Perché sentiamo la necessità di scrivere? Perché le parole, la Poesia, la Prosa, il ritmo, il cesellamento di ideali in un nudo foglio immacolato? Perché servirci di uno strumento che si trova altrove dalla nostra possibilità di azione? Perché non vivere quello stesso pensiero che abbiamo intenzione di mettere su carta, secondo possibilità e volere? Perché abbiamo paura? O forse perché la vita ha bisogno di essere immaginosamente modellata per apparirci nella forma più conforme al nostro ideale di Verità e Bellezza? Rispondere a queste semplici domande è un po' come tentare di risolvere un mistero grande quanto l'uomo stesso. Provare ad emergere dal cieco caos della vita un segreto che ha accompagnato l'uomo nel corso di tutta la sua Storia nel mondo. Non sarebbe, invero, mai altrettanto semplice rispondere ai perché suscitati dal dolore, comprendere le cause, i significati, le sollecitazioni che la vita ha instillato in noi, agitando la sua azione in un tormento che esonera da qualsivoglia ragionevolezza. Perché è forse solamente questo quello che facciamo scrivendo: provare a curarci dall'antico male di essere al mondo, ordinare, o tentare di farlo, quell'intricato Caos che ci risucchia in un vortice di insensatezza senza speranza. La scrittura è la pena insensata del dolore modellata ritmicamente in una forma consona al nostro intendimento. Abbiamo bisogno di conoscere chi siamo veramente, cosa in realtà è accaduto nella nostra storia, come la vita si è mutata, liberata, svelata all'interno della nostra intimità e cosa ne è stato di noi al contatto con questa entità insondabile alla nostra coscienza. Chi scrive per una propria esigenza interiore non ha bisogno di alcun pubblico. Egli vara le sue instabilità, i suoi dubbi, le sue miserie e, restituendo alla carta i risultati di questa fruttuosa ricerca, ricolma il dolore di una pace artificiosa. Egli scrive per sé stesso. Se Dio, il cielo o la vita non hanno ornato costui di alcun talento, è lo stesso, Egli accosterà parole su parole per il puro desiderio di placare l'inquietudine che lo possiede. Non bisogna possedere il genio dello scrittore per poter accarezzare il pensiero di mettersi a scrivere: bisogna amare la vita infinitamente e con la vita tutte le conseguenze anche nefaste che vivendo si incontreranno nel proprio cammino. Ho sentito da tempo il bisogno profondo di cercare nell'insensatezza del mondo, una verità non ancora emersa; ho voluto vedere la profondità del mio essere, osservare nel fondo del dolore cosa la vita stava cercando di comunicarmi. Scrivere, per me, è come aprire le porte della mia interiorità, sondare una strada, una soluzione, un mondo non ancora raffinato che aspetta solamente di essere scoperto per innalzarsi all'immensità di una nuova luce ristoratrice.