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Renaio: undici chilometri (prima parte)

All'epoca delle ferie d'agosto, dalla fine degli anni '60 al 1980, erano undici i chilometri che separavano Barga da Renaio, l'Ottocento dal Novecento, il presente dal passato, la vacanza dalla realtà di tutti i giorni.
Il confine fra le due realtà poteva variare, ma arrivava puntuale nel momento in cui si chiudevano le orecchie per la pressione atmosferica che diminuiva con l'altitudine e che di solito si sbloccavano poco dopo arrivati a destinazione. Undici chilometri di curve strette in una strada che era un grosso viottolo, inizialmente tutto sterrato, del quale si conosceva ogni curva, e che con il passare degli anni veniva asfaltato per tratti sempre più lunghi, traccia unica dell'avvicinamento della civiltà al piccolo paese che tardava invece a conoscere qualsiasi comodità.

La località si componeva di più nuclei; il principale era Renaio, con la bottega ed il telefono pubblico a scatti collocato nell'antibagno, con buona pace per la privacy di chi telefonava... ed anche di chi era in bagno.
Poco più in basso la scuola e, nella parte più alta del monte, da un lato la chiesa col campanile costruito poco discosto e dall'altro il cimitero. Poi, Bebbio, la Casermetta, una caserma della forestale in prossimità del sentiero che portava al Lago Santo, l'Abetaia, una vecchia casa di contadini abbandonata, ad un paio di chilometri dal centro, dove si potevano gustare le mele selvatiche e susine, ed infine Carpinecchio, a poca distanza, ma collegata alla già sperduta Renaio da un viottolo scosceso transitabile solo a piedi o con i muli. Una strada collegò la frazione solo alla fine degli anni Settanta, quando fu aperta una via che dal fondo valle risaliva su fino alla via dell'Alpe.
La strada, tutta curve, continuava infatti nel bosco fino al passo delle Radici, dal quale si poteva raggiungere San Pellegrino in Alpe. Qualche volta abbiamo fatto anche quella strada, che consentiva di arrivare al santuario senza tornare indietro a Barga e passare per Castelnuovo Garfagnana.
La strada era poco transitabile con le auto cittadine, piena di sassi anche grossi che si staccavano dal monte, ed era un'avventura percorrerla, specie una volta quando trovammo la nebbia, affrontata come tale con il timore di provocare qualche danno alla macchina di babbo, una comunque robusta Ford Taunus.
Alla metà del percorso ci fermavamo al Saltello, il punto dove si scollinava passando il crinale della montagna; c'era un bel prato pieno di carline, i fiori tipici di quella parte di montagna, ed era libero da alberi, così che si poteva ammirare il panorama di entrambe le valli facendo riposare l'auto che, seppur in quei pochi chilometri, era costretta ad un andamento faticoso con le marce sempre basse. In quelle traversate del bosco si sentiva meno il problema delle curve, che tanta noia davano nell'ultimo tratto del viaggio da Barga a Renaio: lo stomaco era tenuto su dalla tensione del viaggio, vissuto in cima ai sedili posteriori affacciati per vedere la strada davanti.

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l'autore Glauco Ballantini ha riportato queste note sull'opera

Dedicata a mio padre e mia madre che hanno reso possibile questo viaggio nel tempo durato quattordici mesi in quattordici anni.


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4 commenti     3 recensioni    

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3 recensioni:

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  • Anonimo il 31/07/2013 13:34
    Bella descrizione di un mondo che non c'è più e, come logica conseguenza, dotata di quella patina nostalgica che tanto piace a poeti e narratori, ma anche a me che non sono né l'uno e nemmeno l'altro.
    La dote narrativa è innagabile ed in ultima analisi credo dipenda dalla sensibilità con la quale l'autore ha guardato dentro lo specchio della sua anima. Efficace il modo di far capire, velatamente, che in parte almeno si rimpiangono quei giorni e quel modo di vivere grezzo ma genuino.
    Aveva ragione Miller: scrivi del tuo pèaese, del tuo rione o della tua strada e avrai scritto del mondo; e qui questo concetto lo ritroviamo.
    Unico appunto: qualche ripetizione di parole molto ravvicinate... per esempio all'inizio ci sono due "solo" uno dei quali potrebbe tranquillamente essere tolto o sostituito almeno da soltanto, ed alcuni periodi eccessivamente lunghi che però l'autore riesce a tenere in piedi con maestria. Un saluto.
  • LIAN99 il 20/06/2013 14:56
    La recensione segnalata come "Anonimo" è di LIAN99. Attendo con interesse di poter leggere la seconda parte. Ancora complimenti all'Autore.
  • Anonimo il 20/06/2013 14:36
    Molto apprezzata questa narrazione che fa rivivere il ricordo di un mondo ormai lontano, con i suoi paesaggi, i suoi personaggi, i suoi odori ed i suoi sapori. C'è tutto il fascino di un tempo trascorso, il cui pregio principale è quello di appartenere alla giovinezza perduta. Limpida la prosa in uno stile efficace e netto; avrei forse preferito una chiusa più articolata. Ma è comunque una notevole prova narrativa.

4 commenti:

  • Glauco Ballantini il 04/08/2013 18:52
    Grazie Charles, ho eliminato un "solo".
  • stella luce il 21/06/2013 17:50
    vado di fretta e subito a leggere la seconda parte... quanto mi rivedo in questo racconto forse perchè a quanto ho capito io vivo dalla parte opposta dell'Appennino... mi pare di averli vissuti questi posti... davvero bello
  • Glauco Ballantini il 21/06/2013 07:59
    Quattordici anni, quattordici mesi, quattordici agosti, dall'asilo alla maturità, da un secolo ad un altro..
  • Glauco Ballantini il 20/06/2013 14:10
    La seconda parte è già pubblicata.

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