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Il pugile

La bicicletta appoggiata al muro non c'era più, di sicuro gliel'avevano rubata, merda d'una merda, disse Sanson, e andò su e giù per il marciapiede. Sputò a terra e ad alta voce bestemmiò due o tre volte, il mondo gli si era messo contro, bestemmiò ancora, diede un calcio ad un bidone della spazzatura, poi si riportò presso il muro, diede un calcio al muro, si girò, guardò in cielo, sputò in aria, si portò le mani in faccia, camminò così per un po', serrò i pugni, ritornò al muro, diede un destro diretto al muro e si ruppe le nocche.
- Una brutta frattura - disse il chirurgo
- Sarò fermo per quanto tempo?
- È finita, lei non potrà più salire sul ring.
- Ma che cazzo di chirurgo è lei?
Tre mesi dopo Sanson era senza lavoro, il mondo della box esisteva senza di lui.
- Sono stato dimenticato da tutti.
- Non è vero.
- La mia vita non vale mezza sega.
- Usa l'altra mano.
- Fai pure lo spiritoso, oggi m'ammazzo.
- Non dire cazzate.
- È finita Tony, questa è l'ultima tua occasione per dirmi qualcosa.
- Sanson! Non dire così; io ti amo, non farmi questo.
- Ora lasciami da solo.
- Dovrai uccidermi, io non ti lascio andare.
- Bene, lo hai voluto tu...
Sanson sferzò un pugno diritto sul volto di Tony e lo mise knockout. Stenderlo a terra non lo fece sentire meglio, Tony era un peso piuma, lui invece era un peso massimo. Uscì dall'appartamento e si diresse alla stazione dei treni. Si mise sui binari, alzò stretti i pugni, martellò qualche colpo in aria, saltellò, indietreggiò, fece qualche passo di danza tra le traversine e aspettò il treno. Un gruppetto di persone si avvicinò.
- Ma non è Sanson quello?
- È impazzito, qualcuno chiami la polizia.
- Dai Sanson, stendi quella locomotiva!

 

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