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Lettera a un figlio che non leggerà

Scrivere per chi non leggerà, serve a poco; è solo un atto di vanità.
Premesso ciò scriverò ugualmente, forse perché mi fa bene o perché non serve a niente.
Non farò correggere a nessuno questa lettera, ve la tenete con tutti gli errori; così ognuno dirà la sua; quantomeno se non vi ha suscitato niente, avrà il pregio di avervi eletto " correttori di bozze per un giorno " di questa fallita scrittrice.
Ora torno a te figlio mio! Scusami mi sono persa in queste quisquilie inutili.
T'ho abbandonato lungo questa strada sconosciuta; sono stanca, figlio mio, di questo fallimento che il tuo viso mi rammenta in ogni istante del mio giorno.
Quanti sogni ho costruito per accattivarmi la tua attenzione, per motivare quegli sforzi impossibili che mi sono imposta, eautontimerumenos* di me stessa. Vedi, figlio ti tiro fuori anche termini che risalgono alla mia epoca gloriosa, quella in cui credevo in una vita diversa.
Tutto è stato spazzato via dallo tzunami della tua esistenza!
Sono caduti, giorno dopo giorno, i pezzi di quel puzzle che non abbiamo mai completato.
Sono un'ostinata sognatrice, sempre preda di emozioni sentimentali, alle quali reagisco con una durezza apparente, appresa nella mia infanzia da quell'intreccio sentimentale con mio padre.
Gli uomini, figlio mio, sempre e solo in mezzo agli uomini la mia vita: padre, amici, marito e figli maschi. Meravigliose creature, pungenti come cactus, gli uomini come non si può non amarli!
Il tempo e le fregature però mi hanno insegnato a difendermi dal loro fascino pericoloso e accattivante.
Tu, figlio mio, ennesimo maschio a cui offro i miei servigi, i miei pensieri più belli, la mia rabbia più assoluta; tu che ogni giorno diventi più bello e lontano, che non accetti il tuo quotidiano che t'opprime e m'opprimi col tuo lamento lacerante.
Davanti a un viso disperato, un verso lacerato, una nota dolente di una giovane vita un adulto si sente impotente, sembra che l'esperienza acquisita evapori d'un tratto, lasciando solo le impietose rughe come solchi aridi a testimonianza di una vita vissuta.
C'è in quel tuo profilo tutto mediterraneo l'ardente esuberanza della tua carne fresca di ventenne.
Ci vorrebbe un vento forte per spazzare tutte le nuvole che hanno annebbiato la tua vista e il tuo pensiero.
La tua mente sconvolta costruisce fantasie, che non trovano conforto oggettivo nella tua vita e questo ti causa solo dolore e io non posso aiutarti e questo mi fa male.
Potrò ancora costruire i tuoi sorrisi, la tua gioia?
Quali strumenti ho per scuoterti dalla tua angoscia, da quegli ideali più alti di te?
Non soddisferò più le tue aspettative, come nessun altro del resto!
Il tempo è passato; quei giochi, a cui t'abbandonavi felice, sono diventati solo una fonte di frustrazione. Inconsapevolmente provi un sottile odio per i bambini piccoli, ai quali ti senti simile, ma che loro vedono diverso. Sono proprio i loro occhi sgomenti davanti a un gigante goffo ed incomprensibile, che ti feriscono e ti fanno arrabbiare. Non comprendi il concetto di umiliazione, la tua mente non lo riconosce e tramuta tutto in una rabbia sorda. Siamo sempre noi della tua famiglia a pagarne le conseguenze, perché il tuo odio trova nei nostri volti la tangibilità di sensazioni negative.

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5 commenti     2 recensioni    

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2 recensioni:

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  • Rocco Michele LETTINI il 10/12/2014 09:30
    Non sarà mai letta... ma la custodirai nel cuore... per cotanto prodigarti... Incisivo dal tuo animo...
  • roberto caterina il 10/12/2014 05:39
    Come tu dici una lettera che non sarà letta va scritta lo stesso perché non è solo un atto di vanità...

5 commenti:

  • silvia leuzzi il 11/04/2015 13:48
    Grazie, grazie davvero Stanislao non è davvero una situazione facile da gestire in una nazione dove i soldi sono rubati invece che investiti in servizi per i più deboli. Un abbraccio
  • Stanislao Mounlisky il 11/04/2015 11:13
    Questo tuo scritto mi ha colpito molto, e non poteva essere altrimenti. Non riesco se non lontanamente a immaginare i tuoi sentimenti di madre in una situazione tanto difficile. Anche Mileva, la moglie di Einstein, fu l'unica che non abbandonò mai il figlio, neppure quando fu ricoverato in un istituto.
    Comunque... il tuo scritto è bellissimo. Un abbraccio
  • sılɐɹʇsnɐ snɐʞ il 12/12/2014 18:18
    ...
  • silvia leuzzi il 10/12/2014 12:42
    Grazie di aver apprezzato
  • Chira il 10/12/2014 08:12
    Tu, figlio mio, anima innocente... e tu mamma sua, anima innocente e forte e fragile e donna-mamma speciale... Solo GRAZIE!
    Chiara

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