno in modo chiaro e stringente. Praticamente è diventata una legge.
Sull'argomento è già stato scritto e pensato di tutto e il contrario di tutto, sopratutto dal punto di vista moralistico. Qui propongo solo della fenomenologia aggiornata.

Da anni noto che il mondo della letteratura globale si è spaccato in due parti: da un lato la fiction commerciale fuori dal Web, dove vige per l'autore la ferrea regola del "show, don't tell"; vale a dire del saper creare una scrittura che susciti un'esperienza nel lettore, dove lo scrittore sappia ritirarsi negli spazi bianchi del racconto fornendo solo indizi, accenni e personaggi avvincenti.
Mostrare per raccontare e mettersi al servizio della storia, per inventare una trama che prenda il lettore dall'inizio alla fine, in modo che il consumatore continui a sfogliare compulsivamente il libro dal momento in cui l'ha acquistato.
I maestri di questa tipologia di fiction commerciale sono gli anglosassoni, i quali dispongono anche di potenti mezzi per la propaganda e la distribuzione in grandi snodi commerciali di questa forma di narrativa.

Nella litweb avviene l'esatto contrario: il 99, 99 per cento degli scrittori o dei comunicatori sul Web, sono solo interessati a raccontare e spesso a sfogare LA PROPRIA ESPERIENZA e d'ispirare una consapevolezza al lettore, con l'apposito studio delle tecniche della fiction, se ne sbattono alla stragrande.
Da tempo chiamo la litweb "scrittura terapeutica"; ognuno è un Narciso teso a rimirarsi nello specchio del fiume, e come ben racconta il geniale quadro del Caravaggio, nel momento in cui si sta autobaciando, si perde e scivola nella corrente e affoga. Se lo sfogarsi in modo barbarico bastasse per guarire da tutte le proprie nevrosi, allora basterebbe imitare Sgarbi.
Quando sono stufo di vivere tra venditori di fiction e Narcisi sgarbiani, mi vado a leggere i miei classici immortali e ho trovato questa gemma di Seneca che vorrei condividere.
Solo la lettura della grandezza e la sua condivisione riesce a farmi sopportare l'assurda schizofrenia in cui sto vivendo, e che sinceramente, mi fa letteralmente cagare.
Per Seneca la scrittura è concentrazione attiva, fuoco, e la lettura dispersione e passività, acqua.
Vivere solo per l'una o per l'altra è da pazzi da legare.
Così come essere solo Narcisi o solo venditori, solo presi da se stessi o completamente risucchiati dal fanatismo per qualche venditore anglosassone o da qualche suo patetico imitatore italiano come Volo, Moccia o Faletti.
Leggendo il grande Seneca, mi rendo conto come ormai l'equilibrio e l'autonomia personale non sono più di questo mondo.

 

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2 commenti:

  • Ellebi il 16/01/2013 00:13
    Un punto di vista molto interessante, in buona parte condiviso, infatti più o meno io faccio così, tuttavia io sono troppo dispersivo nelle letture, leggo di tutto, e apprezzo parecchio "Segretissimo", ma non Volo, Moccia, e Faletti. Saluti
  • Anonimo il 15/01/2013 09:56
    Pienamente condiviso il tuo pensiero, peraltro espresso molto bene!

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