racconti » Racconti autobiografici » Trip tabagisti e non
Trip tabagisti e non
Fuori era una giornata meravigliosa il sole era una calda palla di fuoco invernale e, probabilmente, la gente camminava per la strada discutendo sulla bellezza di quel tempo così insolito.
Noi, tristissimi repressi, eravamo nascosti in un centro benessere abbandonato. Per accedervi era necessario scendere delle ripide scale. Prima di cominciare a scenderle controllavamo sempre le finestre delle abitazioni vicine non volevamo essere visti. Scendevamo le scale correndo, aprivamo la porta con uno strattone ed entravamo. Nel salone principale c'era un fortissimo odore di vino e alcune bottiglie, aperte ma non finite, se ne stavano sul bancone ormai da qualche mese.
La sala era piena di graffiti e di scartoffie macchiate di vino, vomito e urina. Sulla destra c'era una porta a vetri chiusa a chiave. Da quella porta si poteva entrare in un reparto buio, composto da piccole stanze rettangolari divise da sottilissimi muri di cartongesso. Ognuno di noi, in quel reparto, aveva una propria stanza che poteva essere riconosciuta dalla "tag" in vernice nera che avevamo posto su ogni porta.
Sfortunatamente, l'unico ad avere le chiavi per aprire quella porta era Ned, un ragazzo che si faceva vedere molto raramente dalle nostre parti.
Al centro del salone principale c'era un piccolo cucchiaio polveroso, deformato dal calore. Quel cucchiaio ci dimostrava che, in quel posto, non eravamo i soli visitatori abituali. Era un cucchiaio per eroinomani, sapevamo che era così e questo ci consolava moltissimo. Forse non può essere chiaro a tutti questo ultimo passaggio. Come può, un cucchiaio usato da degli eroinomani, essere considerato una consolazione? Quando le persone si sentono sbagliate, quando fanno cose sbagliate o quando semplicemente vanno contro il mondo e la sua etica si sentono sollevate nel constatare che esistono persone che hanno comportamenti ancora più sbagliati. È un modo per convincersi che nessuno ha ancora toccato il fondo e che c'è ancora abbastanza tempo per risalire in superfice.
Dal salone principale, superando tre piccoli scalini, era possibile entrare in un secondo salone con un piccolo bagno e con ciò che noi definivamo "l'uscita rapida".
L'uscita rapida era, in poche parole, una piccola uscita di emergenza che noi usavamo come via di fuga. A dire la verità non la usavamo mai.
Quando entrai nel "rifugio", chiusi la porta alle mie spalle e la bloccai con una scopa. Seduti per terra c'erano due ragazzi. Bookie e Perry, seduti e annoiati, ascoltavano le canzoni che Frank, in piedi davanti a loro, metteva sul suo cellulare.
<Hai una sigaretta?> Mi chiese Bookie.
<Ne ho pochissime.> Afferrai il pacchetto, ne avevo solo due. Ne presi una e la accesi. Il puzzo di vino, quel giorno, era insopportabile.
<Mi lasci qualche tiro?>
<Certo, Bookie.> Mi sedetti vicino a lui.
<Cosa facciamo oggi?>
<Stiamo aspettando Call.> Rispose Perry mentre giocava al telefono.
<Mi fai giocare?>
<Bookie, ora no.>
<Dov'è Call?> Chiesi io.
<È andato a incontrare un amico, dovrebbe arrivare tra poco.> Disse Perry senza staccare gli occhi dal telefono.
<Mi piace quando va a incontrare amici, torna sempre con qualcosa d'interessante.>
<Interessante, sì.> Frank sorrise.
<La sigaretta.> Disse Bookie indicandola. Mi dimenticavo sempre di averla tra le mani e finiva per consumarsi.
<Hai ragione, scusami, tieni.> Passai la sigaretta a Bookie che fece un lungo tiro, chiuse gli occhi e lasciò uscire lentamente il fumo dalla bocca, tenendo le labbra socchiuse. Mi piaceva moltissimo il modo in cui fumava, sembrava ricavare un infinito piacere da quel semplice gesto.
<Senti che meraviglia questa canzone.> Frank appoggiò il telefono sulla mia gamba e cominciai ad ascoltare. Era una musica violenta, senza voce. La batteria dava un ritmo rapido e martellante mentre la chitarra, cattiva e graffiata, si manteneva su basse tonalità per gettarsi, a volte, in scale che ricordavano molto la musica classica.
<Molto bella, mi piace.>
<So che non è proprio il tuo genere.>
<Mi piace ugualmente, l'hai composta te?>
<Sì, qualche tempo fa.>
<Come mai Call non è ancora arrivato?> Bookie aveva finito di fumare e si era appena risvegliato dal suo trip tabagista.
<Prova a chiamarlo.> Dissi io.
<Ora non ne ho voglia.>
<Frank, chiamalo te.> Disse Perry che aveva smesso di giocare con il telefono. Frank compose il numero e telefonò. La telefonata fu molto breve.
<Ha detto che sta arrivando.>
<Dov'è ora?> Chiese Bookie con aria delusa.
