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IL TERNO A LOTTO

Napoli.
È uno dei primi giorni di dicembre. Già si avverte l’atmosfera delle festività natalizie: i negozi e le strade hanno iniziato ad addobbarsi.

Questa città, com’è noto, ha una sua particolare affezione al Natale, consolidatasi nel corso dei secoli. Nonostante il progressivo decadimento dei valori e degli usi ad esso connessi, resiste e persiste l’attaccamento dei suoi cittadini alla festa più sacra dell’anno, che trova il suo fulcro principale, la sua sublimazione, nella preparazione e nella cura dedicata all’allestimento della sua rappresentazione che si concretizza con il Presepe. Raffigurazione che si tramanda da otto secoli, da quando Francesco d’Assisi realizzò la prima ricostruzione vivente della nascita di Gesù, nel paese reatino di Greccio.

Questa sacra riproduzione conserva ancora a Napoli tutto il suo intenso significato, che ha prodotto una plurisecolare tradizione del Presepe, a cui hanno contribuito anche artisti di talento. Intorno alla “Sacra Famiglia” si sono creati gli scenari più diversi e collocati i personaggi più disparati, in aggiunta a quanto descritto nel Vangeli di Luca e Matteo ed in alcuni vangeli “apocrifi”, frutto della fantasia e della creatività dei napoletani.

Potevano rimanere immuni da questa magica e mistica atmosfera, i nostri due ineffabili “filosofi” napoletani: Gennaro Platone e Ciro Aristotele, già protagonisti di altre curiose e strampalate vicende?
Certamente no!

Cerchiamo, allora, di scoprire qual è il loro atteggiamento ed il loro “profondo pensiero” sulla festività dell’anno per antonomasia.

È un lunedì, giorno di chiusura settimanale della pizzeria di Ciro. Sono le undici circa di una giornata autunnale in cui il sole si alterna alle nuvole in un naturale gioco di rimpiattino.
Ciro e Gennaro, come sono soliti fare spesso, passeggiano tranquillamente per le vie del centro di Napoli, discorrendo, a modo loro, del più e del meno.

“Né Ciro, pure chist’anno s’accummincia a praparà o Natale primma d’a festa dell’Immacolata!”
Afferma dispiaciuto Gennaro alla vista di numerose vetrine con i primi ornamenti natalizi.
“È overo Gennà, ogni anno s’accumincia sempe primma: già so’ pronti i panettoni i pandori rinto ‘e pputeche, ‘e lluci in mieza ‘e vie”. “ Che se fa pe’ vennere sempe e cchiù”. Ciro s’interrompe un attimo per riorganizzare il suo pensiero in proposito.

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