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Breve incanto

Nelle prime ore del mattino Grazia si trovava sul treno per Venezia, proveniente da Zurigo, non aveva riposato; il viaggio notturno era stato disturbato dall'andirivieni dei passeggeri e dal controllore che si era affacciato allo scompartimento qualche volta di troppo. L'aria era viziata; avrebbe voluto spalancare il finestrino per respirare la tiepida primavera ormai arrivata. La prostrava una stanchezza profonda, un indebolirsi delle energie, tanto che anche la voce le si era fatta fievole.

Si era appisolata quasi all'alba ed al risveglio si era accorta d'aver dormito durante l'aggancio della sua carrozza ad un altro convoglio diretto a Venezia.
Era stata ricoverata per mesi all'ospedale di oncologia della città svizzera, tra i più avanzati in Europa ed erano stati per lei mesi lunghi, di interminabile attesa dell'esito della terapia sperimentale alla quale si era sottoposta.

Aveva vissuto tutto quel tempo chiusa in sé stessa e senza poter avere il conforto dei suoi cari. Il padre trascorreva lunghi periodi in Costarica nella fabbrica che aveva fondato; la madre accudiva alla casa ed al fratello che lavorava nello stabilimento italiano del padre.

La speranza non l'aveva mai abbandonata; si era fidata ed aveva fatto bene perché ciò che le era stato promesso si era avverato: ora poteva stare tranquilla e sperare con serena certezza nella completa guarigione.

Per la cura aveva lasciato il suo lavoro, la sua città, tutte le persone che le popolavano la vita. Ora il rientro le suscitava allegrezza; finalmente avrebbe detto ai suoi cari che gli esami clinici avevano dato l'esito sperato, che il tumore si era praticamente dissolto sebbene sarebbero occorsi alcuni anni per la definitiva diagnosi di guarigione. Ma intanto già poteva godere di un benessere fisico e psicologico che, soltanto poco tempo addietro, non avrebbe potuto prevedere. Al ricovero era grave e la prognosi riservata.

Da casa nessuno era potuto andare a riprenderla: suo padre era in Sud- America e suo fratello si era anche infortunato sciando sulla neve, fratturandosi il piede.

Si alzò ed andò presso la finestra dello scompartimento per guardarsi allo specchio; entrava la luce forte di un mattino luminoso; il cielo era terso, tinto di rosa dai raggi del sole appena sorto.

Osservò il suo volto e notò la sua pelle bianchissima; aveva la trasparenza ed il pallore esangue dell'ammalato ed ella lo era stata per molto tempo, era stata aggredita da una malattia crudele e devastante.

Il suo corpo si era fatto esile, la poca muscolatura floscia, inconsistente; i capelli scompostamente caduti.

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6 commenti     1 recensioni    

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1 recensioni:

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  • Rocco Michele LETTINI il 04/09/2014 08:08
    Un racconto che ti trascina dal primo periodo. Avventurosamente fantastico... FELICE GIORNATA.

6 commenti:

  • Verbena il 05/09/2014 11:14
    Ho tanto piacere Salvo d'averti dato un momento piacevole alla tua giornata. Grazie per le belle cose dette.
  • Anonimo il 05/09/2014 10:42
    Un incanto la tua storia... non breve, ma che ho letto d'un fiato. Certo il finale l'avevo intuito dal titolo... già esplicativo. Mi sono piaciuti i particolari descrittivi e ho rivissuto anche l'incanto di Venezia, dove sono stato parecchie volte nella mia vita, ma in una condizione d'infelicità come per chi sta perdendo il gusto della bellezza. (ero militare).
  • Verbena il 04/09/2014 13:33
    Quando ciò che scrivo è apprezzato sono la donna più felice. Grazie Chira, grazie a tutti.
  • Chira il 04/09/2014 12:53
    Tanto dolore e tanta felicità... Il numero delle pagine mi aveva quasi bloccata, invece mi hai "incantata" nella lettura fino alla fine che avrei desiderata diversa... avrei voluto insomma solo la favola ma la vita non è quasi mai così. Oltre l'inappuntabile narrare, quando ti soffermi sulla città di Venezia è come vederla: ne rubi intatta la magia. Complimenti, Dorella!
    Chiara
  • oissela il 04/09/2014 11:55
    Una delle tante storie che il destino beffardo ci riserva. Struggente la chiusa.
    Oissela
  • Verbena il 04/09/2014 08:30
    Grazie Rocco

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