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Rimpianti

Ho incontrato Rosa d'estate, a Montagnana, un piccolo paese medioevale, vicino alle mura merlate di un vecchio castello. Quella domenica c'era una festa paesana all'aperto, lei stava da sola e io le ho offerto il gelato.
Nei giorni seguenti l'ho cercata di nuovo e l'ho invitata al bar. Rosa è una ragazza semplice, di 28 anni. È la donna ideale per stare insieme a un uomo e trascorrere una vita tranquilla e senza grandi pretese.
Per tutta l'estate siamo stati sempre insieme; l'ho portata alle feste, a vedere paesi nuovi e le ho fatto piccoli regali. Nei lunghi pomeriggi restavamo insieme su una panchina, a baciarci, a parlare d'amore, a parlare di noi e dei nostri progetti futuri.
Durante l'inverno siamo stati ancora insieme e nell'estate successiva il nostro rapporto era consolidato.
Rosa parlava sempre più spesso di matrimonio e a poco a poco anche io compresi che questa era la soluzione migliore. Facevamo tanti progetti insieme. Parlavamo di noi, del nostro futuro e qualche volta abbiamo fatto l'amore.
Rosa voleva dei figli. Immaginava come sarebbero stati, quali giocattoli avrebbe regalato. Mi diceva i nomi che le sarebbe piaciuto dare ai nostri figli, nomi femminili, nomi maschili
Arrivò un autunno lungo, quasi disperato; le foglie gialle e la natura in disfacimento sembravano annunciare la fine di qualcosa.
In novembre parlai con i genitori di Rosa e allora arrivarono i primi problemi: il mio lavoro di scrittore non era sufficiente a mantenerci e dovevo trovarne uno più redditizio. Io non intendevo vivere con i familiari e cercavo una casa in affitto, perché non avevamo denaro sufficiente per comprarne una.
Col passare del tempo le difficoltà aumentavano: i parenti si dimostravano ostili. Io non riuscivo a trovare il lavoro e neppure la casa. Poi in gennaio mi ammalai e dovetti curarmi all'ospedale per quasi un anno.
Tutti questi problemi richiedevano molto tempo e non potevo più andare da Rosa. Stavamo insieme sempre più raramente, finchè alla fine smettemmo di vederci; ci è mancata la forza di superare tutte le avversità.
Adesso sono trascorsi alcuni anni e fra noi due è tutto finito. Io penso al passato, penso ai bei giorni che abbiamo trascorso insieme. Penso a tutte le promesse che ti ho fatto e che non ho mantenuto; tutte le cose che ti ho detto e che non si sono avverate; tutti i progetti che non si sono realizzati.
La vita insieme da trascorrere in una casetta, i nostri sogni di felicità e benessere erano tutte illusioni che si sono spezzate contro la dura realtà.
Niente si è avverato e io provo un profondo rimpianto. Non è stata tutta colpa mia; le circostanze sono state avverse, il lavoro non ha funzionato, il denaro mancava e poi è arrivata la malattia.
Adesso ricordo quando tu sceglievi i nomi da dare ai nostri figli e alle figlie Quei figli che non sono nati, ora mi tormentano e mi puniscono.
Adesso penso a tutte le promesse che ho fatto a Rosa, a tutti i giuramenti, i progetti, le speranze, i sogni. Tu hai creduto in questi progetti e allora anche io ci credevo. Ma il destino è stato beffardo e ha distrutto il nostro sogno d'amore.
Nella solitudine io penso a Rosa. Penso a come sarebbe stata la nostra vita insieme, penso ai progetti falliti, al nostro amore finito e ai figli che non sono mai nati.

Gennaio 2002

 

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