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Passa, passa... passa sta cazza di palla!

I ragazzi sono al centro della strada semideserta. Rare auto trovano involontaria funzione di arbitro che sospende la partita per qualche attimo, dove tutto resta immobile come negli ultimi film di Fellini e Totò. La scena riprende e Filippo non sente ragioni, oggi fa tutto da solo e Roberto, due passi avanti e 10 metri a destra, smoccola rabbia e saliva nelle parole velenose. Filippo lascia il pallone con lo sguardo per un attimo e cattura nell'unico fotogramma la mezzaluna dell'area disegnata da quell'artista di Andrea solo dieci minuti fa, i terzini, i due pali di pietre e magliette ammucchiate, misura lo spazio che divide fra loro le cose e da sè. Avanza in un dribbling infinito fra avversari sorpresi e indolenti, salta il portiere, passa la linea bianca, l'indice e il medio uniti graffiano l'asfalto e poi le sue labbra, due volte, mentre la mano raccoglie al petto il pallone. Poi scoppia nella catarsi col goal nell'urlo graffiato che si fa collettivo nel mucchio di giocatori alla trequarti, nei pressi del civico 41 di via Michelangelo Signorile. Giostra di grida e groviglio di corpi a scambiarsi la vita dentro gli schizzi puzzolenti di sudore. Roberto lo raggiunge e tutto quel veleno cede adesso al suo opposto e fiorisce nel salto sulla groppa già ingombra dell’amico. Lo abbraccia come se volesse strozzarlo.

 

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