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La leggenda del santo ingollatore

La leggenda del santo ingollatore

Nel piccolo paese di *, incastonato nell’interno dell’isola, la vita trascorreva in modo assolutamente normale, tanto che potevi sentire, fin dalla piazzetta principale, le rimostranze di qualche pecora pascolante nelle campagne d’intorno, od anche il boaro intento a riprendere?" con mugghiî ancor più volitivi?" la vacca indecisa od il mulo lavativo, oppure, ?" perché no?" con orecchi ben’attenti, si poteva pur sentire la blandizia lisciante d’una brezzolina odorosa sull’erbe svogliatizze e indolenti.

?" Ahhh! Oggi càuru c’è..! 1?" poteva benissimo fare uno.

?" Èccaromio, càuru, càuru, chi ’buòi fari? 2 altrettanto bene poteva rispondere un altro.

Ma c’erano anche altre possibilità:

?" ’Gnura Gì, ch’àma ’fàri, è pronta ’p’a ’gniziòni? N’allistièmu? 3

?" Ka sì, sì, ’ronna Cuncè… pari ch’attruvàstuvu ’u spàssu, pirciànnumi ’u cùlu a ’mìa..! 4

Insomma, così dialogavano?" normalmente?" le finestre, arroccate fra i vicoletti serrati del paesello, le cui stradine spettinate s’aggrovigliavano in punto di raggiungere la chiesetta Madre.

***

Don Giovannino Crocetta, ?" inteso “’U ’Zìu Canna”, per il suo proverbiale talento di piegarsi ad ogni soffio accidentale di nuovo vento avverso, dimodoché la carena sua non avesse a temere (Dio ne liberi!), là per là (sai com’è), l’oltraggio di spezzarsi?" era un picaro nostrano, bello tondo, bassottello, di scimmiesca complessione, vile alquanto se del caso di tirar fuori i... corbelli, e in aggiunta molto facile a conoscer da lontano, per la camminata sua sbilenca che tirava un po’ da un lato.

Superata giovinezza senza troppo dar fastidio né alle cose né agli animali, approdò all’età di mezzo risolvendosi di dare, alla sua persona corta, un chiarore di sapiente, un odore di gran saggio, una specie di brillio... guadagnato con il tempo.

In paese, a dire il vero, non dava noia a nessuno, e tutta la sua scempiaggine, alla fin fine, si riduceva, oltre che allo schivar con scaltrita perizia l’offesa del lavoro5 (a meno che non si trattasse di quello esclusivamente intellettuale e contemplativo), a qualche plateale inarcata dei folti sopracciglioni e alla grave contegnosità con cui si dava l’aria di saperla oblunga?" e vissuta, imperrocchè ?" su qualsiasi sfumatura delle cose della vita, quindi nessuno faceva, poi, gran caso ai profondi, laconici sospiri con i quali il curioso cercopiteco rispondeva, praticamente, a quasi tutte le reciprocità con il suo prossimo.

?" ’Ròn Giuvannìnu… cheffà, s’u pìgghia ’n cafè? 6?" gli facevano al bar, tizî intercambiabili.

?" ... ?" rispondeva con epigrafica eloquenza quel saggio ilobate, gravemente sospirando ed il capo crollando, ma con gran dignità accettava puntualmente caffè, cognacchino, vermouttino, fernettino, marsalino, moscatino, zibibbino che si fosse.

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