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Incomunicabilità

Sono da poco entrato in biblioteca, per riscaldarmi e sfuggire al gelo dell'esterno. La sala è accogliente con mobili di cristallo e acciaio e quadri astratti alle pareti. Tende rosse e verdi completano l'arredamento.
Attorno a un tavolo ovale stanno seduti alcuni miei amici che discutono vari argomenti, con più o meno competenza. Quando i partecipanti sollevano temi dei quali è noto il mio interesse, un amico chiede il mio parere. Io fingo di non aver sentito la sua domanda. La discussione prosegue, qualcun altro vuole sapere il mio punto di vista e fingo disinteresse o noia. Un altro insiste ancora e io fingo incompetenza.
Mi comporto sempre così, da quando ho capito che è impossibile comunicare. Le parole non sono numeri. Le parole hanno troppi significati, si prestano a troppi malintesi.
Le parole sono interpretate in modi differenti secondo il certo sociale, la cultura, il sesso. Gli ascoltatori interpretano il significato che desiderano, quello che va bene per loro, quello che serve ai loro scopi. Poi ci sono gli involuti che fraintendono sempre e interpretano un significato ridotto, adatto alle loro capacità mentali.
Inoltre le parole sono ganci, uncini, e nell'ascoltatore attirano pensieri estranei, associazioni fuorvianti, concetti non pertinenti. E allora ho deciso di parlare il meno possibile, con gli amici e con le donne.
Se descrivo una mia esperienza: chi non la ha provata non mi capirà, e a chi la ha provata non servono le parole. Rare volte sono riuscito a comunicare con persone che avevano i miei stessi gusti, interessi, cultura e sensibilità. Con queste anime gemelle sono servite poche parole per intenderci.
Ma con la maggior parte delle persone è impossibile dialogare. I dialoghi sono composti di banalità, frasi cliché, giudizi stereotipati, pensieri prefabbricati Le convenzioni: queste scatole costruite da uomini del passato ripiene di abitudini, preferenze e giudizi che non ci appartengono e che seguitiamo a spacciare.
Le convenzioni sono metri per misurare le persone, le loro opere e le loro vite. Senonchè questi metri sono deformi, sono limitati, sono distorti e tutte le conclusioni risultano altrettanto distorte e miseramente incomplete.
Perciò non intervengo più nelle discussioni, non mi sforzo più di istruire gli ignoranti, non rispondo più alle domande, evito i dialoghi e rimango in silenzio. Ho tutto da guadagnare! Mi trovo in una massa di fanatici, robot al servizio del conformismo che agiscono solo per il proprio interesse. Purtroppo ho incontrato molti ascoltatori ipocriti.
In passato io davo disinteressatamente alle persone le mie conoscenze, le mie conquiste spirituali, i risultati delle mie scoperte. E i maledetti ascoltatori correvano a riferire i miei pensieri ai miei nemici. Facendo così, questi ipocriti spioni acquisivano credito dai potenti, ricavavano ricompense e favori. È una situazione triste, provata e riprovate, ripetuta centinaia di volte.
Finalmente ho detto basta! Basta con le parole, basta con i pensieri elevati in una società succube e robotizzata, che desidera solo servire i potenti per ricavare favori e vantaggi personali.
Dunque, per concludere, il nuovo dialogo adesso sarà il silenzio.

Gennaio 2002

 

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2 commenti:

  • Anonimo il 06/03/2009 19:19
    bello come racconto, ma mi da un'idea di arroganza più che altro

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