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Una zolla per un sorriso

Davanti al fuoco ci siamo fermati stanchi morti e versatoci un bicchiere del nostro buon vino, in un momento che non può avere ricordi di tempo, i nostri occhi si sono incontrati e senza l'uso della parola abbiamo rivisto come un flash, i nostri ultimi cinque anni.
Diamine sono arrivato a festeggiare il mio trentasettesimo compleanno tra cipolle e galline starnazzanti. Come sono arrivato a questo punto della mia storia?
Mi chiamo Riccardo, sono laureato in Scienze Naturali, mi sono specializzato in botanica e zootecnia. Sempre zelante studioso fin da bambino, i miei genitori e ancor più i miei nonni vedevano un futuro per me sicuramente migliore del loro presente. Talmente migliore che appena laureato non ho potuto fare niente di meglio che andare a lavorare all'estero, con la scusa di perfezionare la lingua e di cambiare aria. La Francia, l'Inghilterra e la Germania, di sei mesi in sei mesi mi sono girato l'Europa e, in un ambizioso progetto FAO, sono arrivato perfino in Africa, in Nigeria e in Kenia. Di stabile nulla solo progetti faticosi e mal pagati.
Fin dall'epoca dell'università mi sono trasferito a casa dei miei nonni, che avevano un cascinale vicino Viterbo. Alternavo le lezioni e lo studio aiutando mio nonno nella cura della terra e soprattutto della vigna. Sembrava sua figlia quella vigna tanto ci dedicava tempo e lavoro, la schiena curva con la vanga pesante. Ricordo ancora la sensazione di fatica che provai la prima volta ad usare quegli attrezzi, quel ferro pieno e annerito da una ruggine tenuta insieme dal grasso umano. Le mani la sera erano dolenti e piene di piaghe, tanto da agognare i miei amati libri.

Non sono fatto per vivere lontano dalla mia terra, dai miei affetti familiari, così alla fine del secondo progetto FAO, dopo cinque anni da pellegrino, ho deciso di tornarmene a casa dei miei nonni.
Erano trascorsi più di dieci mesi dall'ultima volta che li avevo visti, Dio mio quanto erano invecchiati! Certo anch'io non ero più un ragazzino, nonostante dimostrassi meno della mia età, avevo raggiunto i miei trent'anni.
Un senso di completa frustrazione si era impossessata di me, mi sentivo un fallito, inutile dirvi che prospettive non ne avessi, nessuno le ha in questo paese. Di ripartire non avevo voglia, si stava così bene in quel cascinale, dalle cui finestre il mio sguardo si perdeva nelle valli verdi. I miei nonni, seppure anziani e con tanti problemini di salute, mi adoravano, ero, tra i loro sei nipoti, il preferito. Erano felici che fossi tornato da loro, si sentivano sicuramente protetti dalla mia presenza ma non mi chiedevano alcun aiuto; anzi, mia nonna in particolar modo, mi viziava cucinandomi ogni genere di manicaretto, felice di vedermi mangiare con gioia. Sono un ragazzo esuberante e spargo intorno a me l'allegria, sono un vulcano di idee, una valanga che non ti lascia indifferente.
Una mattina, svegliatomi di buon ora, incontrai mio nonno che finiva il suo caffellatte prima di andare sul campo. Lo guardavo muoversi per la cucina, i movimenti lenti come ad esprimere un dolore sottaciuto dalla bocca.
" Nonno "
" Dimmi figlio "

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5 commenti     3 recensioni    

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3 recensioni:

