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Il tramonto di una vita

La stanza è ancora illuminata dalla luce del sole che entra dalla finestra affacciata sulla strada.
È l'ultima luce del giorno, quella del tramonto, che rischiara un ambiente che deve aver conosciuto tempi migliori.
La stanza è in ordine. Ogni cosa è al suo posto, ma si nota una freddezza impersonale nel suo arredamento ed è priva del calore umano che solo la vita di chi la frequenta le può dare. Si avverte che quel triste ordine denota l'assenza di una mano femminile, la sola che può conferire un profumo di vita ad una casa.
Giacomo siede al tavolo, con il viso rivolto verso la finestra e con un bicchiere davanti, in cui ha versato della grappa: l'unica compagna rimastagli a scaldarlo, negli ultimi tre anni.
Tanti ne sono trascorsi da quando Carla, sua moglie, aveva perso la battaglia contro il mostro che, crescendo dentro di lei, l'aveva divorata lentamente, sino ad ucciderla.
Avevano trascorso insieme trentotto anni da sposati, più altri due da fidanzati. La loro vita si era spiegata, fino a tre anni fa, nel normale divenire di un'esistenza di una coppia innamorata ed affiatata. Avevano sempre diviso e condiviso tutto, persino la malattia di Carla era stata somatizzata da Giacomo, creandogli qualche problema cardiaco.
Avevano avuto un solo figlio, Andrea, che oggi ha trentacinque anni e che, per motivi professionali e sentimentali, vive all'estero, con la moglie Patricia, inglese.
Dopo la morte di Carla, le già saltuarie visite di Andrea si sono rarefatte, vuoi per la distanza, vuoi perché, giustamente, c'è anche la famiglia della nuora da non trascurare. Anche i contatti telefonici si sono diradati.
Questa situazione ha contribuito a deprimerlo ancor più, anche se giustifica suo figlio, con gli impegni di lavoro e la vita molto attiva che fa, ma in cuor suo è molto amareggiato, com'è rammaricato di non essere diventato ancora nonno.
Il demone della solitudine si era, in maniera subdola e strisciante, impossessato di lui. Anche le amicizie più assidue, con la perdita di Carla, che rappresentava l'elemento catalizzatore della loro vita di relazione, si erano gradualmente defilate.
Giacomo è conscio che la causa di tutto ciò è lui stesso e la depressione in cui è sprofondato, che fa di lui, nonostante gli sforzi degli amici, tesi a risollevarlo, un compagno poco gradito, che turba ed intristisce chiunque gli si avvicini.
La sua lenta e progressiva dipendenza dall'alcool, peggiora la situazione, per le frequenti alterazioni del suo umore, che essa provoca.
Verosimilmente, anche questi pensieri si agitano nella sua mente, ancor lucida, mentre sta seduto immobile di fronte alla finestra.
Questo suo stato di fissità, dura per parecchi minuti.
All'improvviso, si alza di scatto e decide di uscire, lasciando, intatto, il bicchiere di grappa sul tavolo.
Erano trascorsi molti giorni dall'ultima volta che l'ha fatto. È l'imbrunire, quando supera il portone del palazzo.
L'aria è dolce e la temperatura gradevole. I rumori della cittadina si sono attenuati e le luci delle strade, dei negozi e delle case, si accendono in sequenza, come se si rincorressero l'un l'altra, in un gioco festoso.

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4 commenti:

  • Anonimo il 30/11/2007 16:53
    Per quanto mi riguarda è bellissimo. Il finale lo adoro, veramente stupendo.
  • Anonimo il 27/11/2007 19:09
    Triste e bello. La parte finale sul ritrovamente del cadavere è un po' convenzionale.
  • Daniele P il 17/09/2007 12:14
    Molto ben scritto, mi piace la scelta che fai delle parole. Dovresti porre maggiore attenzione alle virgole, sono troppe e a volte fuori posto.

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