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Una chitarra non fa primavera

sopra le urla, il suono di una chitarra.
jimmi stava facendo un assolo...
non ne poteva più oramai... le sembravano passate ore, rinchiusa dentro quella stanza, mentre i suoi urlavano in salotto e lei cercava di coprire il tutto con la musica che più amava...
la musica, la stessa musica che l'aveva salvata dall'avere una mente chiusa, la stessa musica che le aveva fatto aprire gli occhi sul mondo, quella con cui era cresciuta, che aveva nel cuore, che le permetteva di andare avanti ogni giorno, senza lamentarsi.
alzò ancora il volume, mentre dall'altra stanza proveniva il rumore di oggetti lanciati contro il muro, piatti e bicchieri spaccati per terra, la solita scena di sempre, la solita maledetta situazione.
Lei si chiudeva in camera, loro urlavano e spaccavano tutto.
ogni giorno grida inutili, inutili gesti di odio, inutili e false riappacificazioni...
perchè non si era ancora decisa ad andarsene, a fuggire da quella vita?
perchè era ancora li, in quella stanza, in quella maledetta casa con quelle maledette persone?
forse non lo sapeva nemmeno lei.
si alzò dal letto e, dopo aver spento lo stereo e aperto la porta, entrò in corridoio.
stava uscendo solo perchè non sentiva più le urla, e voleva dare un'occhiata, sapere se tutto si era risolto oppure se, come sempre, uno dei due litiganti si era allontanato per un po' da quell'atmosfera delirante, carica di panico ed odio.
ma, appena aperta la porta e messo un piede nel corridoio, una strana calma piatta la attendeva.
non le piaceva affatto quel silenzio, c'era qualcosa che non andava in tutto questo.
"di solito sbattono la porta e qualcuno se ne va incazzato, poi torna e dopo 5 minuti torna tutto come prima, casino e litigi, litigi e casino"
ma stavolta era diverso, se lo sentiva, aveva la pelle d'oca e le faceva quasi paura percorrere il piccolo e stretto corridoio.
ma andò avanti, senza fermarsi.
i suoi prima erano in salotto, si affacciò ma trovò solo casino ad attenderla, non c'era un'anima viva in quella stanza; solo casino e vetri rotti, compagni di vita abituali oramai, quasi dei vicini di casa.
passato il salotto c'era la cucina.
la porta era chiusa, a chiave. la maniglia non si apriva.
menomale che sapeva dove era la chiave di riserva.
tornò in salotto, aprì un cassetto e la prese, per poi aprire la porta di cucina.
ma quel silenzio... era troppo inquietante.
corse in camera, si chiuse dentro e chiamò la polizia.
appena il citofono emise il suo suono familiare, corse alla porta ed aprì, fece entrare i poliziotti e li condusse davanti alla porta della cucina.

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4 commenti:

  • Emiliano Rizzo il 23/05/2008 08:41
    all'inizio non mi cnsvince il pensiero della ragazza in merito al "servizio" di piatti andato rotto. Chi è quell'adolescente che mentre i suoi genitori litigano si mette a pensare ai servizi di piatti "andati a puttane"? Non mi convince, poichè il racconto è di quelli ambientati nel reale-presente, che è sempre il più difficile da raccontare. Il finale è troppo veloce e drastico, la morte per suicidio sembra più uno strumento per far termianre il racconto in qualche maniera, forse per far riflettere che ad "azioni tragiche" seguono "reazioni altrettanto tragiche". Bene la parte centrale.

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