Sono nato laddove muoiono i sogni.
Un mutuo, una moglie, un lavoro che ci permette di arrivare a fine mese a malapena, la sera al bar. Può essere questo un sogno? Sì. Dalle mie parti si. Sono nato dove nè si muore di fame, nè ci sono soldi per concedersi lussi particolari. I nostri genitori non sono avvocati, dottori, commercialisti, ma impiegati qualsiasi, con uno stipendio più che decente ma niente di più. Non ci comprano la macchina per il compleanno. Non hanno in mano il nuovo cellulare da regalarci il giorno del nostro diploma. Sono nato laddove i sogni muoiono. Sono nato dove la società ha fatto una strage delle nostre speranze e ambizioni. Con il fatto di abitare in case decenti, arredate, di non avere problemi con debiti particolarmente elevati, dove gli stipendi bastano, a volte appena per comprarsi il necessario ma bastano. Sono nato nella mediocrità, nella quale la gente è felice di vivere. Non ci si può lamentare, non siamo nè i peggiori, nè i migliori. Dal nostro scalino nella grande scalinata sociale possiamo compatire quelli che se ne stanno più in basso, e guardare con sdegno quelli che sono più sopra. La paura di provare a salire uno scalino, la paura di scivolare e finire più in basso ci fa stare fermi dove siamo, saldi, per ogni sera poi ringraziare di essere ancora al nostro posto. I miei amici sognano un mutuo, uno stipendio, un bar nel quale passare serate di noia, basta. A mio modesto parere è un sogno di tutto rispetto. La colpa del fatto che questo sia un sogno è della società, dello Stato. Ti fanno credere che basti un nonulla per finire in basso, ti bisbigliano di non rischiare, non ne varrebbe la pena. E così colpiscono nel segno. Ringrazi di dove sei, del fatto che non fai la fame, ma di ogni mese riuscire a scamparla, a essere salvo, il non essere inghittito dalla grande bocca della povertà ci rende ogni sera ingenuamente sereni.
Sono nato laddove muoiono i sogni.
V. G.