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IL MIO CANARINO SI CHIAMAVA ANDREA

La vacha malha (Lou Dalfin)



ANDREA

Ma c'è davvero bisogno di una storiellina minimale?
Non lo so, non sono miei problemi.
Comunque, tanti anni fa, avevamo in casa un canarino arancione. L'ospite cominciò a svolazzare nella sua gabbia che era già un maschio adulto, mentre io, seppure anagraficamente più vecchio, ero in età prescolare. L'avevo chiamato Andrea. Certo è un nome inconsueto per un volatile, e già sento turbe flagellanti di apprendisti chierici scagliarsi contro quell’infantile decisione adducendo l'incontestabile fatto che non sta bene rinnovare il nome del santo ad ics in un miserabile pennuto. Ma io, fin da piccino, odiavo dare agli animali appellativi sciocchi, quali Fido, Fufi, Bobi, Cippi, o qualche altra tra le mostruosità più in voga dalle nostre parti e in quel preciso contesto storico, in un'orgia di puerilità e neologismi anglo-transalpini, tanto esotici quanto onomatopeici. Quel sentimento era dovuto al mio segreto piacere nell'apparire un po' originale, e chiamare Andrea un canarino era senz'altro originale. Lo trovavo un bel nome per un uccello, molto buffo. Intendiamoci, sarebbe stato altrettanto buffo chiamarlo Gianluca, che è il mio nome, ma credo che non faccia piacere nemmeno ai bambini vivere il ridicolo troppo da vicino. Andrea mi faceva ridere perché era un nome da grandi, il mio era, almeno per personale esperienza, un nome da bambini. Vuoi mettere?
Andrea prosperava nelle sue due spanne cubiche di ferro a sbarre becchettando mangime e un osso di seppia bianchissimo, nutrito, dissetato e riverito grazie ad una bravura canora senza eguali nel nostro condominio. Pensavo, è vero, che fosse un po' troppo intellettuale, come canarino, dato che aveva sempre il capo chino sul foglio di giornale che, dal fondo della gabbia, gli fungeva da cloaca, ma se trovava piacevole tenersi informato sui fatti del mondo non sarei certo stato io ad impedirgli l'innocente sollazzo. Così ogni mattina, alle sette e trenta, Andrea aveva una nuova latrina consistente nella prima pagina del quotidiano locale. Se gli piegavamo in fondo alla gabbia una pagina del giornale del giorno prima, smetteva di cantare. Una volta, per sbaglio, utilizzai la pagina dei necrologi; se ne accorse subito, producendo in pochi minuti una quantità di guano tale che dovetti eliminare subito quel fogliaccio fetido.
Quali sconvolgimenti interiori - non solo in senso figurato! - può provocare il pensiero della morte negli animi più sensibili! Eppure la morte era lontanissima da Andrea, che se ne sarebbe andato molti anni dopo, con le piume ormai diventate rosa pallido.
Ma i tempi, più prossimi a noi, dell'Andrea scolorito, dovevano ancora venire. Intanto aveva necessità di cinguettare per una compagna.
E la compagna, nel senso più romantico e meno politico del termine, arrivò una mattina dal cielo bianchissimo di una primavera che faticava a decollare. Sul davanzale della finestra della mia camera trovammo la Gialla.

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