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Incantesimo d'Amore

Come tutti i giorni ero arrivato al bar in ritardo. Mia zia fece le solite occhiatacce, più per abitudine che non altro. Sapevo che quel pomeriggio sarebbe stato noiosamente vuoto. Da un po' di giorni mi sentivo depresso, mancava qualcosa alla mia radiosa giovinezza che alzasse il tono delle giornate estive. Forse un po' d'amore? Scrollai le spalle. Mi sentivo stupido a pensare, come sono soliti i bambini, all'amore puro. Solitamente scrivevo qualche poesia per tirarmi un po' su di morale, ma ultimamente aleggiavo nel nulla. La radio distrasse da quei pensieri confusi che ero solito fare. Stavo asciugando i bicchieri quando... un raggio di luce mi illuminò il viso. Una ragazza, mora, occhi verde smeraldo... era un angelo. Mi si rivolse con un largo sorriso lasciandomi appeso a un suo labbro come una goccia di rugiada stava su uno stelo d'erba.
-"Posso avere un ghiacciolo?"- lo chiese con una flebile voce. Entrò delicatamente nel mio cuore come un melodico canto, sentivo un'orchestra di suoni come se avesse parlato con la sua anima. Mi ero perso nei suoi occhi, nell'espressione del suo viso. Mi ero incantato.
-"Posso avere un gelato... per favore?"- richiese con più dolcezza.
-"Prego..." risposi accorgendomi di aver fatto una delle mie gaffe.
Passarono i giorni. Le notti insonni mi avevano fatto scoprire tutti i difetti dell'intonaco del soffitto della mia camera. Continuavo a pensare a quella ragazza e a quell'unico istante dolcissimo, passato come una brezza di primavera, aromatizzando le emozioni più belle e intense che avessi mai provato. Cercavo di non pensarci, scoprivo in quei giorni, che soffrivo il mal d'amore. Avevo bisogno d'affetto e un sorriso sarebbe bastato alle emozioni. Avevo finalmente ripreso a scrivere poesie senza titolo; quanto avrei voluto dare un nome al mio angelo. Trascorse una settimana, mia zia si complimentò con me per la strana puntualità che ebbi in quei giorni. Era convinta di essere riuscita a farmi entrare in testa qualcosa. Non ci davo peso. Stavo asciugando i bicchieri. È vero, in un bar si asciugano una quantità pazzesca di bicchieri e tazze. La vidi entrare. Solare. Se il Botticelli avesse visto il mio angelo avrebbe ritratto lei come essenza di donna.
Mi dissero che non aveva nulla di speciale. Ma l'amore è speciale. Nella sua anima vedevo una luce speciale. L'amore è unico e arriva quando vuole lui. Ai miei occhi era diventata un'immagine idillica.
-"Posso avere un gelato?". Gli sorrisi. Dovevo chiederle qualcosa, sentire la sua voce, non potevo permettere che il vento se la riportasse via così come era entrata. Nel mio cuore era entrata e si era imprigionata. La sua dolcezza mi aveva fatto innamorare.
-"Scusa, come ti chiami?"-riuscì a chiedere a stento.
Lei sorrise, mi rispose guardandosi le scarpe -"Sara".-
Era la mia Principessa. Non poteva che avere un nome così bello. Mi sentivo il suo cavaliere alato. Avrei varcato l'impossibile per lei, se solo l'avesse chiesto. Volevo vivere una favola con lei. Ma come? Era d'incanto diventata la bella addormentata nel bosco, anche se l'addormentato forse ero io. Da quel giorno la vedo più frequentemente. Non riuscivo a dichiarare il mio amore. Avevo paura che mi dicese di no. Credevo che mi bastasse il suo sorriso. Forse però l'aveva già capito. Era in attesa. Sapeva che tra il mare e le stelle c'era qualcuno che l'ama. Anche lei era sola, mi guardava con dolcezza. Quante volte aveva fatto capire che sarebbe bastato un gesto? Furono veramente tante. La mia vergogna mise in moto un mormorio che arrivarono a prendermi in giro. A noi non importava, non li sentivamo nemmeno. Era nato quell'amore silenzioso, tra due cuori sofferenti, due anime bisognose di compagnia. Ed era bello perdersi nei suoi occhi. Le parole non servono quando si ama, si ha paura di dire qualcosa che rompa l'incanto che dissolva il sogno nel nulla. Vivevamo la nostra fiaba d'amore.

 

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