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Il Garage

C’era una volta…

Quante storie cominciano così, storie di fantasia o di malcelato realismo.
Questa volta il ragazzo esiste ed è impresso nella mente di molti, in balia di emozioni che s’infrangono sulla quotidianità dell’essere bambino o dell’essere uomo e selvaggiamente ti portano a pensare selvaggiamente <chi sono?>; cerca di raccogliere i frammenti di ciò che è stato per meglio capire ciò che è.

C’era una volta un ragazzo, la leggerezza della sua età era in contrasto con ciò che gli si leggeva in viso, un misto di sensazioni sfuggevoli di dolore vincolate a quel bel sorriso dipinto sul volto. Il gioco lo rende gaudente, un ragazzino sveglio ricco di iniziativa e di attenzione per ciò che lo circonda; sensazioni che alimentano la tenera età o che cosi dovrebbero.
Da dove proviene quel dolore profondo che stringe un viso così innocente?
Il ragazzo è perso nei suoi giochi quando la madre lo chiama <Piccolo c’è papà che ti cerca, vai giù in garage>. Abbandonando il suo passatempo si trascina verso il cortile; lo sguardo basso in cerca di qualcosa di cui si sente privato, ma che al tempo stesso non sa cosa sia, portandolo ad una ricerca affamante.
<Prendimi la chiave.> gli dice suo padre intento ad armeggiare con un tentativo di vespa mal riuscito. “Quale chiave? ” pensa tra se e se; la solita monotonia del “cosa devo fare” lo assale. Con la coda dell’occhio oramai allenata cerca di capire le dimensioni del dado e la sua posizione, deve capire in poco tempo e senza farsi notare di cosa suo padre abbia bisogno; il doverglielo chiedere lo trascinerebbe verso una punizione, libero sfogo delle tensioni di suo padre…un rimandare l’inevitabile.
“Ok…chiave inglese del 12 dovrebbe andare bene”, con mano orgogliosa gliela porge, ma come spesso accade non è riuscito ad intendere correttamente le scarne indicazioni del padre.
<Sei un idiota! Era quella del 16!> ed una mano pesante gli copre il volto spingendolo a terra. “Sono una nullità…non valgo nulla, nemmeno riesco a riconoscere la differenza di un dado!>

Che cosa stava cercando il ragazzo?
Perché il pensiero si è diretto immediatamente alla sua colpa di essere un fanciullo?

Ora il ragazzo è un uomo.
Ha conquistato molte vette: campione di nuoto, campione di pugilato, un passato di modello, tra poco ingegnere e ricco di valori tra i quali spicca la sincerità, la sua preferita.
Il disegno è completo, è pieno di ciò che è diventato: un uomo, un uomo vero e non un’ipocondriaca imitazione del padre, orgoglioso di ciò che è e di ciò che vuole essere affronta le tenerezze della vita a testa alta e si compiace dei suoi errori; in fin dei conti è facile non sbagliare se non si dispone del coraggio di provare.

 

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2 commenti:

  • alessandro paone il 10/05/2011 00:49
    grazie ^^
  • Virgi Garcia Mundòz il 09/05/2011 19:17
    Bel messaggio, scritto bene, ottima metafora! Peccato che non vada sempre così, penso anch'io che avere il coraggio di tentare è già una vittoria. Bravo!

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