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Il pipistrello

Su pilgioni e notti essidi a de notti essidi a merì curri curri e corcadì..""Il pipistrello esce di notte, esce di sera.. per te è ora di andare a dormire"Gigino aveva volato come un pazzo da un palo elettrico all'altro, rincorso da una lunga canna che, noi bambine del vicinato, tenevamo a turno tra le mani. Il povero pipistrello stava mal volentieri al nostro gioco, senza capire perché, tutte le volte che s'appollaiava sui pali del cortile, qualcuno lo cacciava ridendo. Lo aspettavamo tutte le sere anche se, in fondo, ci faceva paura sentirne anche solo il nome. Ci venivano i brividi a vedere quella palla nera che, con le ali spiegate ad ombrello, volava attorcigliandosi sui fili, con la testa all'ingiù. Sembrava un vampiro... ma inconsciamente ci riportava al buio fitto, alla morte, all'ignoto. Quando ci stancavamo di questo gioco, poiché era troppo buio per giocare a "perduscas", (pietruzze) c'infilavamo sopra la terrazza sovrastante il forno, a s'omu e s'olia, (un rione del paese) ed in mezzo ai gerani e sulle fave messe ad essiccare raccontavamo storie di "morti". Alcune ragazze dicevano: "Questa è vera, è capitata proprio a mia zia!". Altre del gruppo, invece, riferivano di averle sentite, ma tramandate, dai nonni. Storie di persone che, prima di morire, avevano avuto chiari segni premonitori di morte, oppure avevano dialogato con la morte che si presentava loro sotto mentite spoglie, ora come un cane o gatto nero, ma anche come gufo o come vecchi che poi sparivano all'improvviso, lasciando i poveretti in preda all'angoscia più nera. Tutte queste persone poi, prima di morire, avevano sentito campane a morto o preghiere recitate con voce solenne da processioni invisibili, che passava nei pressi delle loro case. Le storie erano tante e così ricche di particolari che ci tenevano con il fiato sospeso e, mano a mano che i racconti andavano avanti, anche il cerchio in cui eravamo disposte si restringeva perché, inconsciamente, ci si avvicinava l'una all'altra fino a ritrovarci strette quasi in un abbraccio. Spesso non ci rendevamo conto neppure dei richiami per la cena e, finché non venivano a stanarci di persona, non ci muovevamo, affascinate dal mistero della morte, anche se i racconti ne accrescevano curiosità e panico. Per noi, pre-adolescenti, la morte la vivevamo con terrore; ed in particolare era grande la paura di perdere i nostri cari. Francesca, la più vispa del gruppo, aveva una particolare verve... e, sul punto di salutarci, un giorno disse: " A crasi... attensioni a non intendi s'Ave Maria o su Babbu Nostu, chi tandu non c'è prus nudda e fai.." (A domani, speriamo che non sentiate persone pregare, Ave Maria.. Padre Nostro, perché vuol dire che non c'è più nulla da fare..) Si rideva a sentire queste parole, ma nascostamente facevamo le corna... Ricordo che quella notte non fu una notte serena, quei racconti mi avevano impressionato... Bevetti due bicchieri d'acqua prima di tuffarmi nel letto e sparire sotto le lenzuola. "Bevete prima di coricarvi, così gli spiriti cattivi non trovano spazio nella vostra gola!.." Lo avevo sentito spesso da piccola, ed ora capisco perché c'era sempre una caraffa piena d'acqua sul comodino... Quella notte mi svegliai molte volte e al mattino, con sorpresa, udii un brusio provenire dalla strada. Pensai d'essermi svegliata in ritardo, ma il vociare sembrava una nenia, una cantilena... No! mi accorsi che erano preghiere e che le sentivo nitide : "Padre nostro...". "Mamma!" urlai scendendo di corsa le scale con i piedi scalzi. In cucina, al piano terra, trovai mia madre che preparava la colazione. " Mamma, sto per morire! " dissi gridando. Mia madre, spaventata, m'abbracciò. "Cosa ti senti?" mi disse. "Sento preghiere, mi hanno detto che chi le sente sta per morire ed io le sento, le sento!..." risposi. "Stupida! Allora stiamo per morire in due, perché le sento anch'io, ma c' è Don Cannas là fuori che benedice i campi, tranquilla! tranquilla! ." Mi affacciai e vidi una lunga processione ferma vicino a casa, diretta a Papapisu(un fiume)... Tirai un respiro di sollievo: "Sono salva!" pensai." Chissà perché, quel giorno, la colazione la sentii molto più buona!... In realtà tutte le paure originano dalla paura fondamentale del morire, dalla consapevolezza che noi siamo persone finite e che un giorno moriremo. Questo è l'elemento irrisolvibile che crea tutte le altre paure. La soluzione consiste nel rassegnarci all'idea di doverci preparare a questo evento ultimo, accettando la propria condizione di esseri che nascono e che muoiono. . Dovremmo mantenere un pizzico di quel senso di onnipotenza che appartiene ai bambini nei primi anni di vita. Un bambino pensa che lui non morirà, pensa che muoiano gli altri, poi, man mano, si rende conto che anche per lui la morte è inevitabile. Perché? Perché l'IO del bambino è primitivo. Perché la coscienza del bambino è minima. Perché l'inconscio è più preponderante. Perché il bimbo, che non ha una coscienza sviluppata, non sa. Perché la vita di un bimbo è la vita che vivono gli adulti quando... sognano.

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3 commenti     1 recensioni    

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1 recensioni:

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  • Rocco Michele LETTINI il 12/06/2015 07:29
    Espressivamente straordinario... Serena giornata...

3 commenti:

  • Anonimo il 12/06/2015 19:08
    La nostra è la prima cultura moderna postindustriale che non ha elaborato una cultura della morte. Che non ha un orientamento nei confronti della morte. La morte è semplicemente diventata indecente. È stata rimossa. Però è dimostrato che le persone che riescono ad elaborare un senso che vada oltre la morte riescono a vivere meglio, con più leggerezza e sono anche più predisposte ad aiutare gli altri! grazie a tutti per i bei commenti.
  • Chira il 12/06/2015 16:39
    Bellissimo l'inserimento di frasi in sardo: rendono personalissimo il tuo narrare. Un crescendo di note gotiche, oscure, dal pipistrello simbolo della notte ai racconti sul mistero della morte sussurrati fra ragazzini complici, tra il serio e il gioco. Sono da meditare le ultime righe che sento completamente anche mie. Grazie! Bravissima Antonina.
    Chiara
  • Ellebi il 12/06/2015 12:56
    Il saper di dover morire ci è insopportabile, e fondamentalmente, credo, ci sia estraneo, se crediamo che siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio. Così, la vita diventa una lenta e lunga preparazione a quell'evento cui non possiamo sottrarci. Ottimo e saggio racconto. Complimenti e saluti.

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