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TRA UOMINI E LEONI (Dedicato a Jerzy Popiełuszko 1947-1984)

Sabato mattina. Quel giorno Varsavia era coperta di neve, ed io me la godevo tutta passeggiando solitario per una Nowy Świat* stranamente svuotata dalla Milicja**. Il mio amico Piotr ancora dormiva, nonostante non fosse oramai prestissimo, così spinto da una spontanea propulsione interna che da tanto non avevo più il piacere d'ospitare nel mio cuore, mi avventurai per quei larghi viali che la mia città sa offrire; passo dopo passo mi rendevo conto che da troppo tempo avevo smarrito il contatto con lei. Ad ogni metro la sentivo riconquistarmi. Tuttavia intuivo un'elemento destabilizzante in alcune sue architetture e nell'estranea logicità urbana, regalo non gradito dei russi. Non potevo odiarla però; essa era priva di difesa e di certo se avesse potuto opporsi lo avrebbe fatto, come me del resto, che a causa di avverse circostanze dovetti rimanerle lontano, non potendo far altro che pensarla intensamente.
Io e la mia città abbiamo condiviso lo stesso destino, ogni volta riponendo la fiducia in quella parte di umanità che si è rivelata non meritarla. E ne portiamo i segni tangibili sul corpo. Ma adesso eravamo di nuovo insieme, e giorno dopo giorno potevamo medicarci a vicenda le cicatrici. Quantomeno quelle poco profonde.
A metà della mia passeggiata, proprio mentre tornavo indietro da Piotr deciso a buttarlo giù dal letto, mi imbattei in una chiesa stracolma di gente; ma ve n'era così tanta che anche fuori, in strada, si passava a stento. Tutti in silenzio, solo una voce usciva dagli altoparlanti. Ma ciò che attirò maggiormente la mia attenzione furono i numerosi mezzi della Zomo*** con i miliziani in assetto antisommossa. Intuii da quest'ultimo particolare di chi poteva esser quella voce chiara e forte che scaturiva dall'interno della chiesa: doveva sicuramente trattarsi di don Jerzy, da tutti chiamato padre Alek.

Ne avevo sentito parlare spesso nel periodo in cui lavoravo a Starachowice****, poichè era rarissimo venir a sapere di un sacerdote che aderisse così apertamente alla causa Solidarność*****. Nelle discussioni con Piotr e gli altri ci si interrogava sul vero e proprio coraggio disinteressato domostrato da quell'uomo, stretto tra la morsa della politica vaticana del compromesso (una sorta di Ostpolitik) ed il regime sovietico; anche sotto quell'ambigua legge marziale****** egli esternava la sua omelia carica di incitamenti tanto pacifici quanto eloquenti alle oecchie assetate del popolo.
Vi era ogni ceto sociale ad ascoltarlo. Certo, in prima fila sedevano gli operai, ma poco più dietro riconoscevo dottori, avvocati, artigiani (come me) e molte donne; interessante aspetto dell'emancipazione femminile in Polonia, esse lottavano al pari degli uomini. L'insofferenza al clima di terrore era infine trasversale, plasmata dalle scelte politiche di uno Jaruzelski******* sempre più in balia delle sconsiderate decisioni provenienti da Mosca.
Nonostante tutto, padre Alek aveva il grande pregio di infondere del coraggio (il suo) misto ad una cristiana consolazione nelle menti dei suoi interlocutori; li prendeva tutti idealmente per mano e li conduceva al di là degli steccati della paura, ove egli era solito praticare per attingere idee e motivazioni da riproporre nei suoi discorsi. Ognuno ne veniva sinceramente rapito; persino personaggi della polizia segreta, che spesso si confondevano tra le folle accorse al sacerdote per coglierne eventuali messaggi sobillatori o in codice, decidevano spontaneamente di disertare il loro corpo d'appartenenza ed unirsi alla causa per la libertà polacca, sfidando la morte certa qual'ora fossero scoperti.

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1 recensioni:

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  • Anonimo il 21/03/2012 11:29
    Una scrittura colta ed avvincente.
    Complimenti.

1 commenti:


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