username: password: dati dimenticati?   |   crea nuovo account

Il giorno dopo

La città quella sera era pressoché deserta; pioveva in quel precoce autunno che non vedeva il sole da diversi giorni. I rari passanti frettolosamente arrancavano allo scarso riparo delle grondaie con un unico desiderio: ritrovare il riparo e il caldo del focolare domestico.
Solo un'ombra s'aggirava lentamente, senza meta, protetta solo da una mantellina e da un elmetto, incurante degli scrosci, quasi non le importasse nulla di eventuali malanni, non improbabili con quell'umidità ed il freddo tignoso che penetravano fino alle ossa.
Mario alzò il bavero, poi si asciugò il viso e proseguì il suo cammino: era la sua ultima sera di libertà, il suo ultimo giorno di certezze, poi l'indomani sarebbe partito per quell'inferno di cui tutti parlavano e da cui pochi erano tornati: il Carso.
La guerra durava ormai da due anni e l'annuncio trionfante che sarebbe stata breve era stato rapidamente cancellato.
Vent'anni era l'età di Mario, un'età di gioie, di speranze, di innamoramenti; questo in altri tempi, non in quelli dove l'unica certezza era che la vita poteva essere tremendamente breve.
Era tutto il giorno che girovagava senza una meta, con la disperazione che può avere chi sa che la vita finirà da lì a poco.
Aveva ascoltato con angoscia i racconti dei soldati in licenza, in particolare del cugino che non riusciva a capacitarsi di essere ancora vivo. Frasi mozze, pronunciate con voce soffocata, accompagnate da un percettibile tremito del viso.

<< Fango, fango, o pietraie, ma ovunque morte; il tormento dell'attacco, il balzo fuori dalla trincea, chi cade intorno a te, le mitragliatrici fiammeggianti che ti puntano, l'immane esplosione dei proiettili delle bombarde.>>
Mario ascoltava e, mordendosi il labbro, pregava che non fosse vero, che fosse frutto di esagerazioni, ma poi si accorse sgomento che i racconti del cugino collimavano con quelli di altri reduci, e in tutti colpiva quel tremito del viso, quella sorta di espressione attonita, rassegnata.
- Vedi, arrivi ad un punto che ti rassegni; speri solo di non soffrire. I primi caduti ti lasciavano sgomento, poi sono diventati talmente tanti che.; non c'è posto per le amicizie, perché non potrebbero durare. E poi tutta quella sporcizia, il cibo scotto, i piedi permanentemente nel fango, i pidocchi che ti tormentano A volte penso che l'inferno non potrà che essere meglio.>>

Quando aveva ricevuto la cartolina dal distretto l'aveva letta solo come chi può leggerla uno che è già preparato alla fine dei suoi giorni, e quel giorno di pioggia che volgeva alla notte l'aveva trascorso come fosse stato l'ultimo della sua vita, perché il giorno dopo sarebbe partito per un viaggio senza ritorno.
Aveva camminato a lungo senza una meta, fermandosi solo in ogni osteria a farsi un goccio, nella speranza che l'alcool ottenebrasse la sua mente.
<< Quando preparano un attacco non ce lo dicono, ma lo comprendiamo, perché si raddoppiano le dosi di acquavite. Ci vogliono ubriachi, senza volontà, perché se il cervello funziona chi mai si sognerebbe di correre incontro alla morte certa.>>

1234

0
8 commenti     0 recensioni    

un altro testo di questo autore   un'altro testo casuale

0 recensioni:

  • Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
    Effettua il login o registrati

8 commenti:

  • Claudio Amicucci il 18/06/2007 22:23
    Bello stile, incalzante quanto basta per farsi leggere fino in fondo. Anche il tema amore, morte, amore. Bravo. Ciao Claudio

Licenza Creative Commons
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0