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1 - Un Venerdì. Inizio Agosto.

Sono quasi le 6 e 30 e l’autobus sta arrivando al casello. È Venerdì e la faccia di Guido lascia trasparire tutta la stanchezza della settimana: barba incolta, occhiaie, vestito un po’ stropicciato. Sono 4 anni che lo conosco e ogni volta quando arriva questo periodo non parliamo la mattina: troppi turisti, troppe valige. Tutti preoccupati di arrivare per tempo a Roma, tutti con la testa già in vacanza, già presi dalle loro mete.
Guido invece è la, con la sua 24 ore poggiata in verticale sulle gambe, sguardo un po’ perso nel vuoto, ma comunque sempre gentile, non manca mai un “buongiorno” oppure un “prego”. Anche oggi lo aspetta una dura giornata di lavoro. Io invece sono fortunato ho le mie due corse preferite: quella di stamattina e poi il ritorno delle 17 e 30, ciò significa che approfitterò per godermi un po’ Roma.
Ok, casello, telepass, autostrada. Il traffico del Venerdì estivo non ha nulla a che fare con il resto della settimana: è scorrevole, è pure piacevole guidare. Certe volte con la mente inizio a spaziare e immagino di portare in gita nella città eterna una 5a elementare. Il mio collega è il professore, sì Giovanni ce l’ha faccia da insegnante; uno di quelli con la valigetta in pelle marroncino, sulla cinquantina, occhiali con cordoncino e microfono alla mano. I passeggeri dell’autobus sono gli alunni. Ovviamente i più indisciplinati sistemati agl’ultimi posti per far casino. Guido invece nell’immaginario da classe elementare è al primo posto. Seduto in silenzio scambia solo qualche parola con il maestro. La cosa più indisciplinata è fare a gara con il suo compagno di posto ad indovinare le targhe delle macchine:
- PE?
- è Pescara ovvio!
- FI?
- Firenze!
- PT?
- Potenza?
- No!
- Pistoia!
- Bravo Guido!, be adesso state tranquilli che tra poco l’autista si fermerà all’area di servizio.
Era vero!
“Signori faremo una sosta di 10 minuti, siete pregati di non tardare”. Era la consueta sosta che facevamo a metà strada. Una volta ricordo che mancava un passeggero. Erano passati 15 minuti, era Lunedì ed eravamo pure in ritardo, dopo due conteggi il mio collega era esasperato: continuava a mancare una persona. A questo punto dopo due colpi di clacson davanti all’autogrill siamo ripartiti e Giovanni disse la famosa frase: ”tanto domani ci ripassiamo!”.
L’estate romana era sempre un bel periodo, la capitale offriva scorci mozzafiato, tutto è più affascinante. Ricordo qualche anno fa, appena arrivati alla Tiburtina, il rituale era il solito, con Giovanni andavamo da Mario, il bar tavola calda all’angolo di fronte alla stazione. Nel quartiere era risaputo lui era un maestro nel fare il caffè, appena entriamo, dice ad alta voce all’altro barista “aoh aggiungi du tazze pe gl’abruzzesi!’.

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2 commenti:

  • Marta Niero il 17/05/2008 00:43
    abili pennellate di pacata quiete.. uno squarcio di vita vissuta, che potrebbe essere reale, che potrebbe essere di fantasia.. ma questo importa poco, perchè ci si immedesima nei personaggi da poterne diventare protagonisti...
    proprio carino, Emilio..

    M

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