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Hakuna matata

Il piccolo elicottero atterrò sull'enorme spiazzale, era molto grande quel campo allestito per la quarantena. Il virus era ancora poco conosciuto e altamente letale. Sulla destra, quasi a toccare con la recinzione di ferro, erano stati ammassati diversi cadaveri, dovevano essere al più presto cremati.

Nei quattro capannoni prefabbricati, di simili dimensioni, venivano curati centinaia di uomini, alcuni deposti su brandine da campo e altri, per mancanza di letti, direttamente su delle coperte poste sul pavimento di legno.
I medici e gli infermieri, anche se appesantiti dalle tute di protezione, correvano da un capannone all'altro cercando di alleviare il dolore agli ammalati.
Erano scene strazianti, uomini che vomitavano sangue in preda ad atroci sofferenze prima di esalare l'ultimo respiro. Sembrava che fosse arrivata l'Apocalisse. I dottori si consultavano con gli specialisti di tutto il mondo e ricevevano aiuti da tutti gli Stati. Ogni casa farmaceutica inviava diversi tipi di farmaci ma sembrava che quel male fosse invincibile.
Il primo caso di contagio era avvenuto in Africa Centrale. Un uomo di circa trentacinque anni era stato morso ad una mano da uno scimpanzè . L'animale era stato catturato per essere venduto e, mentre veniva caricato su un'autocarro, aveva addentato la mano del cacciatore che spingeva la gabbia.
Non gli aveva procurato grandi danni e l'uomo tornato a casa dalla famiglia si era curato con degli impacchi di erbe medicinali.
Alcuni giorni dopo venne colpito da intensi brividi di freddo, dal rialzo della temperatura corporea che era arrivata quasi a 40 gradi , da dolori intensi allo stomaco e da conati di vomito.
Lo avevano portato all'ospedale più vicino e subito i medici avevano capito che la situazione era alquanto delicata. Ebbero conferma della gravità quando appresero dai parenti che lo accompagnavano dell'episodio del morso della scimmia.
Il paziente venne portato in isolamento nel reparto infettivi ed i familiari trattenuti in osservazione. Fatti i prelievi dei fluidi corporei ed analizzati scoprirono del virus, un nuovo ceppo, che assomigliava all'Ebola. Provarono a curare quell'uomo con i farmaci che credevano più adeguati ma, non ci fu nulla da fare e il giorno dopo Akin morì.
Il fratello ed il cugino che lo avevano accompagnato furono messi subito in quarantena mentre il piano di sicurezza veniva eseguito ed allertati tutti i presidi medici della zona Partirono per il villaggio della vittima diversi mezzi militari che facevano da scorta alle ambulanze e che sarebbero servite a delimitare la zona di contagio.
Tranne Aman , il fratello più piccolo, tutti i familiari di Akin morirono. Aman era in gravissime condizioni ma combatteva fieramente per sopravvivere
Furono allestiti i capannoni mentre i presidi militari avevano isolato la zona accertandosi che nessuna persona ne potesse uscire. Erano ormai più di un migliaio le vittime e nel campo erano rimasti in vita solo quattrocentoottanta indigeni ed una trentina tra medici e assistenti. Erano deceduti anche quattro dottori e sette tra infermieri e volontari. Probabilmente non si erano protetti adeguatamente.

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1 recensioni:

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  • Rocco Michele LETTINI il 17/02/2015 10:25
    Non resta che plaudirti per la tua scorrevole e magistrale sequera. Felice giornata.

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