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Diario 27/05/2016

Scendessi pure a patti col demonio io da qui non mi muovo. Cosa vuoi farci, mi crogiolo così ignorantemente nella mia condizione da reietto che quasi me ne compiaccio. È che arrivati a disperare, e Dio solo sa cosa voglia dire disperare, tutto assume le fattezze della farsa. Il gran viaggio della vita lo si vede come un gioco, e guardami bene, un gioco di miserrima importanza, dove burattini assai gonfi di ideali e prospettive non vedono... niente... ma sbattono, continuamente, contro cose, persone, contro se stessi, contro il mondo che li possiede. Un gioco. E io che me la guardo come uno spettatore non pagante.
Ho provato il disgusto non ancora ventenne. Ho visto questa cosa informe che era la giovialità, trasformarsi, da un momento all'altro, e assumere le fattezze dell'irrequietezza. Il mio disgusto comprendeva tutto quello che fino a qualche tempo prima consideravo assolutamente vitale. Era disgusto per gli oggetti, per questo sentire necessarie le cose, per questo averne bisogno, continuamente, indefessamente, in maniera allucinata, come tossicodipendenti in preda ad una crisi d'astinenza. Era disgusto per le persone, per tutte quelle persone che non avrebbero mai guardato un palmo oltre il loro naso, per la cattiveria, per il menefreghismo, per l'odio, per il rancore, insomma, per l'essere umano medio. Ma questo disgusto gettava radici più profonde, era un ribrezzo che toccava la vita nel suo intimo più sacrale, vedere nascere un fiore o il consolidarsi un palazzo, vedere la felicità, la falsa felicità, in questo mondo così ostile e per nulla vicino alle esigenze di ognuno, ecco questo mi portava ai brividi.
E oggi non è che sia cambiato molto. Il tempo ricuce gli strappi o più cinicamente ci mette nelle condizioni di abituarci ai nostri disastri. È quest'abitudine il motore di ogni relazione, ognuno coi propri problemi, non ci pensa, lo accetta.
Da monsieur Celine ho imparato come la meschinità vada innanzitutto sopportata. "Ero bambino allora, mi faceva paura la prigione. È che non avevo ancora conosciuto gli uomini". Ora che li conosco, gli uomini, e che ho visto talmente tante cose della vita da riempire un libro intero, la mia caghetta non diventa panico, no non sono così stronzo da temere ciò che non ha senso, semplicemente mi sopravvivo e accetto. È un modo assai curioso di combattere, anche questa una sottile arma di difesa.

 

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4 recensioni:

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  • frivolous b. il 31/05/2016 14:34
    È strano leggere queste tue pagine introspettive... ti senti "male e bene" allo stesso modo, e in particolare io di fronte a esse mi sento "nudo" più che mai...
  • Vincenzo Capitanucci il 27/05/2016 11:34
    la stessa " insopportabile nausea" mi colpì a 20 anni...
  • Anonimo il 27/05/2016 11:04
    Manco a farlo apposta, il 27 maggio 1894 nasceva Celine, uno dei più importanti, innovativi (e controversi) scrittori francesi del Novecento. Solo per questo meriteresti un premio. Potresti raccogliere questi bei deliri solipsistici in una narrazione di più ampio respiro, sulla scorta di Bernhard. Grande.
  • Rocco Michele LETTINI il 27/05/2016 08:34
    Espressivo quanto riflessivo racconto. ENCOMIABILE IL PERIODO DI CHIUSA CHE RACCHIUDE ELOQUENTEMENTE QUANTO HAI SEQUELATO CON MAESTRIA.
    *****

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