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L’angelo della Vigilia

Mancava solo un giorno a Natale e Valentina era impaziente di aprire i regali che già da qualche dì l’aspettavano sotto l’albero addobbato a festa, accanto al camino. Valentina aveva 14 anni, ma il suo cuore era rimasto quello di una bimba più piccola; credeva nella magia del Natale nel modo più naturale e semplice, proprio come ci crede una bimba non ancora condizionata dall’esperienza del tempo. La cosa che amava di più, quando arrivava il Natale, era ascoltare la voce della nonna mentre raccontava le storie d’amore che davano significato a quell’avvenimento così importante per tutti i bimbi del mondo: ogni sera, per nove sere, prima del 25 dicembre. Ogni volta, era un po’ come aprire una casella del calendario dell’avvento. Quest’anno la nonna aveva cominciato a narrare le vicende degli angeli che avevano aiutato alcuni personaggi importanti della Bibbia come Abramo, Pietro, Maria ecc., ma aveva anticipato a tutti i nipotini che avrebbe tenuto per la sera della vigilia di Natale, il racconto più affascinante, quello dell’angelo custode. Il giorno tanto atteso era finalmente arrivato! Valentina, come ogni sera si preoccupava di rendere più comodo possibile il posto dove la nonna era solita sedersi. Aveva sistemato il cuscino più morbido sulla poltrona e sollecitato il papà ad accendere il fuoco nel camino. Ma, quanto c’impiegava la nonna ad arrivare? Era in ritardo di dieci minuti che paravano un’eternità! Quando finalmente il sorriso della nonna Gina s’affacciò alla porta, Valentina si precipitò a tirarla così impetuosamente per le braccia, che la povera donna fece una gran fatica a mantenere l’equilibrio. Appena seduta, gli altri nipotini le saltarono subito addosso frugandole le tasche, infatti era solita portar loro delle barrette di cioccolato ripiene al latte.
- “Dai, nonna! Comincia a raccontare! ” - Sollecitò Valentina – “ C’è tempo dopo! Si, faremo più tardi tutto il resto! ” –
Pareva proprio che per quella signorina fosse una cosa vitale ascoltare la storia dell’angelo della vigilia. Nonna Gina, sospirò e per non deludere troppo la nipote, cominciò a narrare:
“ Questa è la storia dell’angelo Gina, l’unico tra gli angeli che portava un nome al femminile. Tutti gli angeli del cielo infatti, avevano nomi come Raffaele, Gabriele, Michele ed erano nomi importanti perché avevano ricevuto da Dio incarichi importanti. L’angelo Gina in effetti era solo l’angelo addetto alle nuvole. A lui non era stato concesso di poter volare sulla terra. Era una specie di operatore ecologico: tutte le sante ore a spolverare il cielo! Non che in cielo ci sia polvere, no, ma allora, da cosa lo spolverava? Dai sogni, naturalmente! Dai sogni di tutta l’umanità! E, si! Dovete sapere che tutti i nostri sogni inesauditi vanno a finire proprio lassù, nel cielo, dove si trasformano in soffice neve per poter ritornare. Così, passando tanto tempo tra i sogni di tutti, il cuore dell’angelo Gina si era fatto talmente di carne per le emozioni provate, che ogni volta che un sogno lo colpiva in modo particolare, prendeva ad accendersi tutto di rosso che sembrava un semaforo. L’angelo Gina, avrebbe voluto che tutti i sogni dell’umanità si avverassero perché gli piaceva vedere la gente felice. Ogni volta che un sogno era per lui straordinario, invece di spazzarlo via e far nevicare, lo raccoglieva con le ali e delicatamente lo adagiava dentro una nuvola azzurra dove rimaneva intatto. Appena gli era possibile, cioè, quando l’umanità sognava poco e doveva spazzare meno, si tuffava dentro quella nuvola azzurra tra i sogni che aveva messo via e pregava. Pregava il Buon Dio senza sosta, affinché quei sogni per lui tanto belli potessero realizzarsi. Dio, che aveva a cuore tutti, ma proprio tutti ed in particolar modo i suoi angeli dal primo all’ultimo, nell’ascoltare le preghiere di Gina, un giorno lo andò a trovare e gli disse: - “ Gina, Gina, cosa devo fare con te? È da quando ti ho creato che mi dai dei pensieri! Hai cominciato a lamentarti per il nome che ti avevo dato! Eri così piccolo e sbarazzino che mi venne spontaneo chiamarti Angelino. Mi facesti una pernacchia, te lo ricordi? –Sbrufff- una pernacchia, per dirmi che quel nome non ti piaceva. Ricordo che mi feci una gran bella risata, la tua impertinenza ti avvicinava agli uomini! E quando ti chiesi quale nome avresti preferito, fui sorpreso nel sentirti rispondere: -“Gina”- .

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1 commenti:

  • Anonimo il 17/11/2010 21:45
    bello sul serio!! mi è piaciuto!! tenero, sincero semplice

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