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Il Quadro

"Queste sono le chiavi Sig. Fornari, allora tanti auguri e buona permanenza." Disse l'agente immobiliare consegnandomi l'appartamento.
Mi sentivo decisamente soddisfatto; quella casa mi piaceva, era esattamente come la volevo io: un bel trilocale con terrazzo, che dava proprio su un giardinetto interno, avrei evitato così la strada col rumore del traffico e guadagnato aria pulita e silenzio. Il silenzio, per me una priorità, non potrei mai dormire in una casa dove si sentono i rumori provenienti dall'esterno, è una cosa che non sopporto.
Fino ad allora ho sempre viaggiato tanto e ho sempre avuto la fortuna di trovare alloggi molto silenziosi, sia che fossero case o alberghi; quando così non era abbandonavo subito il posto in cerca di qualcosa di più silenzioso.
Questa volta dovevo fermarmi a Bologna per qualche mese, quindi avevo bisogno di una casa nella quale stare più a lungo, contattai qualche agenzia e vidi tanti appartamenti: troppo centrale, troppo periferico, troppo grande, troppo piccolo, bilocale in pieno centro con affitto stratosferico e traffico di auto continuo, attico in quartiere residenziale in un palazzo di dimensioni da grattacielo newyorkese, con regole condominiali da lager nazista, stamberga riattata, soffitta mansardata e tanti altri ancora.
Ma soprattutto, la cosa che notavo maggiormente: erano tutti troppo esposti al rumore.
Finché un giorno l'agenzia immobiliare mi propose "un appartamentino in una zona molto tranquilla, lontano dal traffico."
Una settimana dopo vidi l'appartamento di via Lemonia, mi piacque il quartiere e anche l'appartamento: ben arredato, con gusto ma semplice, molto luminoso e soprattutto molto silenzioso.
Lo presi, e anche il costo dell'affitto non era male.
Pare che appartenesse a una signora di una certa età, ma l'agenzia non seppe darmi molte informazioni in merito, e del resto la cosa non mi interessava più di tanto.
Sistemai le mie quattro cose negli armadi e pian piano presi possesso della casa.
Ci misi poco ad ambientarmi, nella casa non mancava niente, e di mio appresso avevo poco, abituato a viaggiare spesso mi portavo dietro le cose indispensabili, nelle mie migrazioni avevo bisogno di grande agilità.
Stava sempre con me: il mio portatile, qualche altro strumento tecnologico fondamentale per il mio lavoro e naturalmente il mio vestiario, per il resto, tutta la mia vita era sparsa in giro per il mondo.
Passai così la prima settimana, immerso nel lavoro, mi concedevo giusto qualche pausa caffè: affacciato al terrazzino osservavo il giardinetto sottostante, e mi godevo tra una boccata e l'altra di una sigaretta quella desiderata quiete.
Uscivo molto raramente, giusto per comprare qualcosa da mangiare, e per le scale non incontravo mai nessuno. La palazzina non era grande: sei appartamenti distribuiti due per piano, io stavo in mezzo.
Sopra di me abitava una signora anziana che aveva perso il marito qualche anno prima, l'appartamento di fronte pare fosse vuoto e sotto abitavano due coniugi anche essi anziani.

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4 commenti:

  • Vale B il 21/05/2009 12:47
    L'ho letto tre volte, mi piace proprio un sacco.

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