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storia di un minuto

Ora. Esterno giorno. È un cimitero asciutto, piccolo, pulito. Un paese poco fuori città, incastonato in valle: aria rarefatta. Primo pomeriggio, un sole novembrino scalda e allieta. Un giovane e una donna sulla cinquantina camminano affiancati. Brigano assieme attorno a una tomba: aggiustano sassi, danno da bere ai fiori. Ad un determinato istante il giovane sembra ricordarsi di qualcosa, o qualcuno. Si addentra nella galleria del cimitero e scompare. La donna rimane sola.

C'era questa Flavia, me la ricordo. Non ti staccava gli occhi di dosso. Indossavi un completo strepitoso, stretta giacca e pantaloni a zampa, comprensivo di panciotto. Quella camicia biancastra. La cravatta corta e rossa. Avevi gli occhi ingenui. Più ingenui dei miei.

Getto ancora un'occhiata alla foto la giro e rigiro fra le dita. Il trattamento digitale mi ha reso assai più pallida. La grana ormai rovinata svela tratti esili, fragili, quasi incorporei. Il mio viso a tratti atterrito però, sembra rivolto al futuro più che all'obiettivo.
Dico.
Lui sarà mio, è già mio.
E ti poso la mano sull'addome.

Dovevo aver bevuto, seppur poco: apparivo alticcia. Flavia sembrava più lasciva del solito, lei beveva tanto e senza particolari tribolazioni. Ti si struscicava lungo il fianco. Avevamo rotto a causa sua? Avevamo quasi rotto a causa sua. Tu avevi un'aria stupita, rivolto com'eri a qualcun'altro più in là, qualcuno che forse, ti aveva chiesto qualcosa. Facendoti cenno con lo sguardo.
Era venuto a chiederti del nostro amore?

Eri bello. Non eri ancora vecchio.

E mi bastavi.

Ho in una mano questa vecchia foto. Credo fosse l'ultimo giorno dell'anno, quello a cavallo fra il 1972 e il 1973.
Ora è invece il 2007, ti parlo ancora ma un mucchio di terra ci separa, e nell'altra mano impugno un crisantemo.

La malattia ti ha cambiato, o meglio, ti ha portato via. Lei è l'unica che è riuscita davvero a portarti via da me.
Ma il tuo sguardo l'ho sempre avuto indietro, candido e nero nell'iride.

C'era questa Flavia. Me la ricordo. Seni grossi, ampio e limpido sorriso, fare disinibito.
Non c'è stato nulla da fare. La adoravo. Era tutto quello che io non avrei mai potuto essere. Due tette così piene non ce le avrei mai potute avere. E neanche un culo così tornito. Però io avevo qualcosa che lei non avrebbe mai avuto.
Il tuo amore.

È tutta questione di un minuto. Il giovane torna, serafico, passo cadenzato. Si avvicina alla madre. Non parla. Guarda un po' a terra, tiene le braccia incrociate. Inspira. Espira. Con molta rapidità raccoglie una borsa da terra, la porge alla madre, la aspetta salutare il marito e il padre.
Escono assieme, fianco a fianco, lui molto più alto di lei. Lui sembra volersi voltare, per un istante, come chiamato da qualcuno. È solo un istante.

 

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4 commenti:

  • Anonimo il 10/08/2013 13:39
    Ha qualcosa a che fare col disco della Premiata?

    Suz
  • Isaia Kwick il 06/07/2011 02:22
    Davvero una bella storia, ben scritta, mi è davvero piaciuta molto!
  • ELISA DURANTE il 13/02/2011 16:41
    È più facile parlare... in certi momenti... e si può comprendere e accettare saggiamente tutto... Perspicace!
  • Anonimo il 26/02/2008 21:55
    Storia lineare e scorrevole!!!

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