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Marianna guarda il mare

Tutto scorre. Ogni cosa che ci passa alla vista sembra avere una sua natura uniforme, un suo moto costante e perpetuo, un’immagine riconducibile ad un pensiero fisso che si fissa nella memoria, una dimensione percorribile sempre e comunque con il pensiero. Eppure, tutto cambia, nulla resta immutato e immutabile; giusto il tempo di voltare lo sguardo e sono passati giorni, mesi, anni, vite intere che sembrano ma non sono più. E forse è giusto così, pensa Marianna, pensa che il paesaggio che è solita scorgere dalla finestra della sua casa può sembrare unico, immutabile ed eterno ma che in fondo, da un giorno all’altro e ripensandoci bene, non lo è mai. Il mare… il canto dei gabbiani al mattino. Il mare… amante in attesa del soffio del vento. Il mare, la notte, tra stelle in riposo ad aspettare, ore funeste ed ore liete, memorabili assoli delle comete, osteggiando il pensiero dell’eternità. L’eternità è un attimo per chi come Marianna ha lasciato la spensieratezza della gioventù ad una notte di pioggia. Un ostacolo improvviso, una frenata, uno schianto. Un dolente risveglio e le sue gambe non ci sono più. L’eternità è un attimo, il respiro di un bimbo nella culla, il saluto di chi parte (forse un addio o un arrivederci), un bacio appassionato. Tutto scorre e Marianna, dall’alto del suo privilegiato osservatorio, guarda il mare. Guarda il mare come se fosse l’immenso (e lo è…). È tanto vasto il mare che quasi non si scorge l’orizzonte. È il suo maxischermo sul mondo. L’inverno è solo, il mare. L’estate è pieno di corpi immersi e riemersi che vociano in continuazione. Arrivano echi alla sua finestra, parole confuse e grida di bambini (ma come sono dolci quelle grida, pensa Marianna). Il destino, è oramai convinta Marianna, le ha tolto certamente qualcosa, qualcosa di importante ma non essenziale (comunque e nonostante tutto). Il destino, giocoso e crudele, imprevedibile e incontrollabile è tanto distante, ma sempre vicino. E allora Marianna decide che, del destino, vicino o lontano che sia, ne farà una poesia, lo inciderà su un foglio di carta, lo infilerà in una bottiglia, lo chiuderà ermeticamente per poi lasciarlo andare… verso il mare. Un giorno, lontano o vicino che sia, non ha gran che importanza, qualcuno troverà imbottigliato il suo destino in versi. L’aprirà, l’esplorerà e certamente, senza alcuna esitazione, le spedirà il proprio nel medesimo modo. Ci sarà pure qualcuno che come me guarda il mare, si dice. Se lo guarda perché lo ama, perché ne è incuriosito o perché come per me (ma l’avrei amato comunque, il mare) è il solo panorama disponibile, davvero non mi importa. Tutto scorre. Come una poesia, come il canto dei gabbiani, come le voci dei bambini, come le notti stellate dell’estate, come la vita e le sue leggi, come il destino di ognuno. Questo, in fondo, pensa Marianna, affacciata alla finestra del mondo, dal suo osservatorio privilegiato. L’orizzonte certo si perde, i colori a volte sfumano ma gli occhi, gli occhi sono sempre li che aspettano vigili e osservano, cercano le onde e si immergono, trovano la vita e si perdono. E come è dolce perdersi nell’azzurra vastità…

 

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6 commenti:

  • Menichetti Serenella il 03/07/2011 22:03
    Bravo Federico, molto bello!!
  • Federico Magi il 25/02/2008 11:11
    Grazie Carlo, davvero gentile.
  • Carlo Caredda il 23/02/2008 21:02
    ti faccio i coplimenti anch'io, è raro trovare racconti di questo spessore
  • Federico Magi il 29/06/2007 17:13
    Grazie per l'apprezzamento, Antonello.
  • Antonello Gualano il 15/06/2007 12:01
    bravo federico! racconto triste, ma elegante e poetico. Molto ben scritto!! un saluto da antonello

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