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L’eredità di Viky Adams

Vicky Adams entrò nella banca, alzò all'improvviso la grossa pistola tenendola diritta davanti a sé, fece qualche passo e incominciò a muoversi in circolo, poi freddamente sparò. Il proiettile andò a ficcarsi dentro la pancia di un cliente.
Coraggiosa e insensibile Vicky intimò:
“Mani in alto, questa è una rapina con omicidio se qualcuno si muove parte un altro colpo.”
Ci fu un adocchiarsi generale e un po’ di confusione; alcuni stettero fermi altri alzarono le braccia alcuni si buttarono a terra.
Risuonò un altro colpo:
“In piedi per Dio! Ho detto di non muoversi.”
Increduli s’irrigidirono tutti; la donna a terra era stata colpita al collo e il sangue fuoriusciva a fiotti. La paura cresceva:
“Ho detto tutti in piedi e le mani in alto. Nessuno si muova!”
Le persone lentamente si alzarono. Tenevano le mani sul capo con le loro facce nascoste tra le braccia.
Nel centro del salone una bimba non riusciva a muoversi e continuava singhiozzare. Era in ginocchio, soffocata quasi dalla paura.
“Qualcuno si occupi di quella bimba!” gridò Vicky.
Nessuno si spostò. Vicky sparò di nuovo. La bimba fu spinta all’indietro da una forza invisibile e violenta, una scarpetta s’era sfilata e ora giaceva capovolta.

“Quale orrore.”
“Lo so Francesco,”
“Eva tu devi vivere la tua vita.”
“Era mia madre, Francesco.”
“Capisco, ma è successo tanti anni fa. Devi pensare a te, a noi, ai nostri bambini.”
“Non posso tenere questi soldi, Francesco,”
“Eva… tua madre l’ha fatto per te.”
“Non posso vivere con questo pensiero.”

Da chissà dove era giunta loro una valigia piena di soldi: il colpo eseguito quindici anni prima dalla madre di Eva, Viky Adams.
Francesco insisteva:
“Abbiamo bisogno di quei soldi, Eva…”

 

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