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Nessun dorma!

L'osteria era un perfetto campionario della varia umanità del paese e così accanto al farmacista, di giorno impettito e di sera compagno di bisbocce, sedeva il salariato, rotto dalla fatica del lavoro nei campi; fianco a fianco stavano poi i cornificatori e i cornuti e spesso interpretavano entrambi i ruoli.
Benché si formassero dei gruppi, quando l'argomento di uno diventava interessante si perveniva a una formidabile compattazione e allora, fra frequenti innalzamenti di voce, risate sguaiate e moccoli ben aggiustati, la serata proseguiva come una grande festa, in una vera e propria simbiosi collettiva.
Del resto, i personaggi non mancavano, con le loro storie, in parte inventate, sì che l'impressione era di trovarsi a una corte dei miracoli.
Prendiamo il Guercio, tale Annibale Chiocchetti, ma chiamato così per via di quell'occhio che gli mancava, perso in guerra, e sostituito con una sfera di vetro non ben fissata e che ogni tanto, sporgendo eccessivamente dall'orbita, gli cadeva sul tavolo, dove saltellava fra i bicchieri e il fiasco di vino. Se non fosse bastata la menomazione a connotarlo, c'era il suo acuto spirito di osservazione: nulla e nessuno sfuggiva al suo sguardo. La circostanza non sarebbe stata una gran cosa, se non fosse stata accompagnata dai coloriti commenti che uscivano dalla sua bocca sdentata.
Né si accontentava di argute e ridanciane osservazioni, ma si divertiva a coniare nomignoli di ognuno e, quasi sempre, del tutto azzeccati.
Così l'affossatore comunale Ludovico Bianconi, il più cornuto in paese, era conosciuto da tutti, lui compreso, come Tricorno, mentre sua moglie, ninfomane emerita, era chiamata Unapertutti. Non c'era cattiveria, però, in questa esaltazione delle disgrazie e dei vizi altrui, ma solo un eterno spirito da ragazzini che con i lazzi e gli scherzi evadevano la monotona realtà quotidiana.
A volte, tuttavia, lo scherno incupiva o rattristava il soggetto preso di mira e alla fine la risata degli altri lasciava un amaro in bocca, come quando un fanciullo scopre che la vita non è solo gioia.

Accadde così una sera d'inverno, fredda, nebbiosa più del fumo delle sigarette dell'osteria, e la vittima fu un uomo schivo, riservato, che nascondeva in sé la malinconia per un grande sogno spezzato. Giacomo Salami era raro che si vedesse in giro, se ne stava sempre ritirato in casa, con le persiane chiuse e l'unico segno certo della sua esistenza era dato dalle romanze d'opera che ascoltava in continuazione, tanto che molti si chiedevano come potesse essere così longevo il suo giradischi.
Le visite all'osteria erano del tutto sporadiche e quando vi andava era perché si sentiva più giù di corda del solito e allora affogava la sua disperazione nel vino.
Quella sera, come entrò, andò a sedersi al tavolo in angolo e ordinò un bel fiasco di quello buono.
Tutti sapevano della sua passione per la musica lirica, ma solo il Guercio era riuscito a scoprire proprio quel giorno il suo segreto: da giovane aveva avuto una promettente carriera da tenore, ma poi un problema alle corde vocali gli aveva stroncato voce e futuro.

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1 commenti:

  • Franca Maria Bagnoli il 24/02/2006 17:34
    Un bel racconto, scritto bene, ambientato bene e curato nella descrizione della psicologia dei personaggi. Un applauso. Franca Maria Bagnoli.

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