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  • oissela il 23/08/2014 13:57
    Per scrivere, sai scrivere e non ci piove che sai farlo pure bene.
    Notevole il vocabolario e sempre appropriate le scelte lessicali.
    La frase è pulita e scorre via che è una bellezza.
    Lavoro da lodare sul cartaceo, ma, a mio parere, sul web necessita di sintesi. La storia coinvolge e visto anche le difficoltà dei laureati nel trovare lavoro, eccellente è la scelta di Riccardo. La terra se amata, oltre che coltivata, sa essere generosa.
    Grazie per questo post.
    Oissela
  • Anonimo il 23/08/2014 12:07
    Un racconto molto significativo, emblematico di una situazione di ritorno alle origini... mi è piaciuta quella frase che metti in bocca a Riccardo..."Stavamo invertendo la rotta o almeno ci stavamo provando".
    IL racconto è ricco di storie e particolari, tanto è vero che a mio avviso sei stata troppo generosa... avresti potuto, dilatando il narrato, scriverne almeno tre di racconti... anzi, a volerla dire tutta c'è materiale per un romanzo... basta iniziare piano e poi storia tira storia... c'è Chiara da far intervenire... quei ragazzi portatori di handicapp, i nonni, gli amici... molta molta carne al fuoco. A proposito di Chiara forse in ultima pagina c'è una svista... capita anche a me quando cambio i nomi ai personaggi... Claudia è un personaggio nuovo o è Chiara, come io credo?
    bene, complimenti... un gran bel lavoro... ciaociao.
  • Rocco Michele LETTINI il 23/08/2014 11:07
    Morale della favola... solo il coltivare la terra ridà il sorriso... Un laurea? Solo l'illudersi di aver un qualcosa tra le mani e poi di lavoro nulla di nulla... sudore, sudore... e lo danaro finito solo nel fitto d'una stanza... tanta solitudine e tante amarezze... C'è da dire tanto Silvia... tu l'hai fatto intendere egregiamente... con encomiabili periodi (perché no... di rabbia)! SERENA GIORNATA

5 commenti:

  • silvia leuzzi il 23/08/2014 19:14
    Hai ragione Oissela sul web è così ma io le cose corte corte non le so scrivere sorry. All'anonimo lo ringrazio. Ciao e grazie a tutti
  • Anonimo il 23/08/2014 15:54
    Forse prima di essere una narratrice sei un poeta. Le tue frasi quasi quasi cercano una rima che non puoi e non vuoi assegnargli, Un racconto che parrebbe voler trattare molti temi ma il principale è quello della disabilità che, mi par di capire, fa parte del tuo vissutoe, come tale è molto ben trattato. Come non condividerti. Sei sufficientemente consapevole di quel che hai scritto e questo fa di te una maestra di vita. Sono daccordo con Oissela sulla sintesi anche se i concetti da esternare sono tali da richiedere il processo inverso. Brava, brava, brava.
  • silvia leuzzi il 23/08/2014 12:18
    Carissimi amici di rete Rocco sempre presente con i suoi commenti e poi c'e' Giacomino... dai non mi dire che alla fine ho sbagliato il nome... grazie sapevo di contare sul tuo occhio attentoe critico, lo correggero'. Per quanto riguarda la trama caro Jack non e' autobiografico magari... avrei dato a mio figlio disabileun futuro meraviglioso. È stato scritto per un concorso maera troppo lungo e ne ho scritto un altro che e' stato inserito in un'antologia... volev vincere ma c'erano in palio quattrini figurati se scieglievano il mio! Non sono tutti generosi come voi. Grazie grazie
  • Anonimo il 23/08/2014 11:49
    Scusa... le prime tra pagine, non righe... ormai c'ho quella fissa delle cinque righe... eheheheh...
  • Anonimo il 23/08/2014 11:48
    Ho letto le prime tre righe... ma il commento vero lo farò più tardi... la prima sensazione è che hai descritto talmente bene quel ragazzo, i suoi nonni e i suoi compagni di scuola da farmi sospettare qualcosa di biografico... comunque me lo voglio gustare con calma... credo che alla fine, viste le premesse, dovrò ammettere( e lo sai che mi costa... ahahahah) che sei brava ed il racconto è buono... mannaggia... ahahahah...

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