<Non lo so, ha semplicemente detto che stava arrivando.>
<Io esco un attimo, devo fare una telefonata.> Bookie si alzò, si avvicinò alla porta, tolse la scopa che la bloccava e uscì fuori.
<Chi deve chiamare?> Chiesi io.
<Non lo so forse vuole richiamare Call.> Ipotizzò Perry.
Aspettammo qualche minuto e Bookie, spalancando la porta, che emise un grottesco suono metallico, entrò nella stanza.
<È proprio necessario bloccarla con la scopa?> Disse indicando la porta.
<Sì, bloccala.> Disse Perry.
<Ma poi deve entrare Call.>
<Ha ragione Bookie, possiamo evitare di bloccarla, per ora.> Dissi.
<Cosa ha detto Call?> Chiese Frank con impazienza.
<Non ho chiamato Call.> Frank si mostrò deluso e chinò la testa.
<Frank, mi presti il tabacco?>
<Prendilo, è nel mio marsupio.> Perry afferrò il marsupio e prese dei filtri, una cartina e una busta di tabacco. Cominciò a prepararsi una sigaretta.
Afferrai anch'io l'occorrente, misi il filtro tra le labbra e cominciai a prendere il tabacco. Avevo ancora una sigaretta ma sapevo che mi sarebbe servita.
<Potresti almeno chiedermi il permesso.> Mi disse Frank fingendosi arrabbiato.
<Posso?> Borbottai ironicamente tentando di mantenere il filtro tra le labbra.
<Tu puoi sempre.>
<Posso farne una anch'io?> Chiese Bookie. Frank provò a rispondere ma un rumore proveniente dall'esterno, attirò la nostra attenzione. Qualcuno stava per entrare nel rifugio.
Scattammo in piedi, eravamo pronti a scappare ma quando la porta si spalancò tutto ciò che apparve davanti ai nostri occhi fu la magra figura che conoscevamo con il nome di "Call". Entrò nel rifugio e si tolse il giaccone pesante.
<È bello averti qui. Blocco la porta.> Lo salutai con una stretta di mano.
<Devo pisciare.> Disse lui.
<C'è il bagno.> Disse Bookie.
<No, la faccio in un angolo.>
<No, vai in bagno, poi c'è puzzo.>
<C'è già puzzo di vino, quando sono entrato stavo quasi per vomitare, non credo di poter peggiorare la situazione.> Quando Call ebbe finito ci radunammo tutti al centro della stanza.
<Call, hai qualcosa per me?>
<Sicuro.> Frugò nelle sue tasche e mi lanciò un piccolo sacchettino.
<Perfetto, vado nell'altra stanza.>
<Porta Frank con te. Io e Perry pensiamo a Bookie.>
<Frank, vieni?>
<Domanda idiota, arrivo.> Io e Frank salimmo i tre scalini e lui andò a sbattere contro un tubo di ferro che doveva essersi staccato dalla parete.
<Ho preso una bella botta.>
<M'importa poco, è una cosa divertente.> Dissi io mettendomi a ridere.
<Frank, hai del tabacco?> Chiese Call dall'altra stanza.
<Te lo porto subito.> Frank scese gli scalini, portò il tabacco a Call e nel salire, nuovamente, gli scalini andò a sbattere contro il tubo metallico.
<Frank, vuoi ucciderti?>
<Forse. Ora, però, vorrei fumare. Hai fatto?>
<Sicuro. Andiamo a sederci.> Ci sedemmo sopra un avvolgibile arrotolato vicino al muro e cominciammo a fumare.
<Pensa a cosa direbbero le nostre famiglie se ci vedessero ora: In un centro estetico abbandonato a fumare e a bere vino. È una cosa triste se la vediamo in questo modo.>
<Pensa a cosa direbbero i tipi come noi, ci invidierebbero da morire! Dipende tutto dal punto di vista.> Ci guardammo seriamente per qualche secondo e cominciammo a ridere.
<Ora smettiamo di parlare, fumiamo e dimentichiamo il mondo.>
<Vuoi dimenticarlo?> Mi chiese Frank.
<A volte vorrei farlo esplodere.>
<Perché?>
<Non sono domande da fare, credo per paura. Ora non parlare più, se parli non fumi.> Finalmente giunse il silenzio e fumammo lentamente osservando con curiosità le nuvole di fumo che uscivano dalle nostre bocche.
<Torniamo dagli altri.>
<Non possiamo restare qui? Mi piace fare l'asociale.> Dissi io.
<No, andiamo.> Nel scendere le scale, Frank, picchiò nuovamente sul solito tubo metallico provocando le risa di tutti.
Perry, Bookie e Call fumavano ancora.
<Come ti senti?> Mi chiese Call.
<Stupido.> Risposi.
<E ti piace?>
<No, ma mi fa bene.>
<Concordo.> Disse Bookie.
<Credo che andrò a casa.> Dissi.
<Salo con te, andiamo.> Io e Bookie spalancammo la porta e corremmo su per le scale.
<Bookie, da che parte vai?>
<Vado dove vai te. Cosa farai a casa?>
<Niente, non ho voglia di far niente, mi sdraierò sul letto e dormirò.>
<Non puoi dormire la notte?>
<Non mi piace, chi dorme la notte si perde sempre qualcosa.>
1234
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati