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Il bacio alla zia

Appurato che non sarei andata a scuola, feci il programma della giornata.
Intanto restai a letto a lungo, crogiolandomi nel tepore delle coperte. Ogni tanto scappavo alla finestra a controllare che non smettesse di nevicare. Avrei telefonato a qualche compagna per sapere se fossero andate a scuola oppure no. Poi avrei chiesto a mamma il permesso di scendere in giardino con Pepe a giocare con la neve. Nel pomeriggio mi sarebbe piaciuto incontrare le mie amiche per tirarci le palle di neve. Ero felice.
Il libro che mi aveva regalato mamma per il compleanno s' intitolava "Il tamburo di latta."
Non avevo voglia di leggere. Lo sfogliai e mi ripromisi di cominciare a leggerlo al più presto, magari nel pomeriggio tardi. O meglio la sera. Tuttalpiù il giorno dopo. Oppure tra qualche giorno. Domenica sarebbe stata la giornata adatta. Lo comincerò domenica, pensai convinta. Lo poggiai sul comodino. Urtai con il libro il lume che cadde in terra e si ruppe la lampadina.
Pensai se dirlo o meno a mamma.
Non lo dissi. Scesi dal letto e andai giù in salotto senza farmi sentire.
Il salotto buono era tabù.
Ci si poteva entrare solo durante i ricevimenti di ospiti importanti e parenti lontani.
Lunghi pomeriggi costretta a sedere vicino a mamma a sorridere ai colleghi di papà o alle vecchie zie che mi portavano un regalo dopo la befana, quando ormai non avevo più voglia di regali. Mi davano il disgusto come guardare l'albero di Natale da disfare il sette gennaio.
Zia Silvana veniva a far visita qualche giorno dopo l'Epifania. Aveva sempre in mano due pacchi. Uno conteneva ineluttabilmente pasticcini da tè, l'altro rappresentava la protesi artificiosa delle feste natalizie, un prolungare l'attesa dei doni che spesso deludeva le aspettative.
Col senno del poi imparai che quei doni tanto disprezzati erano gli unici che rimanevano impressi nella mia memoria sino ai giorni nostri.
Il pacco con il regalo per me restava appoggiato a lungo sulla poltrona di destra. Io lo fissavo e non mi muovevo. Prendevo il tè, attenta a non sgocciolare sul divano buono e tenevo d'occhio il pacco che mi occhieggiava beffardo.
Aspettavo un cenno per poter scartare quel dono ritardatario.
Molte volte restava sulla poltrona sino alla fine della visita, quando la vecchia zia Silvana, nel rimettersi il cappotto col collo di volpe, con un urletto affettato diceva: "Uhh che sbadata! Quasi dimenticavo! Questo è un pensierino della befana della zia per te, piccolina!" E mi assestava un grosso pizzico dolorosissimo sulla guancia a cui seguiva scartamento pacco e moine di mamma: " Ma non dovevi, perché ti sei disturbata, sapessi quanti regali ha ricevuto, proprio non dovevi, ecc. ecc." Infine, temuta ma inevitabile la seguente terribile frase: " Lucia, dai un bacio alla zia!"
Il bacio alla zia.
Dovevo proprio.
Una volta titubai troppo a lungo e zia Silvana forse se ne accorse e mi disse: " Come sei restia a baciare la zia!"

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1 recensioni:

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  • Stanislao Mounlisky il 30/03/2015 17:25
    strano percorso in ricordi senza capo nè coda... ma la memoria è così... non decidiamo noi cosa ricordare...

2 commenti:

  • Alberto Veronese il 31/01/2009 17:34
    davvero un gran racconto, e un piacere leggerlo.

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