username: password: dati dimenticati?   |   crea nuovo account

Sola al mondo

Mi sveglio completamente sudata, è successo ancora, un’altra volta, e per l’ennesima volta non riuscirò a riaddormentarmi. Non capisco proprio il perché questo sogno mi perseguita, in fondo non so neanche cosa significhi. Non faccio in tempo ad alzare la testa dal cuscino e a levarmi la coperta che un vento gelido mi entra nella pelle, raggiunge le ossa, deboli, fragili, rabbrividisco e mi cingo la coperta attorno alle spalle, che buffa che sono, sembro uno di quei mendicanti zoppi che camminano squadrando tutti da capo a piedi, poi realizzo di non esserci davvero tanto lontano, ma ho imparato a fregarmene del giudizio della gente, sono solo parole e pensieri passati in una mente vuota ed egoista e buttate al vento da una bocca che non sa stare zitta neanche davanti alla pietà.
Sbadiglio e alzo la testa, le mie iridi vanno a scorgere un cielo sereno, forse il più bello dell’ultimo mese, pieno di luccicanti stelle che, piano piano, stanno svanendo nella calda e tenue luce dell’alba. Un sorriso si allarga sul mio viso, ma non uno di quei sorrisi di quando sei allegro, felice, soddisfatto della tua vita. No, un sorriso di beatitudine, perché per un momento l’hai dimenticata, la vita. mi perdo in quel cielo, nel quale vorrei svanire, ma qualcosa mi riporta alla realtà, un luce abbagliante, quella del lampione poco distante da me, sono le 5.
Raccolgo il mio cuscino sgualcito, la mia coperta rovinata e il mio zaino e mi metto in cammino, il sorriso stampato in volto, che nel corso della giornata si sarebbe spento pian piano, a ritmo dei passi dei miei piedi stanchi e infreddoliti, eppure sentivo che quel giorno sarebbe stato diverso, speciale, qualcosa sarebbe successo e avrebbe cambiato la mia vita per sempre. Giungo alla bettola, così la chiamo io, quell’osteria sudicia e malfamata, frequentata più da topi che da persone, molte volte più sordide di loro. Entro, non saluto neanche più, la risposta sarebbe in ogni caso una parolaccia, e a me non piacciono per niente. Mi dirigo in quella che dovrebbe essere una cucina e, come ogni giorno, comincio a pulire il pavimento infestato da rivoltanti ratti e sporcizia di ogni genere. Credo di essere arrivata a odiare quel posto, la gente mi passa davanti e mi ride in faccia, quando va bene lo fa senza sputarmi addosso, mi chiamano “la giovane bastardella”, senza nemmeno conoscere a fondo la mia storia. Si divertono alle mie spalle, a volte mi afferrano per i capelli e mi costringono a ballare su una sedia o un tavolo, solo per puro divertimento. Si approfittano di me, abusano del mio corpo, mi usano come il loro piccolo giocattolino, solo per la mia candida e inviolata giovinezza, mentre si fanno versare vino e vodka fino a che esauriscono quei pochi soldi che gli rimangono in tasca e quella sanità di mente che, nel loro caso, non serve ad altro che a far del male. Poi mi lasciano sola con i miei pensieri, fino alle 5 di pomeriggio, quando prendendo le mie cose torno in strada, un luogo sicuramente più accogliente di quello. Ma la vita continua, e quando sei in una situazione come questa te ne rendi conto per davvero, la città così caotica, la gente che va e viene, il suono di un clacson, il cinguettio impercettibile degli uccelli, tutto si confonde eppure acquista un significato diverso. Vorresti tanto tornare indietro, rimediare in qualche modo, ma nel mio caso neanche questo servirebbe a qualcosa, perché qualcuno a cui volevi bene ha fatto un errore, e quella che ne deve pagare le conseguenze sei tu, non è giusto, non è quello che ti aspettavi. Avevo tanti sogni, tante aspettative, questo non era il mio futuro, e lotterò con tutte le mie forze per fare in modo che non lo sarà, ma l’ingiustizia c’è, e a quella non c’è più alcun rimedio, ormai le cose stanno così, non mi resta che rassegnarmi, ma vorrei almeno non essere così sola. Con le solite preoccupazioni, i soliti problemi, le solite domande senza risposta giungo in un bel parco, forse l’unica cosa intatta e pulita di quei luoghi, mi siedo su una panchina e riposo le mie stanche gambe. È a quel punto che una piccola bambina inciampa davanti a me e cade sull’erba fresca, la aiuto ad alzarsi ma, non appena incrocio il suo sguardo, rabbrividisco e mi paralizzo. Un viso tenero e innocente è solcato da lacrime amare, gli occhi, rossi e gonfi per il pianto, sono di un azzurro oltremare, assolutamente meravigliosi. La riconosco, sì è lei, è la bambina del mio sogno, quella bimba picchiata e torturata da due uomini, due mostri, spietati e orribili.

12

1
3 commenti     0 recensioni    

un altro testo di questo autore   un'altro testo casuale

0 recensioni:

  • Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
    Effettua il login o registrati

3 commenti:

  • Paola Bonc il 26/08/2008 16:24
    Spettacolare... tanto quanto triste, ma molto molto bello!
    Ricco di sentimento e di lacrime.
    Brava!
  • Alfa Alfa il 23/04/2008 19:34
    Cristallina e spietata la lucidità del tuo sguardo. Scrivi benissimo... ti faccio i miei più vivi complimenti, le tue parole sofferte straboccano d'amore. il racconto ha una struttura matura a tal punto da farmi chiedere se veramente la tua età sia così giovane.. ad ogni modo credo che leggerti possa arricchire.. spero di poter leggere presto un tuo nuovo racconto... 10+

Licenza Creative Commons
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0